La relatrice speciale dell'Onu: «Gli Stati proteggano le donne»

Reem Alsalem ha presentato all'Assemblea delle Nazioni Unite il primo report sulla maternità surrogata. «I diritti sono a rischio. Dovunque c'è la tendenza a mercificare, sessualizzare e pornificare le ragazze. Il mio focus sulla Gestazione per altri? È sempre violenza»
November 16, 2025
La relatrice speciale dell'Onu: «Gli Stati proteggano le donne»
La relatrice speciale dell'Onu, Reem Alsalem / Epa
Un grave deterioramento dei diritti delle donne a livello globale, con alcune situazioni inaccettabili come l’apartheid di genere in Afghanistan. «E se il mondo lo tollera, allora è un invito agli altri Paesi a fare altrettanto». Reem Alsalem dal 2021 è la Relatrice speciale dell’Onu sulla violenza alle donne e alle ragazze. Nel suo ruolo – che scadrà a metà 2027 - raccoglie evidenze, documenta le situazioni a rischio in tutto il mondo e indirizza le politiche dei governi. Accetta di parlare con Avvenire alla vigilia del suo arrivo in Italia per intervenire a un incontro sul femminicidio in occasione della Giornata per l’abolizione della violenza sulle donne del 25 novembre e un mese dopo aver presentato all’Assemblea dell’Onu il primo report sulla maternità surrogata.
Signora Alsalem, davvero la condizione delle donne sta peggiorando?
Sì, penso che nel complesso il rispetto per i diritti delle donne e delle ragazze stia subendo un colpo molto serio. Lo vediamo ovunque: nei Paesi colpiti da crisi e guerre ma anche nei Paesi in pace. L'oppressione attuata dal regime dei taleban in Afghanistan negli ultimi quattro anni è un'indicazione di una nuova soglia di inaccettabile deterioramento dei diritti delle donne. E ogni volta che un governo stabilisce uno standard come questo, diventa un precedente: se il mondo lo tollera, è un invito per altri a fare lo stesso. Penso anche che ciò che è accaduto alle donne palestinesi a Gaza sia un cupo segnale, perché se permettiamo che migliaia di donne vengano massacrate, uccise e affamate solo perché appartengono a un certo gruppo e sono donne, allora stiamo dicendo che questa è la nuova normalità. Ed è terribile. Ciò che sta accadendo in Sudan oggi è quasi una copia di ciò che è accaduto a Gaza. È lo stesso modus operandi.
È accaduto anche a tante donne israeliane. Ma torniamo ai Paesi che non vivono situazioni di guerra.
Dovunque c’è una spinta a mercificare, sessualizzare, pornificare le donne e le ragazze e le loro capacità riproduttive, anche attraverso la maternità surrogata.
A proposito, il 10 ottobre lei ha presentato all’Assemblea dell’Onu il suo report “Le diverse manifestazioni di violenza contro le donne e le ragazze nel contesto della maternità surrogata” in cui stabilisce che la Gestazione per altri (Gpa) è sempre violenza, anche se praticata nella sua forma “altruistica”. Ciò è stato fortemente contestato.
La distinzione tra Gpa altruistica e commerciale è artificiale, perché la maggior parte delle maternità surrogate altruistiche prevede un rimborso. Quindi c’è una finzione di altruismo. Nel mio report riconosco che ci sono donne che stipulano accordi di surrogazione per aiutare amici o familiari a creare una famiglia. Ma anche questi casi spesso diventano problematici, perché producono coercizione psicologica e pressione. Le cose su cui le parti si accordano cambiano nel tempo: alla madri surrogate, ad esempio, viene promesso che il rapporto con il bambino continuerà nel tempo, ma poi spesso viene loro impedito di vederlo. Il bambino non viene informato che questa donna è la madre. Anche se una surrogata inizia come altruistica, insomma, il modus operandi è lo stesso di quella commerciale.
In diversi Paesi europei, tra cui Irlanda, Grecia, Portogallo, la Gpa altruistica è legale, ma i committenti vanno comunque all’estero. Perché?
I Paesi che fingono di legalizzare o regolamentare la surrogata e di consentire la forma altruistica stanno solo esportando il problema o chiudendo un occhio sulle sue oscure realtà e sugli aspetti dannosi. Il fatto è che non si trovano molte donne che accettano una surrogazione altruistica: la maggior parte lo fa perché impoverita, povera, emarginata, sfruttata. Potrebbe essere vittima di tratta. Potrebbe provenire da situazioni di crisi. Quindi, la Gpa sopravvive o prospera come industria perché sfrutta questo disequilibrio di potere, status e risorse. I Paesi che consentono la surrogata altruistica sanno che i connazionali vanno all’esterno, dove la pratica è più economica o c’è meno supervisione. È davvero una situazione di domanda e offerta: i committenti fanno una selezione delle varie opzioni, come se comprassero una vacanza o un oggetto su Amazon. Si mercificano i bambini e gli esseri umani, e la capacità riproduttiva delle donne.
Perché non è possibile raggiungere una visione condivisa sulla surrogata?
