venerdì 10 gennaio 2025
Il coordinatore nazionale di Insieme torna sull'incontro di Pompei dello scorso dicembre, in cui i vescovi della Regione hanno convocato gli amministratori e i politici locali
Alfonso Barbarisi

Alfonso Barbarisi - Avvenire

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L’inizio “politico” di questo anno si presenta ricco di fermenti per lo meno per l’area cattolica, anche in rapporto alla svolta della Settimana sociale di Trieste, che ha portato alla costituzione della “rete di Trieste”. Di fatto questo anno di quasi-moratoria elettorale inizia con un’infilata di iniziative significative.

Ma per la verità, a dicembre, vi è stato un antefatto, ben concreto e non di poco conto. Prima di Natale, un gran numero di cattolici campani impegnati nel sociale, nell’associazionismo e in politica è convenuto a Pompei su invito della Conferenza episcopale campana per approfondire il ruolo dei cattolici nel contesto inquietante della politica nazionale. Si è avvertito in questo incontro un momento forte e concreto dove si è saldato l’incoraggiamento generoso dell’episcopato campano e la responsabilità, etica e civile, dei laici. Era palpabile l’imperativo di finire con la insignificanza politica dei cattolici e arrivare ad un doveroso e nuovo impegno politico per contribuire al bene comune della nostra Nazione.

Non si è parlato del guazzabuglio del terzo polo che è vissuto di polemiche tra Calenda, Renzi e nostalgie varie e che, finché è tale, non appartiene alla sfera delle priorità. Ma si è parlato invece del cammino che deve compiere il popolo di Dio, fondato su due rocce: inclusività e confronto politico.

Un bipolarismo esasperato, radicale, impera sulla scena politica italiana, frutto non solo della proposta maggioritaria, ma del groviglio esasperato del susseguirsi delle varie leggi elettorali, fatte unicamente per avvantaggiare il conservatorismo dei partiti presenti. Si è teorizzato che la maggioranza al potere potesse imporre in assoluto le proprie idee a furia di fiducie, decreti e spoil system, esautorando il dibattito parlamentare. Mentre le minoranze aspettano acrimoniosamente l’alternanza. Tutto senza programmi solidi. È un fare e disfare. I cattolici, poi, hanno, ancor più di altri, sofferto di questa lacerazione, scivolata nella conseguente insignificanza. Una dinamica illustrata a Pompei in modo preciso da monsignor Antonio Di Donna, presidente della Conferenza episcopale campana.

In questo contesto, c’è bisogno che i cristiani rivalutino la politica senza alcuna timidezza o tentennamenti. Per questo c’è bisogno di unirsi, di ri-cercarsi. Oggi coloro che militano negli attuali partiti radicalizzati a destra o a sinistra non solo non si parlano, ma non si cercano, rimangono dispersi, afoni, e vivono, anche loro, delle polemiche riflesse della strategia oppositiva del bipolarismo.

Il mondo cattolico è plurale, ma nella sua pluralità, che è fonte positiva di creatività, ha una meta condivisa: il bene comune, il dettato evangelico. Le soluzioni che i cattolici possono offrire sono una mediazione alta, non compromissoria, frutto di condivisione dell’obiettivo.

È questo metodo che ha portato i cattolici ad essere protagonisti della ricostruzione post-bellica di una Nazione sconfitta ed è questo che porterà naturalmente i tanti cattolici dell’astensionismo a ri-conciliarsi con la politica e a riaccendere l’amore politico, ampliando il loro coinvolgimento in varie forme.

Tutto ciò ha bisogno di uno spazio condiviso, di un luogo di mediazione ed autonomia propositiva. A Pompei si era in circa 300, giovani e meno giovani, ma forti, sinceramente forti e rinfrancati dall’incoraggiamento dei vescovi, tanto da superare le “gufate” e la sufficienza con cui tanti seguono, con scetticismo allarmato, l’attuale evoluzione dell’impegno cattolico in politica.

Coordinatore nazionale di Insieme

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