La riforma Bernini divide il mondo accademico: quali sono i dubbi dei docenti

Reclutamento e valutazione dei docenti sono al centro di un documento che evidenzia diverse criticità, dall'autocertificazione dei candidati al nodo della formazione delle commissioni
September 8, 2025
La riforma Bernini divide il mondo accademico: quali sono i dubbi dei docenti
ImagoEconomica |
Divide il mondo universitario il disegno di legge sul reclutamento e la valutazione dei docenti presentato dalla ministra Anna Maria Bernini, che avanza a passi rapidi all’esame del Senato. Il provvedimento nasce con l’intento di superare l’Abilitazione Scientifica Nazionale, ritenuta inefficace, e di responsabilizzare maggiormente le singole sedi. Tuttavia, le associazioni di Area 10 e 11, ovvero l’intera componente umanistica degli atenei italiani, rilevano forti criticità e chiedono una revisione del testo.
Anzitutto, segnalano in un documento i due coordinatori, Mario Tulli e Adriano Fabris, il percorso che ha portato a questa proposta non ha coinvolto adeguatamente le comunità accademiche e disciplinari, rischiando di imporre un cambiamento radicale senza un vero dibattito. Inoltre, il superamento della procedura centralizzata per conferire il placet all’insegnamento non viene accompagnato da sufficienti garanzie per evitare il pericolo di accentuare la frammentazione locale e di minare la coesione del sistema universitario.
Il documento sottolinea diversi problemi pratici e di regole. I criteri richiesti ai candidati non sono spiegati con chiarezza né viene indicato chi dovrebbe controllarli davvero. Si punta a usare una classificazione molto dettagliata delle discipline (i cosiddetti “Settori”), ma questo entra in conflitto con norme più recenti che preferiscono raggruppamenti più ampi (i “Gruppi”), più adatti a gestire concorsi in maniera equilibrata. Le commissioni che dovrebbero scegliere i nuovi professori hanno una composizione poco chiara, e questo rischia di favorire scelte dettate da interessi locali, penalizzando le discipline con pochi docenti disponibili. Inoltre, non è ben definito il rapporto tra le decisioni delle commissioni e i giudizi dei Dipartimenti, creando possibili contraddizioni.
Infine, la valutazione dei docenti dopo l’assunzione è formulata in modo ambiguo: potrebbe portare a penalizzare alcune università senza che queste abbiano reali strumenti di controllo, alimentando disuguaglianze invece di garantire trasparenza e merito. E un ulteriore nodo riguarda la mobilità: la prospettiva di una “portabilità” del ruolo rischia di impoverire le sedi periferiche, soprattutto nel Mezzogiorno, a favore di quelle più grandi del Nord.
«Ci sono soprattutto due criticità di fondo nel ddl, che ci auguriamo vengano risolte nell’interesse di tutti – spiega Fabris, professore di Filosofia morale all’Università di Pisa –. Il primo rischio è che, senza una preliminare valutazione nazionale, ma solo attraverso l’autocertificazione dei candidati, venga meno l'apprezzamento qualitativo della loro attività scientifica. Il secondo è che, senza una chiara definizione dei modi in cui sono formate, le commissioni di concorso finiscano con non premiare chi è davvero meritevole».
Le associazioni chiedono pertanto una rielaborazione del disegno di legge, un più ampio coinvolgimento delle comunità scientifiche e la creazione di un Osservatorio che monitori in via sperimentale gli effetti della normativa, consentendo eventuali correttivi o cambiamenti più radicali.

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