È nato il centrosinistra a traino Pd-5s. Ma qual è il prezzo dell’unità?

Candidato comune in 6 Regioni ma il costo è alto: Schlein abbandona la sua lotta ai «cacicchi», Conte rinuncia alle ultime battaglie identitarie. Alle estreme margini di crescita per Avs e I
September 7, 2025
È nato il centrosinistra a traino Pd-5s. Ma qual è il prezzo dell’unità?
Stefano Carofei / fotogramma.it |
Concluse le lotte intestine sul fronte pugliese, il centrosinistra si avvia verso l’imminente tornata d’autunno con una certezza non scontata alla vigilia: l’ossatura di un’alternativa nazionale al governo di centrodestra c’è e il processo di selezione dei candidati per le prossime regionali ne ha disegnato plasticamente i confini. L’asse dominante resta il sodalizio Pd-M5s, con i due “braccetti”, Avs e Italia viva, a bilanciare la traiettoria della coalizione (in un senso e in quello opposto). Fuori dai giochi, ormai definitivamente, Azione di Carlo Calenda, blandita da Forza Italia ma, almeno per il momento, decisa a fare squadra da sola.
Ciò detto, l’unità ha un prezzo ed Elly Schlein ha scelto di pagarlo nonostante i proclami di inizio mandato. I «cacicchi» che la segretaria avrebbe voluto scacciare sono ancora lì e il patto con Vincenzo De Luca dimostra che hanno ancora un peso specifico tutt’altro che trascurabile. L’accordo per consegnare al figlio Piero la segreteria regionale del Pd resta un elemento di debolezza rispetto alle intenzioni dichiarate della leader dem e la scelta di Roberto Fico, come è noto, ha già scatenato le ire dell’ala riformista. In questo senso le invettive di Pina Picierno sulla «gestione oligarchica del partito» sono solo la punta dell’iceberg di un malcontento che cova tra i moderati del partito.
In Puglia, ora che Antonio De Caro ha accettato di candidarsi nonostante la corsa di Nichi Vendola, bisognerà capire come reagirà Michele Emiliano, altro «capobastone» nel mirino di Schlein. È vero, ufficialmente si è fatto da parte, ma potrebbe ripensarci, visto che il fondatore di Sel non ha rinunciato e ora, secondo alcune ricostruzioni di stampa, si sente «tradito». Oltretutto, anche in questo caso, è difficile pensare che il governatore uscente non abbia ottenuto nulla in cambio del suo ritiro: in molti ipotizzano che la contropartita sia stata la promessa di un posto sicuro alle prossime politiche oppure un incarico nazionale. In entrambi i casi ci sarà di certo qualcuno pronto a rinfacciarlo al Nazareno.
A pagare un prezzo per l’unità sono stati anche i 5 stelle, i cui vertici potrebbero avere problemi simili a quelli di Schlein. Come, per esempio, spiegare ai propri elettori che dopo anni di opposizione a Eugenio Giani, ora dovranno sostenerlo. Ma anche aver piazzato Fico in Campania costringe il Movimento locale a scendere a patti con De Luca. E non deve essere facile visti i numerosi motivi di attrito tra il governatore uscente e i pentastellati. E che dire dell’appoggio a Matteo Ricci (indagato) nella Marche? Giuseppe Conte ha voluto attendere l’interrogatorio del sindaco di Pesaro prima di dare il via libera, sostenendo che le carte non evidenziano motivi per fermare la sua corsa. Ma non è un caso che l’ex premier non si sia ancora fatto vedere in regione a sostegno di Ricci, anche se è in programma un uscita pubblica dei due per domani.
A ben guardare chi ci guadagna di più sono proprio Avs e Italia viva. Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno già manifestato la propria irritazione per una selezione dei candidati che di fatto ha escluso la loro lista. Specie in Calabria, dove avevano provato a piazzare Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano, ma Tridico è parso a tutti un nome più convincente. Poco male, però, perché Avs ha tenuto botta su Vendola, strappando la promessa di un maggior coinvolgimento per le prossime amministrative. E resta comunque un alleato in salute (e in crescita a giudicare dalle ultime tornate), parte integrante della futura compagine chiamata a sfidare il centrodestra nel 2027.
Matteo Renzi invece ha ragionato con realismo: «Allearsi con la sinistra più lontana da noi significa stare in coalizione con persone che su molte cose la pensano diversamente» ma queste «sono le regole del bipolarismo purtroppo». Il ragionamento può essere o meno condivisibile, di fatto, però, Italia viva resta l’unica forza riformista della coalizione, può avanzare qualche pretesa in vista delle politiche e non deve più dividere il posto con Azione. A conti fatti è un buon risultato tattico. Restano le contraddizioni programmatiche, che nel centrodestra pure ci sono ma sono “ovattate” da un lungo tempo di convivenza più o meno stabile.

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