lunedì 6 novembre 2023
La “dottrina Meloni” sui flussi: la premier sigla un'intesa con l'omologo Rama, strutture da primavera 2024. A Tirana investimenti e la promessa d'ingresso nella Ue. Bruxelles: rispettare i diritti
Edi Rama e Giorgia Meloni firmano a Palazzo Chigi il protocollo d'intesa

Edi Rama e Giorgia Meloni firmano a Palazzo Chigi il protocollo d'intesa - ANSA

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Con gli sbarchi in calo per via dell’autunno, Giorgia Meloni riprende in mano il “dossier immigrazione” e sfodera una soluzione già proiettata alla prossima stagione 2024. Per farlo si affida a un rapporto ormai più che consolidato in Europa, quello con Edi Rama, il primo ministro di Albania che lo scorso agosto l’ha anche ospitata per qualche giorno di ferie. Con Rama, giunto ieri a sorpresa nella capitale, la presidente del Consiglio ha siglato un’intesa che ufficializza una sorta di nuova categoria di naufraghi, quelli “da esportazione”. È la «dottrina Meloni», come l’hanno già ribattezzata i suoi, una nuova tessera di una strategia che si prefigge di dissuadere le partenze: il protocollo prevede – tra le altre cose – la realizzazione entro la primavera prossima di due centri per il rimpatrio che potranno ospitare fino a massimo 3mila persone cosiddette “irregolari” per l’Italia, con un flusso annuale quantificato «in 36-39mila persone», così da decongestionare le presenze sul suolo italiano. Il testo non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani, ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Finanza e non quelle delle Ong. Inoltre non varrà per minori, donne in gravidanza e soggetti vulnerabili. Il solo annuncio fa infuriare le opposizioni, a partire dal Pd che, col responsabile Esteri Peppe Provenzano, afferma: «Meloni rinuncia in Europa a cambiare le regole di Dublino (per non turbare gli amici nazionalisti) e prosegue su accordi indegni che nemmeno funzionano, come con la Tunisia». Critico anche il segretario di Si, Nicola Fratoianni: «Ci mancava solo la delocalizzazione in Albania». «Si crea una sorta di Guantanamo italiana», prevede Riccardo Magi (+Europa).

Da parte sua, Palazzo Chigi ci tiene a far sapere che questo risultato dimostra che quelle di agosto non furono chiacchiere «da aperitivi», ma che proprio in quei giorni furono gettate le basi di quello che oggi è presentato come «un ulteriore tassello della collaborazione» fra i due Paesi, anzi una «svolta storica» per tutta l’Ue. «Quando ne abbiamo iniziato a discutere siamo partiti dall'idea che l'immigrazione illegale di massa è un fenomeno che nessuno Stato Ue può affrontare da solo e la collaborazione tra stati - per ora - è fondamentale», ha detto Meloni nelle dichiarazioni alla stampa. Sull’altro piatto della bilancia la nostra premier ha messo ovviamente (oltre a investimenti e un probabile aiuto monetario) l’impegno dell’Italia per favorire ancor più l’ingresso di Tirana nell’Unione Europea, visto che ha da quasi 10 anni lo status di Paese candidato.

Per la leader di Fdi si tratta di una «soluzione innovativa» che può diventare un modello, un po’ sulla falsariga dell’idea di un altro leader extra-Ue, il britannico Rishi Sunak, che mesi fa lanciò la famosa operazione per trasferire immigrati giunti sul suolo del Regno Unito in strutture del Ruanda. Anche con Sunak Meloni ha sempre mostrato una forte intesa e, nella visita a Londra ad aprile, disse di condividere quella linea. Un progetto che ora coinvolge pure l’Austria e su cui proprio ieri mattina era giunta una precisazione da una portavoce della Commissione Ue («Le leggi sull’asilo dell’Ue si applicano solo alle domande presentate sul territorio di uno Stato membro, ma non al di fuori di esso»), prima che in serata Bruxelles si mostrasse cauta sul protocollo italo-albanese che, si precisa, deve «rispettare i diritti». Secondo l’accordo, al porto di Shengjin, all’altezza di Bari, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione, prima del trasferimento degli immigrati nei centri modello Cpr (per i quali sarebbe già definita la località di Gjader, nel nord-ovest). «Questo accordo non sarebbe stato possibile con nessun altro Stato Ue», ha chiarito Rama, scegliendo di parlare in italiano e ricordando il «debito impagabile» del suo popolo verso l’Italia: «Non sta a noi giudicare il merito politico, ma rispondere “presente” quando si tratta di dare una mano». La firma è avvenuta peraltro alla presenza dell'ambasciatore italiano a Tirana, Fabrizio Bucci, uno dei nomi che circola per il posto di consigliere diplomatico della premier dopo le dimissioni di Francesco Talò per il caso dei comici russi.

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