giovedì 1 febbraio 2018
Cesare Moreno: gioventù in stato di abbandono. Il mito dei nuovi boss? Esiste, per conoscenza diretta o tramite fiction
Il decano dei maestri di strada: «Attenti, la camorra è un modello»
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«Bisogna dire di no all’odio» declina Cesare Moreno, decano dei maestri di strada. È da due mesi che le cronache registrano a Napoli episodi di violenza delle baby gang. «Siamo nel pieno di un’ondata mediatica riguardante i giovani e l’educazione – spiega Moreno –. È necessario continuare a riflettere e a capire questa emergenza, perché altrimenti rischiamo di non essere di alcun aiuto ai nostri ragazzi. Noi maestri di strada non ci tiriamo indietro: è questo il momento di dire, in qualsiasi contesto, le cose che da decenni si dicono gli addetti ai lavori, ma è anche il momento di continuare a riflettere senza farsi prendere dall’urgenza mediatica».

Cosa sta succedendo a Napoli?
Ho il dubbio che i recenti episodi imputati alle cosiddette <+CORSIVOA>baby gang<+TONDOA> siano più gravi rispetto al passato, perché basati esclusivamente sull’atto delinquenziale, che affonda le radici in uno stato di abbandono della gioventù e che si esprime nei modi più imprevedibili e gratuiti.

Si dice che i ragazzini siano alla ricerca di miti, sognino di diventare dei boss. È davvero così?
Ora non c’è dubbio. Nella nostra città il modello camorristico – vero o presunto tale, conosciuto direttamente o attraverso la mediazione delle fiction – è quello che meglio si presta al ruolo.

La famiglia è sotto accusa.
Realmente le colpe dei padri e delle madri stanno ricadendo sui figli: non sono le colpe dei genitori reali, o non solo quelle, ma quelle dei genitori simbolici che governano le istituzioni. Tutte le istituzioni preposte, compresa la famiglia reale quando c’è, hanno responsabilità precise nella crescita dei giovani. Si promuove un modello di persona che fa a meno degli altri e insieme si incita alla lotta di tutti contro tutti. Non c’è spazio per le relazioni, per la solidarietà, per la cooperazione.

E la scuola?
È ora di finire di colpevolizzare la classe docente. Gli insegnanti sono stati formati, reclutati ed organizzati per occuparsi delle discipline scolastiche e non per farsi carico delle buone relazioni degli allievi con se stessi e con gli altri. Se si vuole il cambiamento, almeno in queste zone, bisogna procedere con tutta la comunità educante.

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