lunedì 22 marzo 2021
Vedova del presidente del Senato nel 1987, Elena, figlia di una ebrea lettone e di un italiano, cooperante umanitaria, in Africa ha creato onlus per l'istruzione delle bimbe. È stata uccisa dal covid
Elena Iannotta Cardenas Malagodi (a destra) con Paola Severini Melograni

Elena Iannotta Cardenas Malagodi (a destra) con Paola Severini Melograni - .

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Primavera 2004, sto preparando il mio libro su “Le mogli della Repubblica” che racconterà di donne coraggiose che hanno voluto e continuano a scegliere, ogni giorno, di assolvere a un compito coniugale certamente più complesso di quello che lega milioni di altre italiane ai loro mariti: sono le mogli dei presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato che non sono solo mogli in senso stretto, oppure mogli davanti ai riflettori, ma partner vere e proprie, nella buona e nella cattiva sorte, anche politica, dove i venti si alternano vorticosamente.

Devo dire che tutte le donne che ho contattato si sono rese disponibili ad essere intervistate e ad aprirmi le porte delle loro case.

L’unica donna che mi disse allora di no fu Elena Iannotta Cardenas Malagodi, ultima moglie di un grande leader politico, padre della patria, presidente del Senato nel 1987, Giovanni Malagodi. È lei al telefono, brusca, per niente lusingata dalla proposta. Non demordo. Mi hanno raccontato che è una donna fuori dell'ordinario, amica di personaggi di levatura internazionale, che lavora nel campo dell'arte e che si occupa di sostenere, in Senegal, bambini e bambine con handicap fisici e senza istruzione. Il mio campo d'azione!

Devo, devo riuscire a intervistarla ma prima di tutto voglio conoscerla. Le invio una edizione rara de “L’Imperialismo e la civiltà materiale”(1901!) redatta da Olindo, deputato giolittiano, padre di Giovanni Malagodi, e lo faccio grazie al suggerimento di mio marito, Piero Melograni, che da grande storico qual è conosce questioni e cose a me sconosciute. Il dono infatti la colpisce "presto verrò a Roma, ma l'intervista non desidero farla,voglio invece conoscerla".

È lei stavolta a essere incuriosita di me, mi dice che si è informata e che ha saputo da amici comuni qual è l'oggetto del mio lavoro, il mio campo d'azione. "Perché le mogli? Lei è una attivista per i diritti umani, no? Ci sono argomenti più importanti dei quali occuparsi e la vita è breve».

Insomma arriva, ci conosciamo, ci innamoriamo. Saremo amiche fino al 17 marzo 2021, per diciassette anni. Elena ci ha lasciati, in un ospedale di Dakar. Credevo fosse immortale. In Senegal fa caldo tutto l'anno e il Covid non dovrebbe essere così letale, Elena e Luigi, il suo ultimo compagno, hanno scelto di sfidare il mostro per non lasciare soli i loro protetti, Elena non ce l’ha fatta, è morta il 17 marzo. Luigi invece è salvo. Ha fatto in tempo a chiedere di essere inumata lì "dove musulmani e cristiani riposano insieme”.

Elena sceglie l’Africa nel ‘91, subito dopo la morte di Malagodi. Un modo per fuggire dal dolore. Anche a me è capitato, nel 1997 ho creduto che tutta la mia vita fosse andata i frantumi e ho fatto un viaggio in Kenia, portando con me i miei figli più piccoli. Ma non sono Elena, io sono meno coraggiosa, meno disposta a rischiare. Anche i figli ci uniscono, più tardi Elena amerà molto la mia Diletta e sarà per lei modello e ispirazione. I figli, lei ne ha quattro, io tre, i suoi dal primo marito Cardenas, un gigante della scultura, afrocubano, nero come l'ebano. Indimenticabile il ritratto che le fece Henri Cartier Bresson, dove appare come una Madonna bianca con in braccio un Bambinello nero. L'amore per gli ultimi intrecciato fortemente all'amore per l'arte. Perché lei conosce, sa, che offrire il bello è naturalmente giusto, che il suo lavoro, la ricerca e la valorizzazione di artisti è una delle strade che si possono percorrere per migliorare la società, che l'arte migliora subito il mondo, che l’arte è generosa, che non ha bisogno di traduzioni, perché arriva a tutti, in tempo reale.

