giovedì 26 marzo 2020
Molte di loro hanno accettato il rischio delle frontiere chiuse pur di abbracciare il figlio adottato. E oggi alcune trascorrono la quarantena insieme nei Paesi di origine
Famiglie italiane bloccate all'estero

Famiglie italiane bloccate all'estero - Ansa

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Molte hanno scelto di sfidare il rischio di frontiere bloccate e aeroporti chiusi per non rinunciare al loro sogno di regalare una famiglia a un bambino che non ce l’ha. Un progetto di solidarietà ma anche un legittimo auspicio di genitorialità più forte del coronavirus. Può sembrare una storia minore quella delle 44 coppie italiane bloccate all’estero da settimane. In Asia, America Latina, Europa dell’Est. Alcune si trovavano in quei Paesi già da alcuni mesi – sappiamo quanto sia complesso, estenuante e quasi sempre molto costoso l’iter dell’adozione nel nostro Paese – altre sono partite pochi giorni prima che venisse preclusa la possibilità di viaggiare. Il desiderio di abbracciare quel figlio, o quei figli – le adozioni di fratelli sempre più frequenti – che ha cancellato il timore del contagio, dei disagi, della possibilità concreta di rimanere bloccati sine die per le conseguenze della situazione sanitaria che investe tutto il mondo.

Ma la loro generosità, la loro volontà di non venire meno a un patto già siglato con un bambino in attesa dall’altra parte del mondo, la loro fiducia verso altre persone, quasi sempre sconosciute, che in Cina, India, Colombia, Messico, Corea del Sud, e in tanti altri Paesi, si stanno adoperando per non far inceppare gli ingranaggi di una burocrazia spesso incomprensibile, disegnano bene il profilo umano di questi aspiranti genitori. Il comunicato della Cai, la Commissione adozioni internazionali, che ha dato notizia della situazione rassicura sull’impegno del ministero degli Esteri per agevolare le pratiche di ritorno delle coppie. In realtà le condizioni di questi genitori sono molte diverse. Gli enti autorizzati, a cui queste coppie si sono affidati per le pratiche di adozione, raccontano vicende personali in cui il dato dominante appare quello di una serena determinazione. I responsabili di Avsi, uno degli enti coinvolti in questa fase, con cinque coppie tra Centro America e Europa dell’Est, spiegano che quando gli aeroporti si sono chiusi, rendendo impossibile il ritorno in Italia per un tempo imprecisato, la reazione dei genitori è stata determinata soprattutto dal fatto di aver già concluso o meno l’adozione. Le famiglie già riunite, insieme a quel nuovo figlio “partorito” spiritualmente dal coraggio di un’apertura all’ignoto in cui il desiderio di tenerezza si mescola a un senso di giustizia che soprattutto in questo periodo stupisce e fa riflettere, attendono quasi sempre serenamente. Consapevoli che anche in Italia avrebbero dovuto osservare un periodo di quarantena, hanno accettato di prolungare la loro permanenza e attendono gli eventi.

Un po’ più spinoso l’iter di coloro che, come una coppia che si trova in Messico, sono ancora alle prese con le decisioni di tribunali che non si sa quando e come riusciranno a stabilire le udienze, con tempi e modalità tutti da scoprire. Per le coppie che si trovano in Europa orientale – sono 15, legate anche ad altri enti tra cui Aibi, Cifa e Asa – la situazione potrebbe essere meno complessa. Soprattutto per quelle in Romania dove, com’è noto, le adozioni sono consentite soltanto alle coppie miste italo–romene. Ma anche per loro vale il riconoscimento di un impegno segnato da una forza interiore destinata ad allargare la speranza collettiva per un futuro diverso. L’emergenza sanitaria, come abbiamo già fatto notare, sta assestando un colpo pesantissimo al nostro sistema delle adozioni. Tanto che il cartello “Adozioni 3.0” che riunisce 47 enti autorizzati, ha chiesto un intervento urgente al ministro per la famiglia, Elena Bonetti, per non soccombere. Facile ipotizzare che nel 2020 il numero delle adozioni – poco meno di mille nel 2019 – potrebbe dimezzarsi, o ancora peggio. Ma quando tutto ricomincerà, anche quei 44 nuovi figli italiani saranno una ricchezza di cui non potremo fare a meno. E dovremo ricordarci a lungo delle belle coppie che hanno reso possibile tutto ciò.

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