venerdì 12 aprile 2024
La premier al convegno della ministra Roccella: «Priorità assoluta dell’esecutivo. Ma il declino non è un destino. E i figli non sono un prodotto da banco»
Servono più aiuti alle famiglie

Servono più aiuti alle famiglie - Agenzia Romano Siciliani

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Non solo «una priorità assoluta di questo governo», ma un impegno concreto a tutela delle future generazioni, perché «qualsiasi politico serio non può governare la sua nazione se non si pone il problema di cosa sta lasciando dopo di sé». Giorgia Meloni rilancia ancora una volta il modello di contrasto alla denatalità su cui intende costruire le politiche sociali dell’esecutivo, invertendo la «narrazione dominante» che ha ridotto «la genitorialità a una scelta non conveniente».

Lo fa nel corso del convegno (Per un’Europa Giovane), organizzato ieri al Tempio di Adriano a Roma dalla ministra Eugenia Roccella, non a caso – fa notare la stessa premier – titolare di un dicastero per la prima volta dedicato anche alla natalità. Apre i lavori i lavori un videomessaggio di Sergio Mattarella, il capo dello Stato, per il quale «il futuro del Paese si misura sulla capacità di dare risposte alle giovani generazioni». Ma l’occasione è pensata anche per coinvolgere le istituzioni europee (rappresentate dalla vicepresidente della Commissione Ue, Dubravka Suica, e dalla commissaria per l’Uguaglianza, Helena Dalli), e approfondire la materia con l’ex presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo. Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, interviene in video.

La premessa è nella consapevolezza che «senza figli il nostro futuro semplicemente non esiste» e se non lo si «mette in sicurezza», non ha senso neanche «gestire il presente». È proprio questa convinzione ad aver spinto il governo a destinare una buona parte delle «poche risorse a disposizione» all’incentivo alla natalità, con un investimento diretto pari a «2,5 miliardi in un anno e mezzo» e «un totale di benefici netti per le famiglie italiane di oltre 16 miliardi solo nel 2024».

Le misure, però, non bastano se non accompagnate da un cambio di passo culturale, perché «per troppo tempo la denatalità è stata presentata da cattivi maestri come sinonimo di libertà», continua Meloni, raccontando alle donne che «un figlio avrebbe compromesso la loro carriera, i loro sogni, addirittura la loro bellezza, togliendo loro più di quanto gli avrebbe dato». Senza contare «la follia degli ultimi tempi» che fa persino «del mettere al mondo un figlio un atto contro l’ambiente».

Insomma, «la decrescita non è mai felice se applicata alla demografia», ma «il declino non è un destino, si può invertire la tendenza» e il messaggio della premier alle future madri è chiaro: la carriera e la maternità «non devono essere scelte incompatibili». Ma questo «non significa cancellare le differenze, piuttosto consentire di realizzarsi nella specificità del rapporto padre-madre». Anche perché «un figlio non è un diritto da garantire con qualunque mezzo», né «un prodotto da banco in un mercato» e per questo la pratica dell’utero in affitto è «disumana» e sarà presto «reato universale».

A puntare sull’Europa per affrontare un tema «per troppo tempo sottovalutato», è anche Roccella, convinta che «un grande incentivo per l'investimento nelle politiche per la natalità potrebbe arrivare dall’Ue». Forse già dal «prossimo quinquennio», in cui «l’Italia intende portare il tema come una priorità nel nuovo Parlamento». Del resto, come per l’ambiente, «anche l'investimento nella transizione demografica passa attraverso l'audacia e il senso di futuro dell'Europa».


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