C'erano mariti che postavano le foto delle mogli a loro insaputa

In 32mila erano iscritti alla pagina Facebook che proponeva scatti rubati alle consorti. Il gruppo, rimosso da Meta dopo varie segnalazioni, è già rispuntato.
August 20, 2025
C'erano mariti che postavano le foto delle mogli a loro insaputa
Il nuovo gruppo "Mia moglie 2.0"
Finire su Facebook senza saperlo, per mano della persona che ti è più cara e vicina. E' capitato a diverse mogli, immortalate a loro insaputa dai mariti, che poi hanno postato gli scatti su un gruppo appositamente creato.
La pagina "Mia moglie" - titolo eloquente, corredato da 3 ipocriti cuoricini - è stata però rimossa da Meta dopo le segnalazioni di diversi utenti indignati. Nel gruppo affiorava di tutto: foto di donne in costume da bagno, che cucinano o si rilassano sul divano, scattate di nascosto e condivise senza consenso sulla piazza social. Perlopiù dettagli, pezzi di corpi violati da sguardi infedeli, dati in pasto ai voyeur del Web. Compagne spiate, spogliate dallo smartphone. Ma anche centimetri di pelle di ignare donne sorprese al supermercato. Zuckerberg è stato inflessibile: "Violazione delle policy contro lo sfruttamento sessuale di adulti", questa la motivazione della messa al bando. La polizia postale è andata oltre, segnalando all'autorità giudiziaria centinaia di "signori", soprattutto in Veneto, che postavano, condividevano, commentavano con toni non proprio da lord. Una storia di abusi che emerge proprio nei giorni di un'altra clamorosa violazione della privacy: le immagini privatissime del conduttore Stefano De Martino e della fidanzata, rubate dal sistema di videosorveglianza domestico e finite online. Sintomi preoccupanti di tempi grami, dove il passatempo preferito sembra esser diventato spiare nel buco di una serratura virtuale, di casa propria come di quella altrui.
Il faro sul gruppo "Mia Moglie" - che nel frattempo è già rispuntato, con foto fresche, ed è stato pure emulato prontamente da un beffardo "Mia moglie 2.0" - è stato acceso su Instagram dall'organizzazione no profit "no justice no peace" che da mesi sta portando avanti una campagna che ha per titolo "not all men", dove chiunque può inviare la propria storia di violenza.
"Oltre 32.000 uomini hanno creato un gruppo Facebook dove condividono foto intime delle proprie mogli senza il loro consenso, cercando approvazione e complicità in questa violenza", ha denunciato l'associazione che ha invitato gli utenti a segnalare il gruppo a Meta. Così la pagina è stata rapidamente riempita di commenti di persone indignate per l'inflazione di foto intime al femminile. Tra i tanti, lascia il segno lo sfogo amaro di una donna che ha scoperto l'inganno: "Oggi ho scoperto di essere nel gruppo "Mia moglie", non sapendone assolutamente nulla. Lui si è giustificato dicendo che era soltanto un gioco... Abbiamo 2 figli e 10 anni di matrimonio alle spalle...". Un gioco in cui alla fine perdono tutti, compresi i presunti "macho" da tastiera.
L'associazione "No justice no peace" ha calcato la mano, sottolineando che "questa è una palese forma di abuso, pornografia non consensuale e misoginia sistemica. Chi partecipa a questo scempio è complice di un crimine". Sulla pagina pubblica dei "Mia Moglie" qualche commento ha avvertito i frequentatori - quasi tutti anonimi - di aver fatto denuncia alla Polizia Postale. Ma non sembra che i frequentatori si siano impressionati, visto che l'andazzo è andato e va avanti. Anche il gruppo del Partito democratico nella Commissione Femminicidio e violenza del Parlamento si è associato alla denuncia, chiedendo a Meta di chiudere la pagina:
"È l'ennesima prova di una violenza digitale strutturale che affonda le proprie radici nella stessa cultura patriarcale del dominio, che ha consentito per dieci anni lo stupro di Gisèle Pélicot, a partire proprio da un gruppo online simile a questo", afferma Roberta Mori, portavoce nazionale della Conferenza delle Donne Democratiche.
Dura anche la presa di posizione di Meta. "Non consentiamo contenuti che minacciano o promuovono violenza sessuale, abusi sessuali o sfruttamento sessuale sulle nostre piattaforme - ha affermato un portavoce della società americana nel dare notizia della rimozione del gruppo - Se veniamo a conoscenza di contenuti che incitano o sostengono lo stupro, possiamo disabilitare i gruppi e gli account che li pubblicano e condividere queste informazioni con le forze dell'ordine". Una piccola vittoria, durata fino all'apertura di altre pagine simili. Basta infatti una veloce ricerca per imbattersi in una serie di gruppi che mettono alla berlina le consorti, sbandierando le frustrazioni della vita matrimoniale. Nell'era digitale, anche i panni sporchi si lavano in pubblico.

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