Le traduzioni, già proprio le traduzioni le garantiranno il futuro. Elena, figlia di una ebrea lettone e di un italiano, un ufficiale partito nel ‘40 per la guerra e che non aveva dato più notizie di sé. La madre torna con lei a Riga, sole, disperatamente povere, nel tempo in cui la persecuzione nazista sconvolge il mondo. In Russia la situazione per gli ebrei non è migliore, solo un po’ meno spaventosa, nel 1941 c’è la purga staliniana dei medici ebrei. Fame, freddo, disperazione e poi rischio di finire in Siberia, come moltissimi. Fino a 19 anni resta a Riga dove parla il russo come prima lingua (e poi perfettamente parlerà anche anche inglese e francese e spagnolo e l’italiano, la lingua di suo padre).

Questa consuetudine con le lingue le garantirà un lavoro di traduzione simultanea che le permetterà di mantenersi e infine di incontrare il secondo uomo della sua vita, il nostro Giovanni Malagodi, ma tutto ciò succederà più avanti. Il padre è vivo! e lei, dopo la morte di Stalin riesce ad arrivare a Roma.

Roma nel ‘55 era meravigliosamente accogliente e viva, la Roma descritta da un’altra donna che arriva anche lei in quei mesi, una ebrea dell’est sopravvissuta ai campi di concentramento, scrittrice dotata della stessa forza di reazione al dolore, Edith Bruck, che avrei conosciuto anni dopo.

Ma torniamo alla piccola povera russa. Il padre che si era sposato con un'altra donna ed era diventato un famoso produttore cinematografico, le paga gli studi a Londra, a Parigi, a Ginevra.

Diventa un’interprete perfetta e nel ’60 conosce Augustin Cardenas, nato a Cuba ma con radici senegalesi (il Senegal che prepotentemente sta entrando nel suo cuore). Lei sposa Cardenas, ma non sposa solo lui, sposa la differenza, l’arte, la negritudine, l’opposizione al colonialismo. Anche questa sua scelta di campo mi permette di continuare il mio percorso di identificazione che sarà essenziale nella costruzione della nostra amicizia. Cos’è diverso da noi? Perché sceglierlo? Perché amarlo? Nascono i 4 piccoli bellissimi e nerissimi Cardenas in una Parigi che ha appena perso Camus ma che vive nella sua aura: il colonialismo e i suoi peccati. "… ci è sembrato che non potessimo fare di più che costruire, al di sopra delle frontiere, isolotti di resistenza dove tenteremo di mantenere, a disposizione di quelli che verranno, i valori che restituiscono un senso alla vita” (A.Camus).

La famiglia Cardenas rappresenta uno di questi isolotti, che anticipano e poi percorrono il ’68 francese e mondiale, isole di resistenza, dignità, tolleranza.L’artista (come quasi tutti gli uomini di una sensibilità estrema) si rivela un compagno molto difficile e dopo quindici anni il matrimonio si rompe. Lei continuerà a seguirlo curando le sue mostre insieme a grandi eventi che organizzerà su Giacometti, Ercole Monti, Cartier Bresson e Martine Franck, Balthus, Jean Arp.

All’inizio degli anni ’80, in Italia conosce Malagodi che sposerà nell’88, tre anni prima della sua morte.

E comincia l’avventura più bella: FAI in Africa, la prima Onlus pensata per l’istruzione delle bambine alla quale seguirà la costruzione di scuole e laboratori, FAI “Fondare l’Avvenire dell’Infanzia”.

Un’opera gigantesca, che salverà vita e futuro a tantissime creature. Essere handicappati in Africa è terribile, ma esserlo bambine è ancora peggio. Il collega Antonio Gnoli che ha scritto (magistralmente come lui sa) di Elena nel 2015, qualche sera fa mi ha detto: ”La ricordo così perfettamente in equilibrio tra il sogno di dover fare qualcosa per gli altri e la forza pragmatica per realizzarlo”. Per questo motivo accetterà tutte le ospitate televisive che gli ho poi proposto, per poter far conoscere questa impresa titanica e trovare i fondi per realizzarla.

Elena ci ha lasciato tanta bellezza ”in un essere umano è tutto che dovrà essere bello: il viso, gli abiti, l’anima, i pensieri” questo è Zio Vania, di Cechov, il drammaturgo e scrittore russo tanto amato da Elena, e se mi posso permettere di aggiungere devono essere belle, perché giuste, ”le opere”. Natanguuè è un luogo magnifico, il migliore per poter riposare dopo una vita tanto intensa, insieme a mussulmani e cristiani, insieme.

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