sabato 2 ottobre 2010
L’attentato intorno alle 23 di giovedì sera. Sulle scale del palazzo dove abita Belpietro un uomo a volto scoperto ha affrontato il caposcorta con un revolver in pugno. L’arma si è inceppata dando il tempo al poliziotto di estrarre a sua volta l’arma e di esplodere tre colpi andati a vuoto. Poi l’uomo è riuscito a fuggire dal palazzo.
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L'aggressore del capo scorta di Maurizio Belpietro, non ha lasciato molte tracce. Ma il suo aspetto, ricostruito in un identikit, e la rapidità con cui è riuscito a fuggire da un ingresso secondario del condominio nel quale vive il direttore di "Libero", suscita negli inquirenti molte preoccupazioni.«C’era una persona appoggiata alla ringhiera delle scale – racconterà il poliziotto –, mi ha puntato una pistola contro. Ho sentito il grilletto ma il colpo non è partito. Mi sono riparato dietro l’angolo del muro del corridoio e ho sparato». Tre colpi, nessun ferito. Sono le 22.40 quando Belpietro, sotto protezione da otto anni e a cui è ora stata raddoppiata la scorta, varca il cancello automatico dello stabile in centro a Milano, a pochi passi da via Montenapoleone e dal "quadrilatero" della moda. Uno dei due poliziotti, il capo scorta, lo accompagna in ascensore fino all’appartamento al quinto piano, dove il giornalista vive con la famiglia. Contrariamente alle abitudini, l’agente decide stavolta di tornare indietro facendo le scale. È qui che inaspettatamente gli si para davanti uno sconosciuto con pistola in pugno. Non dice nulla, si sente solo un clic e l’arma che s’inceppa, dando al poliziotto il tempo di estrarre la Beretta d’ordinanza e fare fuoco. Il fatto che il malvivente fosse a volto scoperto fa ritenere che volesse raggiungere il suo obiettivo senza lasciarsi alle spalle testimoni. Scappando da un’uscita secondaria del condominio, scavalcando un muro di cinta alto quasi due metri, l’uomo ha eluso la sorveglianza dell’altro poliziotto della scorta, dimostrando di aver studiato bene i luoghi.«Non viene esclusa nessuna pista», ripete prudentemente il questore Vincenzo Indolfi. Agli investigatori appare però chiaro che l’assalitore avesse escogitato una trappola preventivando la necessità di sparare. L’uomo, che avrebbe agito in assenza di complici, sopra ai pantaloni di una tuta bianca indossava infatti una camicia delle Fiamme gialle. «Se avesse suonato alla porta – ha spiegato Maurizio Belpietro – , vedendo dallo spioncino la casacca della Guardia di Finanza, avrei aperto senza nulla sospettare, avrebbe potuto spararmi e uccidermi con tutta facilità».Le telecamere a circuito chiuso – alcune non funzionanti – poste negli edifici circostanti non hanno ancora fornito elementi decisivi. L’identikit realizzato dalla questura di Milano restituisce intanto i tratti di un quarantenne dal viso squadrato, zigomi marcati, labbro superiore sporgente, occhi grandi, capelli spazzolati all’indietro e abbondantemente impomatati. Corporatura massiccia, atletico, altro circa un metro e 80, «probabile cittadinanza italiana». «Quest’ultimo gravissimo episodio ha rischiato di produrre una vittima, ma ci sono stati altri episodi nei giorni precedenti», ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni denunciando un clima di crescente tensione, come gli assalti alle sedi Cisl.La Procura di Milano, intanto, ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando i reati di tentato omicidio ai danni dell’agente della scorta di Belpietro. L’inchiesta, coordinata dall’ex procuratore aggiunto Ferdinando Pomarici e dal pm Grazia Pradella, tiene conto di varie possibilità, dalla matrice «politica», che va dall’antagonismo eversivo all’area anarco-insurrezionalista, all’ipotesi del rapinatore solitario. «Non siamo ancora certi – spiega un investigatore – che l’obiettivo fosse il giornalista. In quel palazzo vivono molte famiglie benestanti, perciò ci servono altri elementi prima di parlare di terrorismo». Anche se, ammette la stessa fonte, «di balordi con una divisa da finanziere e che sparano prima ancora di chiedere il portafogli non se ne sono mai visti».
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