mercoledì 1 novembre 2023
Fermare le fonti fossili, ma anche moltiplicare il verde. Insufficiente il settore vivaistico forestale italiano. Un progetto tra Veneto, Lazio e Abruzzo per varietà arboree a prova di siccità
La raccolta delle ghiande nell'Oasi di Palo Laziale (Roma)

La raccolta delle ghiande nell'Oasi di Palo Laziale (Roma) - Francesco Sellari per Silverback

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Piantare alberi contro il riscaldamento globale va bene, ma ce ne sono abbastanza? E saranno in grado di resistere al cambiamento climatico già in atto? Certo, più boschi ci sono e più CO2 verrà assorbita grazie alla fotosintesi. La causa principale della crisi climatica – è noto - sono i combustibili fossili, da eliminare rapidamente. Ma anche la ripiantumazione è uno strumento per rimediare ai danni già fatti. Nel 2018 è partita la Trillion trees campaign per piantare mille miliardi di alberi, rilanciata nel 2021 alla COP26 di Glasgow. La Strategia europea per la biodiversità parla di 3 miliardi di alberi.

E in Italia? Dove trovare milioni e milioni di alberi per rimpolpare i nostri boschi sempre più in affanno? Non nei vivai privati, che in gran parte producono alberi per giardini o da frutto. Per i rimboschimenti ci sono i vivai forestali italiani. Il problema è che, per un obiettivo così ambizioso, il settore è inadeguato a soddisfare una domanda massiccia di piantine arboree per le campagne nazionali. Esistono sì aziende regionali o locali, ma molto diverse tra loro per organizzazione, standard dimensioni. Gli addetti ai lavori chiedono da tempo a Governo e legislatori un’ampia ristrutturazione del comparto, per metterlo in grado di produrre piantine in quantità massicce. La produzione forestale pubblica annuale non supera i 5 milioni di piante l’anno.

Per i piantinai vengono selezionate solo ghiande integre

Per i piantinai vengono selezionate solo ghiande integre - Francesco Sellari per Silverback

Ne servono molte di più. E di qualità migliore, perché il cambiamento climatico è già in atto e mettere a dimora le stesse varietà di sempre rischia di esporle ai nuovi stress della siccità che avanza. Servono alberi autoctoni, ma più forti, più resilienti, in grado di adattarsi al clima che cambia, per evitare morie che vanifichino le campagne di rimboschimento. In attesa di un piano nazionale, alcuni vivai forestali regionali hanno già iniziato a muoversi nella giusta direzione. Avviando la produzione per semina degli alberi, pronti al trapianto a due o tre anni, quando sono arbusti di un metro e mezzo con poche radici, facili da trasportare e con più possibilità di attecchimento. Ma soprattutto provando a produrre varietà più resilienti per il clima che sta rapidamente cambiando.

È il caso del progetto “Boschi per il futuro” che si avvale del supporto scientifico dell’azienda regionale Veneto Agricoltura, dell’Orto Botanico di Roma-Università la Sapienza e della banca del germoplasma del Parco Nazionale della Maiella. A sostenere l’iniziativa un’azienda privata, Misura, marchio del gruppo Colussi specializzato nell’alimentazione salutare, che ha deciso di investire per la tutela dell’ambiente. Un impegno tangibile, stavolta, in tempi in cui perfino le multinazionali del fossile fanno ampio ricorso a operazioni di green washing. Il supporto ai vivai forestali pubblici dell’azienda è il seguito della CicloAppennina, una "gran fondo ciclistica" (ribattezzata per l’occasione green fondo) che a giugno a L’Aquila ha coinvolto oltre 500 ciclisti. Più erano i partecipanti, maggiore sarebbe stato il numero di alberi sponsorizzati.

I vasetti in serra vengono innaffiati e riparati dall'eccesso di esposizione

I vasetti in serra vengono innaffiati e riparati dall'eccesso di esposizione - Francesco Sellari per Silverback

Produrre tanti alberi e produrli più forti. Come stanno facendo a Mogliano veneto, nell’azienda agricola Diana, dove Veneto Agricola realizzerà un arboreto da seme di 5 ettari per produrre piante di frassino ossifilo, carpino bianco, acero campestre. E soprattutto della quercia più diffusa in Europa, la farnia. Roberto Fiorentin, responsabile dei vivai di Veneto Agricoltura, spiega che «la farnia è la specie più importante per noi, perché è cruciale per le foreste della Pianura Padana, di cui era la principale componente. Vogliamo aumentare la varietà genetica dei semi di farnia – dice - piantando vicini esemplari di queste querce da cinque provenienze diverse. Come le ghiande di farnie che arrivano da Metaponto, in Basilicata, dal Pantano di Policoro, residuo delle grandi foreste lucane». Querce che da secoli riescono a vivere a latitudini meridionali, capaci di sopportare caldo e siccità. «Siamo convinti che la migrazione assistita dei pollini – sostiene Fiorentin - possa arricchire la genetica di nuove querce, più attrezzate ad affrontare il riscaldamento globale».

L’azienda del gruppo Colussi - che dal 2019 ha ridotto del 59% in termini di peso la plastica delle confezioni e acquista energia elettrica solo da fonti rinnovabili – è da alcuni anni che ha deciso di sostenere progetti di ripiantumazione col progetto “A Misura di verde”. Nel 2020 ha fatto mettere a dimora in nove regioni italiane 13.400 alberi: Torino, Pordenone, Santarcangelo di Romagna, nei parchi nazionali del Vesuvio e del Gargano, sui calanchi di Matera. E nell’oasi di Palo Laziale a Ladispoli, vicino Roma, lì dove una siccità eccezionale tra 2003 e 2004 ha ucciso il 40 per cento degli alberi adulti di questo antico bosco di 50 ettari, uno degli ultimi della costa laziale, racconta Vito Emanuele Cambria dell’Orto botanico di Roma.

Un piantinaio di alberelli nel vivaio forestale Arsial di Cerveteri (Roma)

Un piantinaio di alberelli nel vivaio forestale Arsial di Cerveteri (Roma) - Francesco Sellari per Silverback

«Ormai in tre giorni di autunno piovono i 70 millimetri di acqua di tutto l’anno – dice il biologo – poi se va bene un paio di giorni in primavera. Gran parte dell’acqua scorre e non fa in tempo a essere assorbita. L’humus è danneggiato e i semi rilasciati dagli alberi non attecchiscono». Grazie al programma Life finanziato dall’Unione europea l’Arsial, l’Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio, dal 2018 raccoglie a Palo le ghiande di leccio, sughera e cerro (tutte varietà di quercia) e i semi di frassino. Il tutto viene piantato in vasetti nel vivaio forestale regionale di Cerveteri, a pochi chilometri, in serre allestite allo scopo. Un altro vivaio è in arrivo a Caprarola, nel viterbese. Cerveteri produce attualmente 10 mila piantine l’anno, 2.500 delle quali ripiantate a Palo per rimediare ai danni della crisi climatica. Una lotta contro il tempo. Anche in senso meteorologico.

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