giovedì 10 novembre 2011
​Nomina a sorpresa di Napolitano. Un messaggio all’Unione Europea e in chiave interna. Nelle motivazioni di nomina si parla di alti meriti culturali e sociali Ma l’occhio del capo dello Stato è rivolto anche ai mercati, all’Europa e alla crisi politica e economica italiana.
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A sorpresa il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha nominato ieri sera Mario Monti senatore a vita. La nomina è stata immediatamente controfirmata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Con questa scelta salgono a sette i senatori a vita: due di diritto (gli ex presidenti della Repubblica Scalfaro e Ciampi) e quattro di nomina presidenziale (Colombo, Montalcini, Andreotti e Pininfarina). Monti è il primo senatore a vita nominato da Giorgio Napolitano. Nella motivazioni si parla di «altissimi meriti nel campo scientifico e sociale» e si fa riferimento al suo doppio mandato come commissario europeo. Ma, al di là del prestigioso riconoscimento, la nomina è un segnale immediato del Quirinale per tranquillizzare i mercati, che indica con nettezza una possibile e, a questo punto probabile, via di uscita dalla crisi politica italiana. Dal Senato a Palazzo Chigi, insomma, il passo potrebbe essere brevissimo. Sul nome di Monti, infatti, stanno via via cadendo, anche i veti più decisi. Traballa anche quello di Silvio Berlusconi, che sembra ora più propenso ad ascoltare i consigli di prudenza di Gianni Letta, piuttosto che quelli battaglieri di Giuliano Ferrara. Mario Monti, che ha studiato dai gesuiti a Milano, notissimo economista, attualmente presidente della Bocconi, ha anche un passato istituzionale di tutto rispetto. Ovvero quello di commissario europeo al marcato interno, fiscalità e finanze. Designato, come personalità indipendente, dal governo Berlusconi nel 1994. E confermato, alla scadenza dei quattro anni, nel 1999, dal governo D’Alema, ottenendo la delicata e prestigiosa delega europea alla concorrenza. In Europa ha lasciato un ottimo ricordo. E sembra che per lui faccia esplicitamente il tifo Angela Merkel. Secondo tutti, unanimemente, Monti è l’uomo giusto per guidare il governo di transizione e, soprattutto, per riportare il nostro Paese, rapidamente, fuori dal pericolo di default. La sua caratura di uomo al di sopra delle parti, la sua competenza tecnica è ora arricchita da un riconoscimento squisitamente politico: un seggio al Senato. E lui stesso, qualche giorno fa, intervenendo a un convegno dell’Enpam (l’ente previdenziale dei medici), aveva aveva messo le mani avanti, parlando della necessità di un governo politico, di larghissime intese, con dentro i partiti e non pezzi di essi, per fare manovre e tagli anche dolorosi. Tutto il contrario, dunque, di un governo tecnico che non avrebbe mai avuto, secondo Monti, la forza di imporsi al Parlamento e al Paese. La nomina di Napolitano va letta anche in un’altra direzione: non avrebbe mai esposto una personalità come Monti al rischio di andare a sbattere contro un muro di veti. Significa dunque che questi veti si stanno via via diradando. Non è che Monti, in questi giorni, sia stato con le mani in mano. Con tatto e discrezione, si è tenuto in contatto con il Quirinale, ha ricevuto molte telefonate dai leader dei partiti e riservatamente ha incontrato esponenti dei diversi schieramenti, un po’ per tastare il terreno, un po’ per farsi conoscere. Particolarmente attivo nello sponsorizzare la candidatura di Monti alla successione di Berlusconi a Palazzo Chigi, è stato il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, che ieri si è augurato che l’attuale premier possa alla fine «riflettere sulla necessità per il Paese di appoggiare un governo di unità nazionale». Si dice anche che Casini sia in procinto di vedere Berlusconi (qualcuno mormora anche che l’abbia già visto): a quattr’occhi vuole spiegargli che una soluzione del genere conviene anche al Pdl, altrimenti costretto a spiegare agli elettori il suo no a un governo dell’Europa e a dover fare i conti, con ogni probabilità, con la vittoria elettorale delle sinistre. Consensi alla nomina del neo senatore sono arrivati dal segretario del Pd Bersani e dal suo vice Letta, da Casini e Cesa, da Bocchino, dal sindaco di Milano Pisapia e da Rutelli. Bocche cucite, almeno fino a tarda serata, nel Pdl. Dove ha rotto il silenzio solo Giuliano Cazzola secondo il quale «cresce l’ipotesi che sia lui a guidare un "governo del presidente" di alto profilo tecnico-istituzionale, che a me pare la sola possibilità di garantire la prosecuzione della legislatura, in questa situazione drammatica». Cazzola, si sa, era uno degli "scontenti". Poi, verso le 20,30 Osvaldo Napoli, fedelissimo di Berlusconi, consacra: «Monti da oggi cessa di essere un tecnico e diventa un politico. Napolitano aveva sempre detto che non esistono governi tecnici ma solo politici». Auguri e felicitazioni istituzionali, ovviamente, da Schifani e da Fini.
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