martedì 22 settembre 2020
Primo intervento al mondo al San Raffaele con il "robotiscopio", un micro robot inserito a pochi centimetri dalla massa tumorale che riceve impulsi dai movimenti di un casco indossato dal chirurgo
Un momento dell'operazione chirurgica al San Raffaele di Milano

Un momento dell'operazione chirurgica al San Raffaele di Milano

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Milano, Ospedale San Raffaele, blocco neurochirugico, una mattina di settembre. Sul tavolo operatorio c’è una donna di 53 anni: ha un tumore al cervello. Un robot-microscopio – un “robotiscopio” - si posiziona a pochi centimetri dalla massa tumorale; è governato da un braccio meccanico che riceve impulsi direttamente dai movimenti di un casco indossato dal neurochirurgo. Il robot trasferisce al casco immagini tridimensionali in tempo reale, dalla nitidezza estrema, capaci di svelare l’anatomia, come mai era stato fatto sino ad ora. Il meningioma (neoplasia benigna) non ha più segreti: il neurochirurgo non guarda direttamente il paziente – è guidato dal casco – ma le sue mani continuano a lavorare sul cervello della donna. Il tumore viene rimosso in un’ora, con successo. E’ il primo intervento al mondo eseguito con questa tecnica. E segna un capitolo nuovo nella cosiddetta chirurgia dinamica.

L’operazione è stata condotta da un’équipe diretta dal professor Pietro Mortini, primario neurochirurgo dell’ospedale milanese e ordinario dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Mortini ha sfruttato sensori di posizione, accelerometri, microdisplay 4K, illuminazione Led, contando su una precisione del robot pari allo 0,02 millimetri. Roba da film di fantascienza: in sostanza è come se lui stesso si fosse introdotto nel cranio della paziente con la facoltà di muoversi liberamente all’interno, spostandosi in tutte le posizioni, e lasciando che le sue mani continuassero a muovere i microstrumenti.

"Ho saputo di essere il primo ad aver compiuto questo intervento solo dopo averlo portato a termine – commenta Mortini -. Me lo hanno comunicato gli ingegneri della casa costruttrice. Come ci si sente? In un certo senso, un po’ come Charles Lindbergh dopo la prima trasvolata atlantica in solitaria. Anche perché il robotiscopio ti dona libertà completa di movimenti e la possibilità di avere angoli di visione infiniti, mentre i sistemi utilizzati fino ad oggi costringono il chirurgo ad una posizione fissa, e spesso anche non confortevole dopo ore".

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