I sei militari indagati andranno a processo per il naufragio di Cutro
Lo ha deciso il gup del tribunale di Crotone. Sono 2 membri della Guardia costiera e 4 della Gdf, che per l'accusa furono "negligenti". L'irritazione dei ministri Giorgetti e Salvini: un

«Tutti rinviati a giudizio». Alle sette di sera, è uno degli avvocati delle parti civili, uscendo dall’aula del Tribunale, a scandire ad alta voce l’esito finale dell’ultima udienza preliminare, iniziata alle undici del mattino. Davanti all’ingresso in vetro e cemento del Palazzo di Giustizia crotonese, arrivano alla spicciolata altri avvocati, qualcuno già col trolley in mano, pronti a riprendere il volo verso Roma, Torino o Milano, lontano da questo caldo lembo di Calabria dove dovranno tornare comunque il prossimo 14 gennaio, quando inizierà il processo di primo grado che dovrà accertare le eventuali responsabilità di sei militari italiani per il tragico affondamento del caicco Summer Love a Steccato di Cutro, nella notte del 26 febbraio 2023, quando persero la vita 94 migranti, compresi 35 minori. Una dolorosa distesa di bare, molte bianche, che commosse il Paese e davanti alle quali una folla di familiari delle vittime e di cittadini chiese al presidente della Repubblica Sergio Mattarella «giustizia e verità». Ora sarà un ulteriore processo (dopo quelli che hanno condannato mezza dozzina di presunti scafisti dell’imbarcazione) a cercare di esaudire quella richiesta. Lo ha stabilito la giudice per l’udienza preliminare Elisa Marchetto, accogliendo la richiesta avanzata dal pubblico ministero Pasquale Festa e decretando il rinvio a giudizio di quattro appartenenti alla Guardia di finanza e altri due della Guardia costiera, con i capi di imputazione di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione, nella notte della tragedia, del Piano per la ricerca ed il salvataggio in mare, il cosiddetto “Sar” (dall’acronimo anglosassone Search and Rescue).
I sei militari che andranno alla sbarra come imputati
Dunque, il Gup ha deciso il rinvio a giudizio per 4 appartenenti alla Gdf e per due guardacoste. I finanzieri sono Giuseppe Grillo, 56 anni, all’epoca capo turno della sala operativa del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia; il comandante delo Roan Alberto Lippolis , 50 anni; il 51enne Antonino Lopresti, ufficiale in comando tattico; e il 52enne Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Gli appartenenti alla Guardia costiera sono invece la 40enne Francesca Perfido, ufficiale di ispezione in servizio a Roma; e il 51enne Nicola Nania, quella notte di turno nel Comando regionale della Capitaneria di porto di Reggio Calabria. Nella sua requisitoria per l’accusa, il pm Festa ha provato a ricostruire la presunta sequela di sottovalutazioni che, a suo parere, anche a causa di un carente scambio di informazioni tra Guardia di finanza e Guardia costiera, contribuì a determinare la situazione. Secondo l’accusa, non vennero seguite le «regole di ingaggio» (determinate dal regolamento e da un accordo tecnico operativo del 2005) e nell’attuazione delle procedure previste vi sarebbero state «gravi negligenze».
La difesa di Giorgetti, l’ira di Salvini: «Vergogna»
Non appena la decisione del Gup crotonese rimbalza nelle agenzie di stampa e nei siti di notizie, nei Palazzi della politica nazionale i sentimenti sono contrastanti. Per il centrodestra parlano i due ministri da cui dipendono funzionalmente i corpi dei militari imputati. «Una sola parola: vergogna. Processare sei militari, che ogni giorno rischiano la vita per salvare altre vite. Vergogna», tuona sui social il ministro dei Trasporti e vicepremier leghista Matteo Salvini, già irritato da giorni nei confronti della magistratura dopo la decisione della procura di Palermo di fare ricorso in appello contro la sentenza della sua assoluzione nel processo Open Arms. Meno affilato il commento del titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, anche lui esponente del Carroccio: «Esprimo piena solidarietà ai militari delle fiamme gialle e della guardia costiera rinviati a giudizio per il naufragio di Cutro - fa sapere -, nella convinzione che tutto sarà chiarito e riusciranno a dimostrare la loro innocenza». Dall’opposizione, è la deputata del Pd Laura Boldrini, che presiede il Comitato permanente della Camera sui diritti umani e che fu tra i primi ad accorrere a Crotone dopo il naufragio, ad auspicare «che il processo stabilisca la verità giudiziaria su quanto accadde» in una tragedia «emblematica» in fase di «effetti deleteri di una politica e di una narrazione anti migranti».
I legali di vittime e parti civili: sarà un processo combattuto
Il dibattimento, oltre ai legali dei parenti delle vittime e dei sopravvissuti, vedrà la partecipazioni di ben 88 parti civili (su 113 richieste), ammesse dal Gup durante le fasi dell’udienza preliminare. Per gli avvocati Marco Bona, Enrico Calabrese e Stefano Bertone, che difendono una quarantina di familiari degli annegati (altri parenti non sono riusciti ad arrivare in Italia per mancanza dei visti), «sarà un processo molto combattuto, perché si tratta di accertare delle responsabilità individuali - dicono ad Avvenire - in un contesto che vede comunque una forte responsabiltà di sistema». Per Francesca Cancellaro, che rappresenta le ong Emergency, Sea Watch, Louise Michel, SOS Mediterranee, «la cui presenza è stata motivata proprio dalla necessità di porre una prospettiva» rispetto ai salvataggi - argomenta -, perché «proprio la dinamica tra l’attività di polizia, o di law enforcement, e quella di ricerca e soccorso è uno degli elementi portanti di questo processo». La pensa così pure Cristina Laura Cecchini, avvocato di Sos Humanity, soddisfatta perché «questo rinvio a giudizio approfondirà le responsabilità. Noi crediamo che la presenza delle ong in giudizio sia fondamentale per far sì che vengano in luce i doveri di soccorso che tutti i giorni vengono violati nel Mediterraneo».
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