mercoledì 21 ottobre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​La tragedia di Mestre ci lascia sbigottiti. Un uomo quasi centenario uccide sua moglie e poi tenta il suicidio. La signora, a sua volta, aveva 90 anni. I due facevano la fila davanti a un ambulatorio dell’ospedale. Malati. Soli. Una vita passata insieme. Una vita fatta di coccole, problemi, attenzioni. Poi la vecchiaia. Con i suoi acciacchi. I suoi limiti. Le sue delusioni, le sue gioie, le sue fragilità. La vecchiaia: tempo in cui riassaporare i ricordi antichi ma anche godere nuove emozioni. Tempo in cui comprendi appieno le parole di Gesù a san Pietro: «Simone, Simone, quando eri giovane ti cingevi e andavi dove tu volevi; quando sarai vecchio un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti …».  Non sempre l’autunno della vita si presenta con i colori struggenti e il sapore delle caldarroste. A volte arriva come un uragano. Prepotente. Fa straripare i fiumi. Trascina via tutto ciò che trova lungo il suo percorso. Che cosa sia successo nella mente di questo anziano nonnino non lo sapremo mai. Di certo si sarà convinto che l’unica cosa da fare per se stesso e la sua donna fosse quella di togliere il disturbo. Ma perché far fare la fila in ospedale ai vecchi? Non sarebbe possibile prevedere per loro un servizio di riguardo? Una sorte di corsia di sorpasso? Il peggio che possa capitare ai vecchi non è la malattia fisica - che pure li prostra - ma il convincersi di essere ormai diventati un peso. È allora che strani pensieri possono prendere il sopravvento. Non deve accadere. Non dobbiamo permetterlo. La sensazione di essere inutili è sempre una menzogna. E come tale debbono avvertirla. Il bisogno di amare e di essere amati non passa con l’età che avanza. Al contrario, aumenta a dismisura. Il desiderio di coccole e carezze - quelle stesse che provammo da bambini – si fa sentire prepotente nel tempo della tarda età. I vecchi hanno bisogno di noi.  Negli anni passati si invecchiava in casa. Insieme ai figli e ai figli dei figli. I vecchi non smettevano mai di essere utili. I bambini imparavano a ripettare e a dialogare con i vecchi. E loro, i vecchi, potevano godere della freschezza, dell’ aiuto e dell’ entusiasmo dei bambini. La famiglia che tanto sta a cuore alla Chiesa è anche questa consapevolezza che nessuno avrà 20 anni per sempre. Le case si costruiscono, non si inventano. Anche la “casa” da abitare in vecchiaia va preparata con estrema cura. Ogni primavera deve lasciare il posto alla stagione che la segue. Dopo l’estate arriva l’autunno. Occorre imparare a vivere. Imparare a vivere per sapere poi morire.  Si discute spesso di pensare un mondo a dimensione di bambini. È un bene. Ma dobbiamo anche costruirlo a dimensione di vecchi. Ai bambini la vita sorride sempre. Sanno essere felici con poco. A loro basta una palla e un pezzo di prato per divertirsi. I vecchi hanno bisogno di tutto. E occorre servirli senza farglielo pesare. Occorre prevenire le richieste. Far loro compagnia godendo della loro compagnia. Un mondo a dimensione di vecchi, ricordando che ciò che essi sono oggi saremo noi domani. Il comandamento antico è sempre valido. Ricordarlo è necessario: dobbiamo fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Il bicchiere di acqua porto a un anziano, a un ammalato, a un povero deve essere “fresca”, dice il vangelo. Fresca, cioè data con attenzione, con garbo, con amore. Magari accompagnato da un sorriso mentre li si aiuta ad asciugare le labbra. “Se pò campà senza sapè pecchè, ma non se pò campà senza sapè pe chi” ci ricorda un vecchio detto napoletano. La vita è un dono. Da ricevere e ricambiare. Si comincia a morire quando non si aspetta più nessuno. Quando il telefono di casa smette di squillare. I nostri vecchi meritano più attenzioni. Il tempo che dedichiamo loro non è mai sprecato. Al contrario, è un tempo ricco di grazia e di misericordia. Essere ringraziati dai nostri vecchi per il conforto che abbiamo recato loro è la benedizione più bella che possiamo desiderare nella vita.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: