mercoledì 10 luglio 2019
"Ho un obiettivo nella vita: vorrei essere la migliore, in tutto quello che faccio" ha spiegato la calciatrice appena nominata Campione dell'Unesco per l'educazione delle ragazze e delle donne
La storia di Nadia Nadim (con la maglia rossa della nazionale danese) è di per sé un manifesto per incoraggiare un maggiore impegno verso l'educazione femminile. Nata a Kabul, in Afghanistan, nel 1988, dopo che il padre Rabani, generale dell'esercito afgano, nel 2000, viene sequestrato e giustiziato nel deserto dai Talebani, la sua famiglia lascia il Paese e, dopo essere passata prima per il Pakistan e poi per l'Italia, raggiunge la Danimarca, nazione in cui si stabilisce e di cui ha preso la cittadinanza (Ansa)

La storia di Nadia Nadim (con la maglia rossa della nazionale danese) è di per sé un manifesto per incoraggiare un maggiore impegno verso l'educazione femminile. Nata a Kabul, in Afghanistan, nel 1988, dopo che il padre Rabani, generale dell'esercito afgano, nel 2000, viene sequestrato e giustiziato nel deserto dai Talebani, la sua famiglia lascia il Paese e, dopo essere passata prima per il Pakistan e poi per l'Italia, raggiunge la Danimarca, nazione in cui si stabilisce e di cui ha preso la cittadinanza (Ansa)

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"Ho un obiettivo nella vita: vorrei essere la migliore, in tutto quello che faccio". Nadia Nadim, attaccante della squadra femminile del Paris Saint-Germain e della nazionale danese, appena nominata Campione dell'Unesco per l'educazione delle ragazze e delle donne.

Quando i guerriglieri hanno ucciso suo padre, è scappata dall'Afghanistan con la madre e le quattro sorelle. Destinazione? Pakistan: da lì si sono procurate dei passaporti falsi con cui prendere un volo e arrivare in Italia per poi arrivare a Londra, dove vivevano alcuni familiari.
Il tempo di incontrare gli smuggler, i trafficanti, e assieme ad altri afghani rifugiati, la famiglia Nadim è stata caricata sul retro di un furgone. Scendendo avevano di pensato di trovarsi a Londra e di vedere il Big Ben, e invece erano circondati di alberi.
"Abbiamo scoperto in quel momento di essere stati lasciati In Danimarca" - spiega Nadia nella sua biografia online. Giocando con gli altri bambini afghani in cerca di una seconda vita, Nadia ha iniziato a prendere confidenza col pallone. A 16 anni fu ingaggiata dall’Aalborg, poi ha vestito la maglia del Viborg, dello Skovbakken e del Fortuna Hjørring, debuttando in Champions League nel 2012. Dopo aver preso la cittadinanza danese ha anche collezionato 73 presenze con la nazionale scandinava.

La storia di Nadia Nadim è di per sé un manifesto per incoraggiare un maggiore impegno verso l'educazione femminile: da qui la nomina avvenuta da parte della Direttrice Unesco, Audrey Azoulay, nell'ambito del lancio della campagna di sensibilizzazione "La sua istruzione, il nostro futuro" che vuole sostenere progetti per migliorare la formazione delle donne nel mondo e accelerare la parità di genere.

Nel 2018 la calciatrice afghana, che si sta laureando in Medicina, ha pubblicato un libro in cui racconta la sua storia. Inoltre, pur continuando a giocare a calcio, ha proseguito i suoi studi di medicina all'Università d'Aathus in Danimarca.
«Sono convinta - ha detto dopo la sua nomina Unesco - che l'istruzione possa migliorare l'avvenire delle ragazze e delle donne, la loro indipendenza economica, la loro autostima e può consentire di far valere i propri diritti». La motivazione della sua designazione come Campione Unesco riconosce la sua capacità che può servire da modello per le ragazze a realizzare i loro sogni.

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