giovedì 25 novembre 2010
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La riforma dei consultori familiari comincia a farsi largo da nord a sud. Mentre Lombardia, Lazio e Marche hanno già fatto importanti passi avanti, altre regioni si stanno muovendo sulla stessa strada. Promotori della riforma, le federazioni regionali dei consultori di ispirazione cristiana, che chiedono in sostanza di essere equiparati ai consultori pubblici (nel rispetto però delle loro libertà statutarie) e ottenere così il riconoscimento ufficiale di un servizio già svolto per il pubblico, in base al principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione.Apripista della riforma è la Lombardia, dove l’iter della proposta è già a buon punto. «Abbiamo promosso un nuovo progetto di legge di riforma dei consultori pubblici e privati», spiega il presidente della Confederazione dei consultori Goffredo Grassani, che ha coordinato il progetto insieme a un gruppo di studiosi presso la Regione. Si tratta di un lavoro «in itinere, che tende a dare una sistemazione complessiva ai nostri consultori – precisa –, non più solo come strumento di rimedio alle patologie ma divenendo promotori della cultura familiare con particolare attenzione per gli aspetti educativi». La proposta, già recepita dall’assessore alla Famiglia Guido Boscagli, dovrebbe essere approvata entro fine anno.In Liguria, dove i consultori privati sono 11 – in quello di Genova centro si effettuano oltre 2000 visite annuali, grazie a oltre 30 operatori volontari – si aspetta invece che la Regione faccia la sua parte. «Abbiamo presentato diverse richieste per avere convenzioni e accreditamento. Ma è tutto fermo – spiega il vicepresidente della federazione regionale Angelo Barioglio –. La Regione ci dà un contributo esiguo, 90-100mila euro l’anno. Ci serve per pagare almeno l’affitto o qualche bolletta». In attesa di risposte anche i consultori privati del Piemonte, che continuano a chiedere il riconoscimento ufficiale. «Abbiamo inoltrato richieste – racconta il presidente della federazione regionale Luciano Viana – ma non abbiamo avuto ancora riscontri». In regione sono attivi 12 consultori di ispirazione cattolica. A Novara centro, in particolare, si arriva a fare 2800 consulenze l’anno. «Le prestazioni vengono svolte gratuitamente, la nostra è un’associazione tra parrocchie e di vicariati: sono loro che ci danno una mano per sostenere le spese vive», spiega Viana. La Regione, invece, non dà alcun aiuto, visto che «non c’è ancora una legislazione che consenta un’elargizione di fondi diretti a questo progetto». Momento di stasi anche per il Veneto, che conta 27 consultori privati attivi e un budget di circa 12500 euro riconosciuti all’anno dalla Regione. La proposta di riforma qui è stata presentata a luglio. «La Regione Veneto sembrava disponibile poi invece si è un po’ arenata», spiega il presidente della federazione regionale Dino Verdolin, che però non si scoraggia: «Ora siamo fermi. Ma abbiamo speranza che la proposta vada avanti». Procede invece l’iter di riforma nel Lazio. Nonostante l’opposizione continui a dare battaglia, la proposta di legge presentata da Olimpia Tarzia e appoggiata da Pdl, Lista Polverini, Destra e Udc è stata infatti riconfermata come testo base da presentare alla Commissione politiche sociali, che dovrà successivamente approvarla. Questa mattina con un sit-in davanti alla Regione numerose associazioni esprimeranno il loro appoggio alla riforma.Anche nelle Marche, che contano 12 consultori privati ciascuno con circa 1500 utenze l’anno, la situazione si sta evolvendo in maniera positiva. Come sottolinea Deborah Pantana, presidente della federazione regionale, qui si sta lavorando a «una nuova legge che riguarda la famiglia in generale, nella quale verrà inserita la riforma dei consultori come punto di aggregazione, di aiuto e di sostegno». Un buon risultato che arriva dopo un paio d’anni di lavoro intenso. «Questa nuova proposta di legge – spiega – scaturisce da un lavoro impegnativo dell’assessore regionale Luca Marconi con delega alla famiglia, in collaborazione con i consultori e le associazioni familiari». L’opposizione finora non ha mosso obiezioni. Del resto, aggiunge Pantana, «i consultori fanno da presìdi educativi sul territorio, riescono a collaborare con le istituzioni locali e a lavorare insieme. Noi chiediamo il riconoscimento della funzione pubblica che questi consultori privati svolgono sul territorio da diversi anni».L’Abruzzo sta puntando invece sulla sensibilizzazione del terzo settore. «Abbiamo trovato un riscontro favorevole da parte del mondo dell’associazionismo, facendo in modo che recepissero i contenuti innovativi della legge. Vogliamo insistere con questo metodo per arrivare poi in Consiglio regionale con una base di consenso costruita – spiega Elda Fainella, presidente della federazione abruzzese –. La legge regionale del 1978 è poco precisa nei contenuti – continua –. Serve un profondo cambiamento per attuare questa nuova fisionomia a livello sanitario e spostare la proposta sul sociale», e quindi sulla prevenzione. «Avevamo approfondito la questione con l’assessore alle Politiche sociali che aveva già avviato le ridefinizione del Piano sociale triennale. È un programma molto ambizioso che stiamo cercando di portare avanti tra mille difficoltà».In Umbria «ancora tutto tace», rimarca invece Francesca Barone, presidente della federazione regionale. Per il momento l’unica novità in arrivo – ma ancora «non è stato deliberato niente» – è l’«introduzione anche nei consultori pubblici dello psicologo, una figura che noi abbiamo da tempo, come è previsto dalla legge» aggiunge la Barone, secondo la quale, sarebbe importante che il consultorio fosse «realmente un supporto alla famiglia in difficoltà», visto che si tratta di «una struttura socio-sanitaria». Invece, «della legge nazionale 405 sui consultori si è data un’impostazione sanitaria».In Sicilia «siamo in una situazione particolare – premette don Antonio Santoro, a capo della federazione regionale: «Abbiamo una legge che risale a molti anni fa. Non abbiamo possibilità di convenzionamento e accreditamento, perché il processo è stato bloccato da 4-5 anni, sebbene ci sia necessità di consultori sia pubblici sia privati». In questa regione, con più di 5 milioni di abitanti, ci sono appena 8 consultori privati, non tutti di ispirazione cristiana. La normativa ne prevede almeno il doppio. Fondi annui per tutti i servizi: 120mila euro. «C’è una legge, la numero 10 del 2003 sulla famiglia – aggiunge – che prevede che i consultori dovessero transitare dalla Sanità all’assessorato alla Famiglia, creato apposta nel 2003. Ma i decreti attuativi non sono mai partiti. Ancora li stiamo aspettando». In altre parole: anche qui urge una riforma.
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