lunedì 14 gennaio 2019
La denuncia di Open Arms: la Capitaneria di porto di Barcellona ci nega il permesso di lasciare il porto per raggiungere il Mediterraneo e proseguire i soccorsi e le ricerche di naufraghi
(Mich Seixas / United4Med)

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La Capitaneria di porto di Barcellona ha negato alla nave di Proactiva Open Arms il permesso di lasciare il porto per raggiungere il Mediterraneo Centrale e proseguire nella attività di ricerca e soccorso delle vite dei naufraghi, in arrivo dalla Libia.

È la denuncia riportata in una nota dalla stessa Ong spagnola.

Dichiarando i loro porti chiusi, secondo le autorità portuali spagnole, gli stati membri dell’Unione Europea, nella fattispecie Italia e Malta, violano le convenzioni internazionali che regolano il soccorso in mare e non assicurano alla nostra Ong le necessarie condizioni di sicurezza. «L’imbarcazione è costretta a rimanere in mare per diversi giorni, attraversando il Mediterraneo, e a sbarcare le persone salvate in un porto molto lontano dal luogo del soccorso», azione che «viola i procedimenti relativi alle operazioni di salvataggio regolati della normativa internazionale», dichiara la Spagna.

Per questa ragione, sottolinea la nota di Open Arms, il permesso di lasciare il porto ci viene negato «finché non verrà garantito un accordo di sbarco dei naufraghi con le autorità delle zone Sar competenti (Italia e Malta)».

Un provvedimento che appare contraddittorio che pur volendo garantire la sicurezza delle persone salvate e degli equipaggi finisce per impedire il salvataggio di altre vite, lasciando uno dei confini più letali al mondo (con oltre 17mila morti negli ultimi 5 anni, secondo le stime più attendibili di ACNUR e IOM, ndr), quello del Mediterraneo centrale sguarnito di navi di soccorso. Come ha sottolineato anche il fondatore di Open Arms, Oscar Camps nel suo tweet.

«Se dunque gli Stati non rispettano i loro obblighi di soccorso, nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita dei naufraghi in mare. Per l’ennesima volta, anziché denunciare la violazione delle convenzioni internazionali, si sceglie di eliminare i testimoni scomodi dei naufragi e di nascondere la verità sulle morti nel Mediterraneo. Le politiche scellerate dell’Europa continuano a violare i più elementari diritti delle persone, primo tra tutti quello alla vita. Per questo, abbiamo presentato ricorso all’atto di fermo e continueremo a batterci per poter tornare quanto prima a operare in mare».

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