Carolina Capria: «Così ho fatto chiudere la pagina Facebook "Mia moglie"»
La scrittrice e blogger: «Mi ha colpito la sfacciataggine di uomini "normali" che riducono le donne a corpi su una pagina aperta a chiunque. Serve educazione al rispetto e alla sessualit

Quello che l’ha colpita è stata la sfacciataggine. Chiunque, anche un giovanissimo, poteva aprire quella pagina Facebook, e partecipare al “gioco” al massacro delle donne. Così Carolina Capria, scrittrice di letteratura per ragazzi e seguitissima blogger – il suo @lhascrittounafemmina ha decine di migliaia di follower – ha deciso di passare all’azione. È stata lei, con i suoi post, ad alzare il polverone su “Mia moglie”, costringendo di fatto Meta a chiudere la pagina in cui si condividevano foto rubate a compagne, amiche, figlie, invitando gli altri utenti a scrivere commenti. E ora con Avvenire commenta il fenomeno, più ampio, della misoginia via web e della protezione digitale dei più fragili.
Carolina Capria, come è nato il caso “Mia moglie”?
Da una segnalazione di una ragazza. Mi ha contattata su Instagram parlandomi di questa pagina, che esisteva da 7 anni ma che nelle ultime settimane era esplosa, tanto che persino Facebook la evidenziava come interessante e da seguire. Prima l’aveva segnalata a Meta e alla Polizia postale, senza risultati. Sono andata a vedere e ho visto che era una pagina pubblica, quindi aperta a chiunque, non occorreva iscriversi, si poteva visionare tutto. Ho deciso di parlarne sui miei social.
Da una segnalazione di una ragazza. Mi ha contattata su Instagram parlandomi di questa pagina, che esisteva da 7 anni ma che nelle ultime settimane era esplosa, tanto che persino Facebook la evidenziava come interessante e da seguire. Prima l’aveva segnalata a Meta e alla Polizia postale, senza risultati. Sono andata a vedere e ho visto che era una pagina pubblica, quindi aperta a chiunque, non occorreva iscriversi, si poteva visionare tutto. Ho deciso di parlarne sui miei social.
E finalmente è esploso il caso. Cosa l’aveva colpita?
La condivisione non consensuale di materiale intimo sui social è un fenomeno enorme e contagioso. Spesso le foto finiscono in pagine che richiedono l’iscrizione. Quello che mi ha colpito di “Mia moglie” è stato proprio che fosse una pagina pubblica e quindi aperta a chiunque. Questa sfacciataggine mi ha turbata. C’era del torbido in quella pagina, non solo per le foto, che comunque erano esplicative, ma soprattutto per i commenti. Si ribadiva che le persone venivano fotografate a loro insaputa, di nascosto. Ne ho parlato sui miei social, ma non mi aspettavo l’effetto valanga che si è prodotto.
La condivisione non consensuale di materiale intimo sui social è un fenomeno enorme e contagioso. Spesso le foto finiscono in pagine che richiedono l’iscrizione. Quello che mi ha colpito di “Mia moglie” è stato proprio che fosse una pagina pubblica e quindi aperta a chiunque. Questa sfacciataggine mi ha turbata. C’era del torbido in quella pagina, non solo per le foto, che comunque erano esplicative, ma soprattutto per i commenti. Si ribadiva che le persone venivano fotografate a loro insaputa, di nascosto. Ne ho parlato sui miei social, ma non mi aspettavo l’effetto valanga che si è prodotto.
È significativo che il caso sia emerso grazie ai suoi social e non alle segnalazioni alla Polizia postale. Perché è così difficile mettere ordine sul web?
Le leggi ci sono, ma non vengono né rispettate né fatte rispettare. Il fatto è che sui social si ha una sensazione di impunità, di poter dire e fare qualsiasi cosa, anche offendere e minacciare, senza averne la responsabilità.
Le leggi ci sono, ma non vengono né rispettate né fatte rispettare. Il fatto è che sui social si ha una sensazione di impunità, di poter dire e fare qualsiasi cosa, anche offendere e minacciare, senza averne la responsabilità.
Dopo “Mia moglie” sono entrati nel mirino i siti sessisti. Coloro che commentano le foto di donne delle politica o di altre categorie non si rendono conto del disvalore di ciò che fanno. Ma allora il movimento #MeToo non è servito a nulla?
I cambiamenti culturali sono molto lenti. E poi quando si sta sui social si pensa di potere fare e dire quello che si vuole. Anche a me, in tanti anni che frequento i social, sono stati rivolti insulti in quanto donna. Non credo che gli autori mi avrebbero mai detto quelle cose in faccia. Eppure i social non sono una realtà parallela, li abitiamo con la nostra identità, con il nostro nome e cognome.
La procura di Roma aprirà un fascicolo sui siti sessisti. Sarà l’occasione perché le cose cambino?
Ora ci si accorge dell’esistenza di siti sessisti perché coinvolgono donne di cui conosciamo il nome e il lavoro. Ma nel web è una cosa che accade a tutte le donne: qualunque cosa tu faccia, in qualunque modo tu stia al mondo, quello che conta è che tu abbia un corpo, e come si possa usarlo o commentarlo. A tanti fa paura l'idea di non controllare le donne; riducendole a oggetto, le ridimensionano, tolgono loro autorevolezza.
La procura di Roma aprirà un fascicolo sui siti sessisti. Sarà l’occasione perché le cose cambino?
Ora ci si accorge dell’esistenza di siti sessisti perché coinvolgono donne di cui conosciamo il nome e il lavoro. Ma nel web è una cosa che accade a tutte le donne: qualunque cosa tu faccia, in qualunque modo tu stia al mondo, quello che conta è che tu abbia un corpo, e come si possa usarlo o commentarlo. A tanti fa paura l'idea di non controllare le donne; riducendole a oggetto, le ridimensionano, tolgono loro autorevolezza.
Che uomini sono quelli che commentano in modo osceno le foto delle donne?
Da ciò che vedo sono quelli che definiamo uomini normali. Ma in realtà sono uomini che non hanno avuto un’educazione al rispetto e alla sessualità condivisa, cioè che esige sempre il consenso. Sono uomini che trovano la loro identità ancora nello sfoggio di mascolinità. Avremmo tanto bisogno di uomini che si facciano carico di un altro tipo di educazione, che ci diano altri modelli. Ce ne sono tanti, e dovrebbero essere parte della soluzione.
Da ciò che vedo sono quelli che definiamo uomini normali. Ma in realtà sono uomini che non hanno avuto un’educazione al rispetto e alla sessualità condivisa, cioè che esige sempre il consenso. Sono uomini che trovano la loro identità ancora nello sfoggio di mascolinità. Avremmo tanto bisogno di uomini che si facciano carico di un altro tipo di educazione, che ci diano altri modelli. Ce ne sono tanti, e dovrebbero essere parte della soluzione.
Ora il Parlamento e il governo immaginano nuovi strumenti normativi per fermare il sessismo e la pubblicazione di foto senza consenso. Servirà?
Be’, certo non basta chiudere una pagina Facebook e un sito internet. Il problema della condivisione non consensuale di materiale è enorme. E non riguarda solo le donne: pensiamo ai bambini, alle persone fragili in generale. Quindi sì: questo tema deve essere affrontato dalle istituzioni in modo chiaro.
Be’, certo non basta chiudere una pagina Facebook e un sito internet. Il problema della condivisione non consensuale di materiale è enorme. E non riguarda solo le donne: pensiamo ai bambini, alle persone fragili in generale. Quindi sì: questo tema deve essere affrontato dalle istituzioni in modo chiaro.
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