La storia di Umberto, colpito per errore, morto a 23 anni

Finita l'agonia del giovane calciatore: il bersaglio del killer non era lui bensì l'amico con cui era in auto e che aveva diffuso un video intimo dell'ex fidanzata. A sparare ai Quartieri Spagnoli il padre della ragazza
November 18, 2025
La storia di Umberto, colpito per errore, morto a 23 anni
La sparatoria in cui è rimasto ferito Umberto, morto dopo due mesi di agonia il 17 novembre 2025 / ANSA
Avrà ventitré anni per sempre Umberto. Il cuore di questo giovane calciatore ha smesso di battere nelle prime ore del mattino di lunedì scorso. La sua agonia è durata due mesi. Fu colpito “per errore” dicono le cronache. L’assassino, infatti, un boss dei Quartieri Spagnoli, non aveva intenzione di uccidere lui ma l’amico con cui stava in macchina la notte del 15 settembre. Era infuriato il boss. Sua figlia era stata data in pasto ai guardoni dall’ex fidanzato, il quale aveva ripreso le scene delle loro intimità. Per vendetta, sembra. Non è la prima volta che queste orribili cose accadono. E così, da telefonino in telefonino, i filmati avevano fatto il giro di amici e conoscenti. Vigliacchi. Nessuna legge basterà mai per mettere al riparo gli ingenui e le ingenue e non farli finire nella gogna tritatutto. Occorre invocare solo un pizzico di buon senso, e formare i ragazzi a farne uso.
Nessuno può sapere con certezza chi è, e che intenzioni ha, colui che dice di amarti. Meglio andarci piano. La fiducia negli altri deve crescere lentamente. Prima di mettere nelle mani altrui i momenti più preziosi della propria intimità occorre pensarci sopra mille volte. Il vigliacco ha colpito in pieno. Il suo obiettivo è stato raggiunto. La ragazza, adesso, teme e trema. Se suo padre vedrà quella roba andrà su tutte e furie. Lei conosce bene il carattere irascibile e violento del genitore, il suo ex ragazzo, evidentemente, no. Ed ecco che accade. Il video incriminato viene visto in famiglia. La reazione non si fa attendere. Chi ha sbagliato deve pagare, possibilmente con la vita. L’onta della vergogna, in certi ambienti, va lavata con il sangue. Altri ragionamenti non sono ammessi. La strada della legge? Nemmeno viene presa in considerazione. La giustizia è lenta, pigra, troppo misericordiosa. No, la strada migliore da imboccare è quella che ha pensato lui. E corre alla ricerca del reo, portandosi dietro il figlio minorenne. Lo trova. Il suo cervello si spegne. Gli occhi gli si annebbiano. Il rancore prende il sopravvento. Spara. Pessimo tiratore, sbaglia il bersaglio.
A finire sotto i colpi della sua maledetta arma da fuoco non è la vittima designata ma l’amico che, quella notte, è con lui in macchina. Non è morto, è solamente ferito. Presto, fate presto, bisogna salvargli la vita, ha solo 23 anni. Quartiere Pignasecca, Ospedale dei Pellegrini, lo stesso che tante altre volte fu vandalizzato dai parenti di chi purtroppo non ce l’aveva fatta. Ricovero urgente. Rianimazione. Due mesi di agonia. Otto settimane in cui alla speranza fa seguito la disperazione e viceversa. Sessantadue interminabili giorni e notti di attesa, veglie, preghiere, maledizioni, lacrime. Lunedì mattina, Umberto, è morto. Fine di una vita. Non una sola, i cuori stanno a grappoli.  ni
Dramma nel dramma. Da dove cominciare? A chi assegnare il premio dell’incoscienza? Al boss che spara all’impazzata e uccide un innocente?  O al vigliacco che per umiliare la sua ex, getta sé stesso e lei in pasto ai guardoni? Questa storia, scellerata e triste, ha provocato solo distruzione, vergogna, dolore, morte. Da questa vicenda escono tutti sconfitti. Sconfitto il ragazzo, sconfitto il boss armato di pistola, sconfitto il povero Umberto che con questa vicenda non c’ entrava niente. Ancora sangue innocente sulle strade di Napoli. Ancora la maledetta convinzione di qualcuno di risolvere i problemi con le armi. Ancora un altro giovane morto perché, a sentire certa gente, “si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato”. No, signori, chi ha sbagliato tutto non è Umberto ma il suo amico. I momenti intimi anche se ripresi da una videocamera – meglio sarebbe non permettere a nessuno di farlo – qualsiasi sia l’evoluzione della coppia, devono restare intimi, segreti, chiusi in una cassaforte. Una legge punisce chi non si attiene a questa elementare, civile regola del buon senso. A sbagliare ha continuato il genitore della ragazza offesa. Certo, i colpevoli pagheranno davanti alla legge, la giustizia farà il suo corso. Ma la vita a Umberto non gliela ridarà più nessuno. Nei giorni scorsi, visitando una scuola di Caserta, ho voluto lasciare ai giovani studenti questa frase: «Tutto ciò che prendo per me e non mi spetta lo sto rubando a te». Tutto. Da una cosa di poco valore, al bene più prezioso che abbiamo ricevuto dal buon Dio: l’incommensurabile dono della vita. 
 

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