martedì 29 gennaio 2019
«Anche Roma approvi la mozione contro la vendita di bombe italiane usate in Yemen dai sauditi».
«Fermiamo l'export di armi»
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La battaglia dei Comuni contro l’export di armi italiane per bombardare lo Yemen arriva in Campidoglio. Dopo la mozione approvata all’unanimità ad Assisi, replicata a Cagliari (è sarda la fabbrica delle bombe), Bologna e Verona, la società civile chiede che anche Roma Capitale aderisca alla campagna dei Consigli comunali per chiedere al governo il rispetto della legge 185 del ’90, che vieta esplicitamente la vendita di armi a Paesi in guerra come l’Arabia Saudita. E i gruppi consiliari del Pd e di Sinistra x Roma abbracciano la causa.

A promuovere l’iniziativa nella sala del Carroccio in Campidoglio è il Movimento dei Focolari, assieme a una quindicina di sigle: Arci, Procivitate Christiana Assisi, Libera, Gruppo Abele, Fondazione Finanza Etica, Archivio Disarmo, Movimento Nonvio-lento, Rete della Pace, Pax Christi, Amnesty Internazional, Federazione chiese evangeliche in Italia, Rete disarmo, Città per la fraternità, Adista, Sardegna Pulita.

«Dal 2015 la guerra in Yemen ha ucciso anche 85mila bambini – ricorda Carlo Cefaloni, giornalista del periodico focolarino Città Nuova – e l’80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari. L’Italia esporta ordigni in Arabia Saudita, a capo della coalizione che combatte i ribelli Houthi so- stenuti dall’Iran. Ora per la fabbrica di Domusnovas, che nel 2001 venne convertita da produzioni civili a quelle militari con soldi pubblici, serve una riconversione perché l’area non può fare a meno di 150 posti di lavoro».

I governi italiani, quelli passati come l’attuale, sembrano ignorare la violazione della 185. Ma la campagna dell’associazionismo trova un alleato importante nei comuni. «La città di San Francesco ha una responsabilità in più – spiega in Campidoglio la sindaca assisana, Stefania Proietti – perché non possiamo essere pacifisti solo ogni due anni per la Marcia Perugia-Assisi». Oltre alla mozione apripista, la sindaca ricorda «l’appello contro l’export lanciato nel giorno di Santa Chiara, che un altro assisano, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, ha pubblicato».

Anche Cagliari ha seguito l’esempio della città del Poverello. Un atto politico che non ha impedito al vicino Comune di Iglesias di autorizzare la richiesta della Rwm di triplicare la superficie degli impianti. «Il 6 febbraio organizzeremo un presidio davanti alla Farnesina – annuncia Angelo Cremone di Sardegna Pulita – dove ha sede l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) e depositeremo una denuncia penale. L’Italia smetta di essere complice del massacro dei bambini yemeniti».

E la battaglia raccoglie consensi nell’aula Giulio Cesare. «Calendarizzeremo subito la mozione 'Stop bombe per la guerra in Yemen' – si impegna il capogruppo dem Antongiulio Pelonzi – per raccogliere questa onda che nasce dal basso. Al massimo entro la prossima settimana». Concorda Stefano Fassina di Sinistra x Roma: «Nella crisi dei partiti i Comuni hanno assunto una importante funzione politica. Roma Capitale ospita istituzioni internazionali, non possiamo occuparci solo di buche, dobbiamo dare una scossa al Parlamento.

Gran parte dei profughi arriva da aree in cui esportiamo armi». Anche Don Tonio Dell’Olio, presidente di Pro Civitate Christiana e membro di Libera, ricorda il successo della legge 190 sull’uso sociale dei beni sequestrati ai mafiosi: «Lo stesso parametro va implementato per la riconversione della Rwm».

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