Perché gli Stati non stanno parlando tra loro. Questo mi ha davvero sorpreso: negli ultimi anni la Gpa è cresciuta tantissimo, c’è una chiara spinta globale per normalizzarla e legalizzarla. Ma non esiste un forum o una piattaforma intergovernativa che riunisca i Paesi per discuterne, sebbene sia abbia molti aspetti transfrontalieri. La mancanza di armonizzazione e le politiche diseguali consentono all’abuso e allo sfruttamento di prosperare, perché i “clienti”, per così dire, i genitori committenti, approfittano delle scappatoie possibili nei diversi Paesi. Nel mio report dico che la maggior parte dei Paesi in realtà è silente. Le loro politiche, le loro leggi tacciono in merito, e ciò permette che la Gpa accada, perché non si può punire o affrontare qualcosa su cui si tace, che non si definisce, di cui non si parla.
Sappiamo che il business della Gpa è molto vasto e potente. Durante i tuoi studi ha percepito pressioni?
Non su di me, no. Ho incontrato rappresentanti delle cliniche, esperti favorevoli alla Gpa e un certo numero di medici. È stato molto interessante vedere che non riuscivano a pensare oltre le implicazioni mediche. Non riuscivano cioè a comprendere che dietro la Gpa c’è una grande questione di diritti umani.
Quali informazioni ha raccolto sui flussi del turismo riproduttivo?
Sappiamo che c'è una costante ricerca di nuove destinazioni per la Gpa. È risaputo che il flusso che fino a tre anni fa coinvolgeva l’Ucraina si è spostato in Georgia. Una cosa che ha attirato la mia attenzione è che è aumentato il flusso verso l’America Latina, in particolare Messico e Colombia, dove c’è più offerta e meno costi. Monitoriamo anche la Nigeria, dove sappiamo della scoperta di diverse baby factories, fabbriche di bambini, dove le donne venivano tenute in condizioni disumane, simili alla schiavitù. Ma di questo si parla poco: la narrativa abbellisce e glorifica la surrogata, nascondendone i veri costi e le conseguenze.
Nel suo rapporto chiede un divieto internazionale di Gpa, su modello italiano. Questo passaggio è stato criticato perché, si dice, i relatori speciali dell’Onu non hanno il potere di imporre leggi agli Stati. Come risponde?
Sì, è vero, non abbiamo il potere di imporre alcunché. Tuttavia, le nostre raccomandazioni e i nostri report hanno un carattere di autorevolezza, perché abbiamo un mandato del Consiglio per i Diritti Umani per esaminare questioni specifiche. E siamo scelti in virtù della nostra esperienza. Il punto, però, è che mi piacerebbe che le società, i Paesi e i governi considerassero i fatti e le prove che sono stati forniti in questo rapporto. E che esso si basa su informazioni fornite da tutte le parti interessate e che mette al centro le voci di coloro che sono stati colpiti dalla Gpa, quindi principalmente le madri surrogate. Questo rapporto è il primo a parlare in modo esauriente della situazione delle madri e dei bambini nell’industria della Gpa. La mia richiesta agli Stati è di studiarlo e di considerarlo un contributo alle loro riflessioni politiche.
Nel suo ruolo avrà studiato e testimoniato situazioni terribili. Non si sente impotente di fronte alla violazione dei diritti delle donne che accadono ovunque nel mondo, anche in Italia, dove si registra un femminicidio ogni tre giorni?
No, non posso sentirmi impotente, perché le donne stanno resistendo, lottando, affermando i loro diritti a costi più alti dei miei. Conosco molte donne difensore dei diritti umani che hanno affrontato rischi molto seri ovunque; alcune hanno perso il lavoro, altre sono state citate in giudizio, diffamate nei media, attaccate individualmente. In alcuni Paesi sono state uccise o detenute arbitrariamente. Quindi, finché le donne continuano a lottare, chi sono io per arrendermi? Non posso sentirmi impotente anche perché il mio dovere di relatrice speciale è proprio quello di portare all'attenzione degli Stati e di altri attori non statali i problemi nelle loro prestazioni, nella loro aderenza agli obblighi sul trattamento delle donne e delle ragazze. Ci sono standard internazionali, regionali e nazionali sui diritti umani, che stabiliscono l'obbligo di garantire l'uguaglianza tra uomini e donne, di dare potere alle donne per garantire che raggiungano l'uguaglianza, che la loro dignità sia rispettata, che non siano sottoposte a violenza. Quanto al femminicidio, è il crimine più grave contro le donne e le ragazze: esprime l’egemonia e la presunta supremazia maschile per sottomettere le donne e per punire quelle che non vogliono essere sottomesse. Sfortunatamente, sempre più Stati non stanno impegnando risorse sufficienti per porre fine a tutte le forme di violenza contro le donne e all'impunità, per garantire che le sopravvissute alla violenza ricevano l'assistenza e la protezione necessarie per ricostruire le loro vite. Tutto ciò richiede non solo leggi, ma anche risorse e volontà politica. Questo mi preoccupa: penso che specialmente con le misure di austerità che si vedono in tutto il mondo, un certo numero di governi, mentre reindirizza il denaro alle imprese, alla militarizzazione, alle guerre, sia sempre meno interessato a sostenere i gruppi vulnerabili, comprese le donne vittime di violenza.

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