venerdì 6 aprile 2018
Nel quartiere Aurelio un cartellone di 7 metri per 11 ricordava cosa avviene a 11 settimane di gravidanza. Accontentate le proteste delle consigliere del Pd al Campidoglio e altre associazioni
Il cartellone a difesa della vita (Ansa)

Il cartellone a difesa della vita (Ansa)

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Ci saranno anche voragini da riparare, per le strade della Capitale, e spazzatura a deturpare le belle vie del centro, ma le priorità del Campidoglio sembrano altre. Per esempio, un cartellone che campeggiava su un palazzo di via Gregorio VII, nel quartiere Aurelio. Mostrando un bambino a 11 settimane di vita, con lo slogan - senz'altro forte nei toni, ma vero nella sostanza - dell'associazione Provita.

Da quando si è aperto il caso della presunta “violazione della sensibilità collettiva” da parte dell'immagine stilizzata di un bambino nel grembo materno il Campidoglio ha impiegato meno di 48 ore a far coprire l'immagine con un telone bianco. Come si trattasse di un messaggio scandaloso, insostenibile. Da censurare, addirittura, com'è purtroppo accaduto. Con soddisfazione del comitato di quartiere secondo cui si tratterebbe di una vittoria «dell'ampio e unitario fronte che ha visto coinvolti associazioni, movimenti, forze politiche ed esponenti delle istituzioni capitoline e regionali» mobilitatosi con forza contro «chi mette in discussione il diritto di scelta delle donne».

Ma cosa mostrava e diceva, esattamente, il cartellone?

Partiamo dall'immagine. Sette metri per undici di altezza: una lente di ingrandimento sorprendente per ciò che nella pancia di una donna, a 11 settimane di gravidanza, misura appena 5 centimetri. Era un bambino. Niente di speciale, o di spaventoso. Siamo fatti esattamente così, a quell’età gestazionale: la testa ancora allungata, e sproporzionata rispetto al corpicino, mani e piedi già perfette nei particolari, il cordone ombelicale che fluttua nella placenta.

L’associazione Provita aveva scelto l’immagine per una campagna di sensibilizzazione a 40 anni dalla legge 194 sull’aborto: «Tu eri così» si leggeva sul cartellone, «i tuoi organi erano presenti», «il tuo cuore batteva già», «ti succhiavi il pollice». Più sotto uno slogan d'impatto: «E ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito». Si può discutere, dissentire, replicare (non sui dati scientifici: quelli sono patrimonio condiviso dalla comunità scientifica), non censurare. L'aborto è un fatto tragicamente reale visto che - anche se per questo pochi si mobilitano - è una ferita profonda davanti alla quale purtroppo le mamme sono spesso lasciate sole: senza uomini degni di questo nome al proprio fianco, senza famiglie, senza l’aiuto delle istituzioni. E nonostante questo aiuto per legge - la 194 appunto - sia previsto.

«Si tratta di immagini che offendono la sensibilità di tutti – hanno invece tuonato unite le consigliere del Pd al Campidoglio, Michela Di Biase, Valeria Baglio, Ilaria Piccolo, Giulia Tempesta e quella di Lista Civica Svetlana Celli –. Difendere la vita con messaggi così crudi e violenti non appartiene alla storia delle donne, né della città». Hanno avanzato una mozione per chiedere al Campidoglio la rimozione immediata del manifesto, sostenute sui social da un hashtag lanciato dalla senatrice Pd Monica Cirinnà (#rimozionesubito).

E il Comune ha prontamente avviato le indagini: un Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale d'altronde vieta espressamente «Esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali». Una vita umana di 11 settimane ricadrebbe dunque in questa categoria. Ecco fatto. Il cartellone da oggi non si vede più. Cancellato, con le sue scomode verità. Quella biologica, di un bambino nel grembo materno. E quella culturale, di una società davanti alla scelta sul suo stesso futuro.

Ma sono bastate poche ore dall’annuncio che il maxi manifesto di ProVita (affisso legalmente lo scorso 3 aprile) era stato tolto e più di un migliaio di sostenitori della onlus hanno già cambiato la foto del proprio profilo Fb, sostituendola con l’immagine della gigantografia censurata. Accogliendo l’invito sul social, tantissimi hanno commentato e condiviso il post sulla pagina Facebook di ProVita: «Il Comune di Roma vuole toglierci la libertà di combattere per la vita. Se sei con noi contro questa violenza, cambia per due giorni la tua immagine di profilo, mettendo quella del maxi manifesto di ProVita che ci hanno strappato. Aggiungi #ioerocosì e rispondici con un commento. Saremo in tanti a manifestare, pacificamente, la nostra libertà di espressione. Grazie!».

Il Movimento per la Vita, dal canto suo, esprime il suo disappunto per le polemiche e per la rimozione del manifesto, tuttavia, sono le parole della neopresidente Marina Casini Bandini, "Il Movimento per la vita ha sempre adottato modalità comunicative diverse per promuovere la cultura dell'accoglienza dei bambini in viaggio verso la nascita. È necessario che il tema della vita nascente sia proposto in chiave costruttiva, con lo spirito di chi vuole gettare ponti e non costruire muri».


SECONDO NOI
La «scandalosa» verità sui non nati che non si può proprio oscurare

Via il manifesto provita. Tanto zelo e una così efficiente rapidità sorprendono almeno per non essere, di solito, all’ordine del giorno nella giungla di buche, incuria, rifiuti, parcheggi senza regole, traffico impazzito, mezzi pubblici scarsi e lenti di cui Roma non riesce a liberarsi. Che poi la 'legalità' comunale si sia abbattuta celermente su un manifesto che difende, appunto, la vita umana e fa aprire gli occhi sul dramma dell’aborto interroga ancora di più. Certo, ci si può appigliare ai cavilli dei Regolamenti. Ma è difficile scacciare il pensiero che sia stata soprattutto una decisione politica. C’è chi censura la Lupa capitolina e i due Gemelli e chi proprio a Roma vuol fare a meno della 'scandalosa' verità sui bimbi non nati. Ma non si può. Proprio no.


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