A Palermo la diocesi e la prefettura hanno firmato un protocollo
L'accordo è stato firmato dall'arcivescovo Lorefice e dal prefetto Mariani. L'obiettivo è garantire trasparenza e prevenire possibili infiltrazioni mafiose o condizionamenti criminali nell'ambito delle Confraternite o di altri organismi religiosi locali, con un occhio di riguardo per feste patronali e processioni

Operazione pulizia e trasparenza dell’Arcidiocesi e della Prefettura di Palermo. L’Arcivescovo, don Corrado Lorefice e il Prefetto di Palermo, Massimo Mariani hanno firmato un “Protocollo d’Intesa” per prevenire possibili infiltrazioni o forme di condizionamento criminali nell’ambito delle Confraternite o di altri organismi religiosi locali. Grazie all’accordo sarà possibile verificare con efficacia e trasparenza i precedenti penali dei soggetti che richiedono l’ammissione a tali organismi. Iniziativa molto importante, visti ancora i tentativi della criminalità di condizionare importanti momenti di religiosità popolare con feste patronali e processioni.
«Le organizzazioni malavitose - si legge infatti nel testo del Protocollo - manifestano tradizionalmente interesse ad affermare la propria presenza all’interno delle predette formazioni intermedie, utilizzando il ruolo assunto nell’ambito delle stesse per acquisire visibilità e per consolidare la forza intimidatoria dell’organizzazione criminale sul tessuto economico e sociale del territorio». Una linea presa da tempo dalla Chiesa palermitana. Infatti il Protocollo aggiorna quello precedentemente stipulato il 23 giugno 2022, affinandone l’efficacia, si pone in linea con le indicazioni del decreto dell’Arcivescovo del 25 gennaio 2019, stabilisce che «non possono essere accolti, quali membri della Confraternita, coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici (…); coloro che hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato». Così coloro che intendono aderire alle Confraternite laicali e ad altri organismi religiosi locali, dovranno presentare un’apposita dichiarazione sull’assenza di condizioni ostative.
Ma non basterà l’autocertificazione. Infatti la Prefettura effettuerà i necessari accertamenti, informando l’Arcidiocesi di eventuali dichiarazioni non conformi. E si guarderà anche al passato. Infatti l’Arcidiocesi potrà richiedere verifiche a campione anche su soggetti già iscritti. Si tratterà di controlli a campione effettuati secondo un apposito piano annuale concordato sempre con la Prefettura. Per l’Arcivescovo Lorefice, «alla luce di quanto già disposto col Decreto del 2019, dello Statuto Diocesano delle Confraternite e dei documenti della Conferenza Episcopale Siciliana, quanti nella nostra Arcidiocesi sono chiamati a vivere la realtà confraternale e ad assumere in essa responsabilità siano sempre specchiati testimoni di rettitudine». «La Prefettura - è il commento del prefetto Mariani - è al fianco della Chiesa palermitana nell’impegnativa opera di affermazione della legalità contro qualunque ingerenza, condizionamento e strumentalizzazione da parte della mafia e della criminalità nella meritoria opera svolta dalle Confraternite».
Il prefetto poi ci spiega come i reati considerati ostativi alla partecipazione non sono certo “leggeri” e non solo legati al fenomeno mafiosi. Troviamo così associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso ma anche traffico illecito di rifiuti, sequestro di persona, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, contrabbando di tabacchi, riduzione in schiavitù, tratta di persone, traffico di organi, disposizioni contro l’immigrazione clandestina, prostituzione e pornografia minorile, violenza sessuale, corruzione di minorenne, contraffazione. Saranno considerati anche reati economici e dei cosiddetti “colletti bianchi” come turbata libertà degli incanti, caporalato e sfruttamento del lavoro, truffa aggravata per il conseguimento di contributi pubblici. E comunque qualsiasi altro reato con pena prevista di non meno di tre anni.
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