Due sentenze sull'urbanistica a Milano dicono una l'opposto dell'altra

La Cassazione sul Parco delle Cave: per costruire serve un piano particolareggiato, l'interesse pubblico conta. Il Tar su Via Razza: no, bastano permessi ordinari. I riflessi sulla maxi-inchie
July 24, 2025
Due sentenze sull'urbanistica a Milano dicono una l'opposto dell'altra
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Due sentenze, una della Cassazione e una del Tar della Lombardia, di orientamento opposto, che danno ragione l’una - la Cassazione -, e che potrebbero invece mettere i bastoni tra le ruote - quella del Tar - all’inchiesta della procura milanese sull’urbanistica. A testimonianza di quanto la materia sia complessa e suscettibile di interpretazioni divergenti.
La Terza sezione della Cassazione si era già pronunciata confermando il sequestro del cantiere del Parco delle Cave (uno dei progetti sotto indagine), bloccato nel luglio 2024. Otto gli indagati per abuso edilizio, lottizzazione abusiva, false attestazioni: tra loro Paolo Mazzoleni, attuale assessore all'Urbanistica di Torino, coinvolto in più inchieste, e progettista della Lake Park, società proprietaria dell'area, e Rossella Bollini, titolare della stessa società, e vari dirigenti comunali. Il cantiere, sequestrato un anno fa, è uno dei primi ad aver lasciato senza casa chi aveva i firmato preliminari d’acquisto (oggi il comitato famiglie sospese stima circa 4.500 persone colpite dal blocco dell’urbanistica, per circa 170 progetti). Ieri sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha confermato il sequestro delle tre torri di 9, 13 e 10 piani in zona Baggio, affacciate sul laghetto dell’ex Cava Cabassi. Si dice che «non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori» a determinati limiti, «se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata ». E va tenuto conto anche «un interesse pubblico all’organizzazione del territorio». Viene precisato che «è la consistenza dell’intervento edificatorio, con il suo impatto sul territorio, a spiegare la necessità di una pianificazione nei termini scelti insindacabilmente dal legislatore».
Di orientamento esattamente opposto invece la sentenza del Tar della Lombardia, sul palazzo di via Razza a Milano, oggetto del ricorso di alcuni condomini. Costruzione che, pur non essendo al centro delle indagini della procura, è alta più di 25 metri, è stata costruita senza il piano attuativo, a poca distanza da un altro immobile residenziale, e che sembra avere insomma tutti i requisiti degli edifici finiti sotto indagine. Il Tar ha respinto invece il ricorso dei residenti e ha dato ragione al Comune con la motivazione che: «I piani attuativi non sono sempre obbligatori. I Comuni possono approvare progetti, come i grattacieli delle inchieste milanesi, senza utilizzare questi strumenti di pianificazione urbanistica, ma facendo ricorso a permessi ordinari, se ci sono alcune condizioni». Il Tar richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’obbligo dei piani è escluso «in presenza di una zona già completamente urbanizzata». L’area interessata dal progetto (a ridosso della stazione Centrale di Milano) ha già una sua conformazione urbanistica e, quindi, secondo i giudici amministrativi per un intervento del genere il piano non è necessario. Per il Tar «al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione». Solo decisioni manifestamente illogiche possono, quindi, essere contestate.
Che l’iter giudiziario delle inchieste sull’urbanistica sia complesso lo si sapeva, e se ne è avuta una conferma anche mercoledì a Palazzo di giustizia durante le dodici ore e mezza di interrogatori. Dalle nove e mezza del mattino alle dieci di sera (senz’aria condizionata), all’ultimo piano, nell’ufficio del gip Mattia Fiorentini che, ha spiegato il presidente del Tribunale Fabio Roia, ora dovrà prendersi un «tempo congruo per decidere» sulle misure cautelari richieste. Le difese infatti hanno dato battaglia contestando gli addebiti e producendo memorie difensive. In una di esse si fa riferimeno a un presunto errore sul «patto di integrità» firmato dai componenti della commissione paesaggio per dare «chiare e incontrovertibili indicazioni» sui «conflitti di interesse». In base a un'informativa del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, l'errore è risultato dopo un’acquisizione di carte. Gli investigatori hanno chiesto lumi quando si sono accorti della differenza tra i documenti consegnati dagli uffici comunali, e firmati effettivamente dai commissari, e l'allegato all'avviso per la selezione dei candidati. Una dirigente comunale avrebbe confermato l’errore. Ieri nel pool di avvocati del fondatore di Coima, Manfredi Catella, è entrata l’avvocata Paola Severino, ex ministra del Governo Monti, che ieri era in procura per un «breve incontro di presentazione» con l’Aggiunta Tiziana Siciliano, a capo del pool di pm titolare delle indagini. Sul fronte politico- amministrativo dell’urbanistica, il sindaco Sala vorrebbe affiancare al neo assessore Anna Scavuzzo, un consulente all'Urbanistica, Federico D'Andrea, ex colonnello dello Guardia di Finanza, fresco di nomina di presidente di Principia, ex Arexpo, la società di rigenerazione urbana proprietaria dell'area.

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