mercoledì 10 gennaio 2018
Per il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, la vera emergenza è la carenza di impianti. «Le regioni che hanno più problemi sono quelle in cui i cittadini più si oppongono»
Cantone: «Abbiamo salvato Roma da una vera ecatombe»
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L’emergenza rifiuti a Roma? «È la mancanza di impianti». Parola di Raffaele Cantone che di rifiuti si è occupato come pm nella lotta alle ecomafie e ora come presidente dell’Anac. E da questo osservatorio lancia un preciso avvertimento per la Capitale. «Col commissariamento dell’appalto di Colari (la società di Cerroni, ndr ) abbiamo evitato un’ecatombe. Roma sarebbe arrivata all’emergenza napoletana, tutti i rifiuti sarebbero finiti per strada senza alternativa. È stato un miracolo, grazie a un lavoro istituzionale tra l’Anac e l’ottimo raccordo del prefetto Basilone. Ma è solo una soluzione ponte. Si sarebbe dovuto creare a latere un sistema che consentisse un minimo di alternativa a Colari, che ancora oggi permette di risolvere il grosso del problema. Invece non si è fatto nulla...».

Partiamo dal livello nazionale: Roma, Campania, Sicilia, inchieste giudiziarie a ripetizione. Lei ne ha parlato recentemente in Commissione ecomafie. Quali le cause?
In primo luogo l’idea che ognuno possa fare come vuole. Si è scelto di creare una regolamentazione che tenesse conto delle esigenze locali, e questo è giusto, però questa grande autonomia ha finito per creare una complicazione incredibile e situazioni di caos. Il secondo punto è che il monopolio pubblico del ciclo dei rifiuti fa arrivare una quantità enorme di soldi che fanno tantissimo gola. Così questo settore è in assoluto quello col più alto tasso di infiltrazione criminale.

Perché è così permeabile?
Il settore è stato a lungo 'schifato' da un pezzo di imprenditoria che non si è voluta sporcare le mani. E si è così consolidata una meno sana. C’era la necessità di risolvere problemi e la possibilità di fare grandi affari, dove si sono lanciati gli avventurieri. Così il settore ha finito per essere inquinato. Ancora oggi una zavorra. Intanto è sempre emergenza. Lo ripeto, perché c’è una carenza di impianti. Le regioni che hanno più problemi sono quelle nelle quali i cittadini più si oppongono agli impianti. C’è una sorta di circolo vizioso.

Qualche esempio?
La Campania oggi sta riuscendo a risolvere il problema mandando molti dei rifiuti fuori regione. Abbiamo creato un’esportazione dei rifiuti, mentre gli altri Paesi europei considerano i rifiuti un affare. L’eterogeneità normativa dà un potere ampiamente discrezionale alle realtà locali che non sempre sono in grado di gestirlo nella logica dell’interesse pubblico, soprattutto, purtroppo, al Sud.

Sembra anche la fotografia di Roma.
Nel passato si è consentito un monopolio fuori da mondo. Una situazione incompatibile con le regole della concorrenza, perché il signor Cerroni era in grado di gestire il sistema stabilendo prezzi, tariffe, modalità. Era evidentissimo che non potesse continuare, non per altro perché quegli impianti prima o poi si sarebbero esauriti. Ma si è fatto finta che il tema non ci fosse. Nessuno aveva il coraggio di fare una scelta politica di lungo periodo e di imporre gli impianti.

Paura di perdere il consenso?
Io lo dico da campano: a Napoli ci sono state delle vere e proprie guerre quando è stato fatto il termovalorizzatore di Acerra. Ma non mi pare che abbia creato quei problemi che erano stati paventati, magari in buona fede.

Torniamo a Roma.
Siamo riusciti a evitare un’emergenza eccessiva attraverso il sistema del commissariamento dell’appalto Colari. Però il commissario non può intervenire sulle strutture, ma solo per gestirle. È una soluzione ponte che ha consentito per la prima volta da anni di stipulare un contratto, ha evitato l’emergenza ma era evidentissimo che non risolveva i problemi. Il proprietario resta la Colari che se non li fa andare al massimo il conferimento si riduce. Bisogna andare a un nuovo appalto, cosa che Ama sta provando a fare con noi, e che dovrebbe far superare il monopolio, poi vediamo come…

Il tema monopolio è centrale a Roma ma torna in molte altre regioni.
Gli impianti dovrebbero essere pubblici in modo che nessuno possa creare situazioni di monopolio per gestire e poi magari in futuro 'ricattare' o imporre le regole al pubblico. Ma dove il pubblico non è riuscito a fare gli impianti, soprattutto nelle regioni meridionali, non si risparmia mandando i rifiuti in giro per l’Italia. Le leggi hanno sempre individuato criteri di prossimità per lo smaltimento e non per capriccio perché è evidente che portarli in giro non fa bene. Così noi cittadini campani o romani paghiamo molto di più di quelli del Nord e senza vantaggi ambientali.

Ma al Nord va davvero tutto bene?
Anche nelle regioni virtuose restano tantissime perplessità sul rispetto delle regole: troppe proroghe, appalti mai fatti, affidamenti in house a società che oggi non sono più in house. Abbiamo commissariato il più grande appalto della Toscana, alla società Sei, che riguarda le province di Grosseto, Arezzo e Siena, metà della regione. In Emilia abbiamo trovato una serie di irregolarità amministrative, contestato proroghe e situazioni di monopolio consolidato come quello di Hera.

E la Sicilia che è sempre più in crisi?
Lì è tutto basato sulle discariche, in gran parte private, un sistema di fatto monopolistico, una vera e proprio ipoteca sul futuro. La giunta precedente aveva approvato una legge che sembrava aprire a nuove tematiche, ma poi non sono seguite le attuazioni.

Che pensa degli incendi negli impianti al Nord?
Sono molto preoccupato. Soprattutto per quello a Pavia: uno stoccaggio di rifiuti avvenuto in modo assolutamente silente in una realtà che non era un deposito di rifiuti. Un caso isolato? Questo pone un problema enorme di controlli anche in realtà dove il sistema dei rifiuti pare, e ora dobbiamo usare questa parola, assolutamente perfetto.

Il mercato è talmente ricco che anche in quei territori qualcuno può essere tentato?
Lo smaltimento dei rifiuti sono una spesa enorme e quindi quello illegale può rendere tantissimo. Questo rischia di essere un incentivo all’illegalità. Per fortuna è stata finalmente approvata la norma sugli ecoreati. Oggi almeno una serie di fatti non restano impuniti e non è poco.

Ora però sempre più spesso ci troviamo di fronte a economia criminale e non a criminalità organizzata. Mi chiedo se non sia il caso di ripensare alla scelta di assegnare le inchieste sul traffico di rifiuti alle Dda. È stato un manifesto propagandistico, assolutamente sbagliato, che, per un’eterogenesi dei fini, ha avuto effetti negativi. Perché il traffico di rifiuti non mafioso, che purtroppo c’è, finisce per essere sottovalutato. Nel Lazio se ne occupa solo la Dda di Roma, mentre l’economia criminale è molto più facile da perseguire dalla procura di prossimità, che può avere molto più chiaro il quadro.

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