C'è una grande fatica nascosta nelle famiglie italiane
Tagli alle spese per tempo libero e sanità, ansia in aumento, genitori sopraffatti dalla cura di figli e anziani. Il Cisf Family Report 2025 smonta il mito della resilienza

C’è del fuoco sotto la cenere, nelle famiglie italiane. È alimentato da tanti motivi di preoccupazione, non sempre soverchianti, e ai quali magari si dà poco peso, ma che messi insieme arrivano a definire un quadro di fragilità importante, logorando il benessere e la tenuta emotiva, fino a prendere la forma dell’ansia o, nei casi estremi, del disagio psichico. Ci sono ad esempio i timori per la salute personale o di familiari, e le rinunce non solo alle cure, ma ad aspetti apparentemente futili della vita, come il parrucchiere, l’acquisto di mobili nuovi o la spesa per piccoli lavori in casa, le vacanze già programmate, una pizza, il cinema, un corso. Cose per le quali ci si può vergognare nel registrarne la mancanza, ma che comprimendo le libertà di scelta, se circondati dalla solitudine pur vivendo in famiglia, o sopraffatti dal doversi prendere cura sia di figli piccoli sia di genitori non autosufficienti, ecco, arrivano a intaccare un po’ il mito delle famiglie “che resistono” e che “ce la fanno”.
Addio al mito della "resilienza"
La celebrata resilienza, insomma, pur nella forza e nella libertà delle relazioni familiari, oggi «non può più essere data per scontata», come spiega Francesco Belletti, direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia, nel presentare il “Cisf Family Report 2025”, dedicato quest’anno a indagare lo stato di benessere psicologico e relazionale delle persone, e intitolato “Il fragile domani”. Rapporto che si avvale indagini assai eterogenee, spaziando dagli animali domestici, accolti sempre più come figli o fratelli, all’ingresso nelle case italiane dell’intelligenza artificiale, dai conflitti per l’uso dello smartphone, fino ai rituali relazionali della vita domestica contemporanea che resistono, come il dialogo profondo con i figli o i pasti consumati tutti insieme, per ricordarci che la famiglia sì, c’è ancora, ma sta anche silenziosamente chiedendo aiuto.
Le tante economie della rinuncia
La ricerca che Eumetra ha condotto per il Cisf, intervistando un campione di 1.600 persone, è l’indagine più fresca sullo stato di salute del ceto-medio nazionale. E allora, prima di ogni discorso su drenaggi o recuperi fiscali, è utile sapere che nel 2024 le famiglie hanno tagliato molte spese, principalmente quelle per il benessere personale o il tempo libero (nel 32,5% dei casi), per la casa (32,4%), le cure sanitarie (18,5%), o le vacanze già preventivate (16,9%), ma hanno fatto di tutto per non comprimere quelle necessarie alle attività ricreative-educative dei figli (4,1%), oppure non rispettare la rata del mutuo o dell’affitto (il 2,9%, però, ha dovuto cedere). Il discorso è che se da un lato la famiglia continua a fare da filtro ai problemi, dall’altro «la condizione di affaticamento rischia di passare inosservata», argomenta Sara Nanetti, sociologa e co-autrice del report, suggerendo che è venuto il momento di «decostruire il mito della resilienza come virtù obbligatoria». C’è un dato nuovo, oltre la perdita di potere d’acquisto: «Chi si adatta sempre, alla fine si piega – spiega Nanetti – e la vera povertà familiare oggi non è riconducibile alla mancanza di denaro, ma comprende la progressiva erosione delle possibilità di scelta».
Sopraffatti dalla cura degli anziani
Quando si parla di scelte e ruoli familiari, il passo della cura, con la reciproca presa in carico tra generazioni, è un elemento molto forte nella nostra società: una persona su cinque si fa regolarmente carico di un familiare non autosufficiente. Ma l’evoluzione demografica, con genitori sempre più anziani, e nonni di conseguenza meno in condizione di seguire i nipoti, incomincia a stressare l’antica filiera delle relazioni: oggi tra le famiglie che hanno figli, quasi una ogni due (il 43%) cura almeno un anziano, e oltre la metà di queste (il 53%) ammette di sentirsi “sopraffatta” da un onere percepito molto più gravoso rispetto ai soli compiti genitoriali. L’hanno definita infatti la “generazione sandwich”, quella delle persone compresse da due fronti, e vede coinvolte soprattutto le donne, tra i 40 e i 60 anni. Una fragilità, una fatica, ulteriore.

Crescono l'ansia e lo stress
È bene ricordare che non siamo di fronte a un cataclisma, semmai a un logoramento quasi impercettibile ma costante. Che tuttavia può riservare sorprese. La famiglia, infatti, lo ricorda lo psichiatra Giovanni Migliarese, è allo stesso modo un ambito che può favorire il benessere di chi ne fa parte, come diventare fattore di rischio. Dai dati si vede che più di un italiano su tre segnala almeno un problema sanitario, ma a preoccupare è il 62% che dice di essere stato vittima nell’ultimo anno di fenomeni di ansia o stress. Le cause? Problemi di salute (45%), economici (35%), di lavoro (32%), di gestione del tempo (27%), e poi la solitudine (22%). Quattro su dieci hanno pensato di cercare supporto, e chi lo ha fatto contattando un professionista ha parlato di ansia (47%), depressione (39%), stress (37%), problemi relazionali o familiari (31%). La sofferenza c’è, la qualità e l’accesso a un welfare di sostegno possono fare la differenza. Una cosa che emerge è che i giovani cercano più facilmente l’aiuto, gli anziani meno. A preoccupare è questa tensione sotterranea e trasversale, che cova, e in un contesto che racconta di tanta solitudine e isolamento, può detonare.
Cani e gatti come fratelli e sorelle
La demografia resta sullo sfondo della condizione delle famiglie, inevitabile. Se i nonni giovani e accudenti diminuiscono, la famiglia con figlio unico, non più eccezione, è oggi la struttura dominante: il 59% dei nuclei ha un solo figlio, solo il 41% almeno due. Nel bisogno relazionale e nella domanda di legami entrano però gioiosamente gli animali domestici, i “pets” all’inglese, più sostituti di fratelli e sorelle che compagni di single o coppie senza prole, in una misura che forse non avevamo calcolato, presenti nel 60% delle case, ma addirittura nel 71% delle famiglie se ci sono dei figli e nel 75% in quelle dove il genitore è uno solo. «Antropomorfizzati», nota la sociologa Anna Bertoni, amabili, ma senza rischio di contestazioni, né discussioni attese nella fase della crescita. Fanno compagnia e ampliano la famiglia, ma impegnano (e costano) il giusto, allo stesso tempo qualcosa in meno e qualcosa in più.
Più fiducia nella propria famiglia
Come vedono il futuro le famiglie italiane? Qui viene il bello: più della metà è pessimista per le prospettive del mondo e dell’Italia, con il 57% che vede nero, ma quando si pensa alla propria famiglia, tutto cambia, e solo il 19% dice che andrà peggio. Siamo tutti più fragili e spaventati, anche più poveri e stressati, ma a casa, vicino ai nostri affetti, in famiglia, continuiamo a sentirci un po’ più al sicuro e ad avere fiducia. Non è poco.
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