giovedì 26 ottobre 2023
Il ruolo della grande istituzione che salva migliaia di vite in mare e tutti gli intrighi di palazzo tra mafie mediterranee, oligarchi russi, trafficanti di uomini e contrabbandieri di petroli
Intrighi e soccorsi: ecco chi tiene i fili della Guardia costiera

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Nasce da una serie di inchieste giornalistiche pubblicate su Avvenire, l’ultimo libro di Nello Scavo, “Le mani sulla guardia costiera” (Chiare Lettere). Attorno a questa gloriosa istituzione che negli anni ha salvato migliaia di vite umane, si addensa oggi un’impenetrabile coltre di nebbia. Alle domande che si sollevano ciclicamente dopo l’ennesima strage di migranti, si contrappone infatti un silenzio totale su responsabilità, catene di comando, origine degli ordini. Svelare questi intrighi di palazzo è però solo il punto di partenza di una complessa inchiesta che coinvolge mafie mediterranee, oligarchi russi, trafficanti di uomini e contrabbandieri di petrolio, per un giro di affari di miliardi di euro.


Il Mediterraneo è il palcoscenico della più vasta operazione di distrazione di massa mai conosciuta negli ultimi decenni. Attingendo ai pregiudizi sullo «straniero» e manipolando le informazioni, nonostante le ripetute condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo e i reiterati appelli delle Nazioni unite, si è arrivati a istituzionalizzare la deportazione di massa, la tortura, l’eliminazione fisica di decine di migliaia di esseri umani. Non con il silenzio, ma con la complicità della politica e delle opinioni pubbliche. Come avrebbe detto Camus: «Davanti a quella notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo».

La copertina del volume di Nello Scavo 'Le mani sulla guardia costiera' (Chiare lettere)

La copertina del volume di Nello Scavo "Le mani sulla guardia costiera" (Chiare lettere) - .

Nei nostri mari, negli ultimi anni, si è disputata una guerra mondiale non dichiarata. Le principali potenze politiche, militari ed economiche stanno cercando di egemonizzare il «Mare Nostrum»: Turchia, Russia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, l’intera Nato con l’ambiguità degli Usa, l’incertezza dell’Italia, il cinismo della Francia e le ripercussioni della guerra in Ucraina. Per arrivare in fondo a questa indagine giornalistica abbiamo dovuto scontrarci con il muro di gomma messo a protezione dei segreti.

Il peggior nemico del giornalismo non è il crimine, ma la menzogna di Stato. Uno Stato che mente davanti alle inchieste dei giornalisti è uno Stato che legittima chi li minaccia e intimidisce. Uno Stato che favorisce e stimola il discredito, l’emarginazione, fino a legittimarne con i suoi complici silenzi l’eliminazione fisica. Come è accaduto a Malta. Per venirne a capo, bisogna ficcare il naso a La Valletta, proprio dove nel 2017 venne uccisa con un’autobomba la giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia, la cui morte ha molto a che fare con gli affari sporchi lungo le rotte del Mediterraneo. (...) In questi anni spesso mi sono state offerte diverse false piste, nella speranza che cadessi in qualche trappola. Ho ricevuto alcune lettere anonime contenenti notizie poi rivelatesi inattendibili. Il catalogo dei tentativi di dirottare il lavoro di ricerca con il tempo si è fatto monotono. Lo stratagemma più adoperato è quello dei messaggi attraverso social network inviati da sedicenti migranti che chiedono se io sia al corrente di navi delle Ong dalle parti delle coste libiche, così da scappare dai campi di prigionia imbarcandosi sui gommoni: forse un raggiro ideato nella speranza di dimostrare miei contatti diretti con i trafficanti di uomini. Di certo questo continuo flusso di informazioni errate e depistaggi ha lo scopo di farci deragliare e perdere tempo. Più mi avvicinavo alla «cassaforte», più questi tentativi si moltiplicavano. (...)

Nel corso dell’indagine sulla strage di Pasquetta a Malta nel 2020, il giornalista che seguiva una ricerca parallela per «The New York Times» nel giorno dell’uscita del suo reportage fece pubblicamente i complimenti, perché «Avvenire ci ha battuti». Un riconoscimento che allo stesso tempo alzava l’asticella del rischio, ma confermava la qualità del nostro lavoro. E soprattutto ci ha permesso di perfezionare uno scambio informativo che ha due scopi: andare in profondità e salvarci la vita. Perché, rendendo noto che a indagare è una comunità di giornalisti, difficilmente potrà accadere a qualcuno di noi ciò che è capitato a Daphne Caruana Galizia, che invece era stata lasciata da sola. Il nostro messaggio ai protagonisti della più grande organizzazione politico-criminale che si sia mai vista in Europa e nel Mediterraneo è chiaro: non serve silenziare uno di noi, perché le notizie verranno divulgate dagli altri. (...) Verità e menzogne, loquacità e silenzi, sono gli ingredienti di ogni depistaggio di Stato. Qualche volta però l’ingranaggio che stritola le vite e piega la democrazia s’inceppa. Per una distrazione. O per il coraggio di chi decide di dare un nome ai fatti. Succede il 25 gennaio 2023. (...) Ricevendo due interrogazioni parlamentari il ministro Nordio risponde. E non ci gira intorno. Chiarisce che «il giornalista Nello Scavo» viene «sottoposto a misure di protezione» a causa delle «inchieste su esponenti della mafia libica». Pausa. Per un attimo ammutolisco. Rileggo con cura. Poi vado a cercare l’originale. La banca dati del Parlamento conferma. L’ha proprio scritto: «mafia libica». È la prima volta. Ma non è una consolazione.

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