Con le lingue dei segni parlare è per tutti

Oggi si celebra la Giornata internazionale degli idiomi che rendono possibile la comunicazione a milioni di sordi del mondo. E che ancora cercano riconoscimento e attenzione
September 22, 2025
Con le lingue dei segni parlare è per tutti
Siciliani | Le lingue dei segni codificate sono circa 160, più centinaia di varietà regionali
Al posto di suoni che non possono essere uditi segni delle mani, espressioni del viso, movimenti del corpo. È questo l’alfabeto gestuale adoperato da una quota stimata tra il 17 e il 36% dei 70 milioni di sordi a livello mondiale che, per veicolare significati, utilizzano le Lingue dei segni, di cui oggi si celebra la Giornata internazionale. Lingue, sì, perché di idiomi che permettono alle persone sorde di comunicare ne esistono almeno 160 codificati: in ogni Paese la comunità sorda locale si serve del suo, a cui si aggiungono altrettante varianti e “dialetti” regionali nati spontaneamente e spesso poco istituzionalizzati.

Già, perché se per le più note – come l’American sign language (ASL) e la British sign language (BSL), che, nonostante il ceppo anglofono comune dei due Paesi di origine, si distinguono molto fra loro; oppure la Langue des signes française (LSF) che per prima è stata formalizzata dall’abbé de l’Épée nel Settecento – i dizionari sono ben definiti e conosciuti; per altre la mancanza di uno standard scritto e di un’ortografia condivisa lascia spazio alla nascita di innumerevoli versioni d’uso.

Anche per cercare di standardizzare una lingua dei segni all’interno dello stesso Paese, nonché per decretarne il valore salva-vita per milioni di persone, da anni l’Organizzazione delle nazioni unite promuove la Giornata mondiale e il riconoscimento di queste lingue così che possano essere più facilmente insegnate nelle scuole, usate dagli enti pubblici e diffuse dai media.

Nel nostro Paese, per esempio, la Lingua italiana dei segni, in breve Lis, è parlata da circa 40mila persone (ma manca un dato Istat preciso) e dal maggio 2021, dopo anni di battaglie, è stata riconosciuta per legge come metodo di comunicazione ufficiale insieme alla Lingua italiana dei segni tattile (la versione adattata al canale del tocco per la comunicazione delle persone sordo-cieche). Da allora la Lis è considerata anche giuridicamente uno strumento per abbattere ogni barriera di comunicazione tra sordi e udenti e così il finanziamento di progetti che riguardano la comunità sorda e il riconoscimento degli interpreti, con un elenco nazionale e corsi di laurea orientati alla professione, sono stati finalmente meglio definiti.

Questo ha permesso di adoperare la Lis sempre di più in contesti pubblici: in telegiornali (il contratto Rai prevede che almeno un’edizione al giorno debba essere tradotta in Lis), sportelli della pubblica amministrazione dove ancora la situazione è a macchia di leopardo, convegni, processi, ma anche – dall’anno scorso – nel servizio di pronto soccorso 112. Una piccola rivoluzione che permette a tutti di andare a scuola, lavorare e muoversi da soli in ospedali, stazioni e musei.
L’ultima novità in ordine di tempo è quella introdotta dall’Università di Torino che per questo anno accademico ha annunciato un corso tutto dedicato alla Lis: realizzato in collaborazione con l’Istituto dei sordi del capoluogo piemontese, che “presterà” anche un docente madrelingua, l’insegnamento potrà essere scelto dagli iscritti di lingue e letteratura straniera.

Non ovunque però la situazione è così chiara. Secondo il World Federation of the Deaf, oggi sono 81 i Paesi del mondo che hanno un qualche tipo di riconoscimento legale della propria lingua dei segni, mentre il 58 per cento degli Stati membri dell’Onu manca di qualsiasi tutela. Particolarmente avvertita sul tema risulta l’Europa: a giugno l’European Accessibility Act ha obbligato anche il settore privato a mettere in atto strumenti di accessibilità digitale, che in alcuni casi possono concretizzarsi proprio in interpreti o contenuti in Lis, magari realizzati da avatar o chatbot dotati di intelligenza artificiale.

Ancora una volta, però, è la variabilità tra e dentro le Lingue dei segni a rendere meno immediata la sua automazione. Anche se – in uno stesso idioma – il vocabolario è uno e uguale per tutti, ogni persona adopera la Lingua dei segni a suo modo, un po’ come uno quando parla usa la sua voce, che è diversa da quella di tutti gli altri. Queste piccole differenze nella realizzazione dei segni non disturbano la comunicazione tra umani ma confondono le macchine che per essere addestrate a diventare un traduttore automatico Lis di qualità ci mettono un po’.

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