Sindacato in contraddizione: con la legge meno scelta e tutele
sabato 7 agosto 2021

Per le organizzazioni sindacali anche solo sentire evocare la sospensione dal lavoro e dallo stipendio provoca una forte reazione. Naturale e doveroso che il sindacato si preoccupi della tutela dei suoi rappresentati e della loro condizione materiale. Più difficile, invece, è cogliere la logica che sta dietro alle ultime prese di posizione di Cgil, Cisl e Uil riguardo al Green pass a scuola e – in un possibile futuro prossimo – anche per il resto dei lavoratori a contatto con il pubblico o che non possono operare da remoto.

Sintetizzando, infatti, i sindacati criticano l’introduzione del Certificato verde per i docenti anzitutto per non averlo concordato fra le parti (e questo è comprensibile) e poi soprattutto per la sanzione prevista per chi ne sarà sprovvisto: appunto la sospensione dal lavoro e dallo stipendio.

Allo stesso tempo, consapevoli dell’efficacia delle immunizzazioni, i leader confederali si sono detti favorevoli all’introduzione dell’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori, in forza però di un decreto legge che vorrebbero fosse emanato dal governo. Ritenendo così di meglio proteggere i dipendenti. In realtà è esattamente l’opposto.

Anzitutto perché – se di obbligo di legge si trattasse – la sanzione per i lavoratori che non vi si adeguino sarebbe ancora più dura, come dimostra il caso del personale sanitario già oggi soggetto ad obbligo e sospeso o licenziato in caso di inadempienza. E in secondo luogo perché facendo pressione per un obbligo di legge non tutelano quei (pochi) lavoratori che sulla base di loro convinzioni non intendono vaccinarsi. Scelta a nostro parere sbagliata, ma legittima in assenza di un provvedimento legislativo.

Come abbiamo già scritto in un editoriale, invece, il Green pass in questo senso è un giusto compromesso fra diritti diversi all’insegna della responsabilità. E tutela meglio i docenti perché anzitutto protegge i colleghi e gli studenti obbligando il personale ad essere o vaccinato o guarito o ad avere un tampone negativo, ma nel contempo lascia la libertà a chi non volesse vaccinarsi di non farlo e di continuare a lavorare, semplicemente sottoponendosi a un tampone ogni 2/3 giorni per dimostrare di non essere infettivo. Con un costo mensile intorno ai 200 euro, più o meno ciò che spende in sigarette in media un fumatore.

Certo è un prezzo da pagare, ma la libertà non è mai gratuita, comporta sempre dei sacrifici. Se, invece, venisse scelta la via dell’obbligo vaccinale per legge, i lavoratori non avrebbero più né libertà di non vaccinarsi, né alternative né tutele dalla sospensione o dal licenziamento per inadempienza delle norme. Dunque, risulta del tutto incomprensibile e controproducente per i lavoratori la logica che muove oggi il sindacato. Inspiegabile, se non perché di fronte a un obbligo di legge Cgil, Cisl e Uil potrebbero alzare le mani e giustificarsi: "Non dipende da noi, non possiamo farci nulla...".

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