giovedì 15 maggio 2025
La milizia «Rada», di cui il militare lasciato libero dall'Italia è uomo di punta, è nel mirino del premier Dbeibah. Il trafficante libico rischia di essere arrestato e consegnato alla Cpi
La Libia è nel caos e ora Almasri è diventato un nemico di Tripoli

ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

Dopo più di 90 morti e decine di feriti - bilancio che le autorità invece ridimensionano al livello di piccola scazzottata tra vecchi compari - il momento più duro della battaglia di Tripoli è stata la minaccia di arrestare il generale Almasri e consegnarlo alla Corte penale internazionale. Per la Libia sarebbe un punto di svolta, dalle conseguenze interne e internazionali incalcolabili. Per l’Italia, che invece Almasri lo ha riaccompagnato fino alla capitale libica, sarebbe più di una beffa.

Le autorità centrali guidate dal presidente Dbeibah negano che il bilancio delle due giornate di battaglia tra milizie sia così grave, ma in Libia sta tornando lo spettro della guerra tra bande camuffate da milizie affiliate alle istituzioni. Nel pomeriggio di ieri è stato annunciato il cessate il fuoco. Ma nessuno può prevedere se durerà. Gli scontri sono iniziati lunedì sera dopo l’uccisione del comandante al-Kikli. «Le forze regolari, in coordinamento con le autorità di sicurezza competenti, hanno iniziato a prendere le misure necessarie per garantire la calma, compreso il dispiegamento di unità neutrali», ha dichiarato il ministero della Difesa. E il solo fatto che venga richiamata la “neutralità” spiega che quasi nessuna delle milizie affiliate al governo abbia a cuore il bene pubblico. «È terrificante assistere a questi combattimenti intensi. Ho messo tutta la mia famiglia in una stanza per evitare i colpi vaganti», ha raccontato al telefono un padre di tre figli, residente nel quartiere di Dahra. E nel sobborgo occidentale di Saraj, un altro testimone ha riferito che gli scontri si interrompono per pochi minuti per poi ricominciare.

«Ogni volta che si fermano ci sentiamo sollevati. Ma poi perdiamo di nuovo la speranza», ha detto. La missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si è detta «profondamente allarmata dall’escalation della violenza nei quartieri densamente popolati di Tripoli». Un confronto armato che sembra aver rafforzato il potere del premier Abdulhamid al Dbeibah, primo ministro del Governo di Unità Nazionale (Gnu). Gli scontri più duri hanno visto contrapporsi la Brigata 444, allineata con Dbeibah, e la Forza di Deterrenza Speciale (Rada), l’ultima grande fazione armata di Tripoli non ancora schierata con il premier. E la Rada è proprio la milizia che vede tra gli uomini di punta il generale Almasri. Scontri sono scoppiati anche nelle aree occidentali della città, storicamente punto d’ingresso per le fazioni armate provenienti da Zawiya, a ovest della capitale, dove operano i gruppi dei clan a cui apparteneva Abdurahman al-Milad (“Bija”) ucciso a settembre in un agguato nei pressi di Tripoli. L’est della Libia è invece dominato dal comandante Khalifa Haftar e dal suo Esercito Nazionale Libico (Lna) che ieri a cominciato a muovere verso Sirte, in direzione di Tripoli. Il premier Dbeibah ha ordinato lo smantellamento di quelli che ha definito gruppi armati irregolari.


Auto danneggiate dopo gli scontri a Tripoli: lo spettro di una guerra tra bande camuffate
da milizie affiliate alle istituzioni

L’annuncio è arrivato dopo l’uccisione di al Kikli, conosciuto come Ghaniwa, e la sconfitta del suo gruppo, l’Apparato di Supporto alla Stabilizzazione (Ssa). La presa dei quartieri prima controllati dalla “Rada”, tra cui l’aeroporto di Mitiga e le prigioni controllate da Almasri, segnala una notevole concentrazione di potere nella capitale che ha conosciuto una spartizione della città tra numerosi clan. Fonti di “Avvenire” a Tripoli e a Bengasi hanno confermato che il cessate il fuoco non ha visto sparire le milizie dalle strade. Interi quartieri sono stati danneggiati dai furiosi combattimenti condotti soprattutto adoperando le “tecniche”, i camioncini fuoristrada su cui sono montati mitragliatori pesanti. Il ministero della Difesa libico «ha invitato tutte le parti a rispettare pienamente il cessate il fuoco e ad astenersi da dichiarazioni provocatorie o da qualsiasi movimento sul campo che possa riaccendere le tensioni». Nella dichiarazione si sottolinea che la «risposta ai recenti sviluppi rientra nel loro dovere nazionale, volto a mantenere l’ordine pubblico e a impedire qualsiasi sfruttamento della situazione per perseguire programmi in conflitto con il cammino dello Stato e delle sue legittime istituzioni». Il generale Almasri, acclamato al momento del rimpatrio dall’Italia che gli ha permesso di sfuggire alla Corte penale internazionale, è considerato ora l’obiettivo numero uno. Lo scioglimento della sua “polizia giudiziaria” ha permesso di riaprire alcune delle prigioni dove erano detenuti criminali comuni, giornalisti, attivisti, oppositori.

Nessuno dei migranti è però stato liberato. Contro Almasri, che ieri ha ricevuto un “avviso di garanzia” dalla procura di Tripoli, è stata aperta in queste ore un’inchiesta per abusi e crimini nella gestione delle carceri. Quei reati per cui è ricercato in campo internazionale ma su cui a Roma si è preferito chiudere un occhio per rimandare il generale a Tripoli. Scoprendo ora che si tratta di un nemico del governo centrale e che proprio per ordine del premier Dbeibah, interessato a restare al potere e continuare a rimandare le elezioni, ora potrebbe essere arrestato. A meno che si decida a togliersi la divisa, farsi assumere dal ministero dell’Interno e rinunciare alle ambizioni politico-militari. «Almasri non ha molte alternative: verrà ucciso come Bija oppure dovrà stare al guinzaglio - spiega una fonte dell’apparato statale libico -. Conosce troppe cose, e senza più la sua milizia a proteggerlo, la minaccia di “parlare” suonerà per lui come una condanna».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: