Le sanzioni Usa a Francesca Albanese, che non può aprire un conto corrente
La relatrice Onu per i territori palestinesi, finita nella lista nera Usa, si era rivolta a Banca Etica, che suo malgrado non ha potuto procedere. Il dg Gabrielli: "Situazione distorta"

Riuscite a immaginare le difficoltà pratiche a cui andreste incontro senza essere titolari di un conto corrente? Non è possibile avere l’accredito dello stipendio in banca, disporre di un bancomat o di una carta di credito, ottenere un mutuo o un prestito, noleggiare un’auto e accedere a molti altri servizi finanziari e pratici che oggi si danno quasi per scontati. Di fatto, non avere un conto corrente rendere la vita, se non impossibile, molto molto complicata. È quanto sta accadendo alla relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, l’italiana Francesca Albanese. Colpita lo scorso luglio dalle sanzioni Usa, Albanese è finita nella “lista nera” gestita dall’Ofac, la Sdn List, “Specially Designated Nationals and Blocked Persons List” - l’ufficio del Dipartimento del Tesoro Usa che controlla gli asset stranieri e nella quale vengono iscritti, senza alcun contraddittorio, individui e entità soggetti a sanzioni economiche e restrizioni imposte dal governo Usa, come il blocco dei beni e il divieto di effettuare transazioni con loro. Albanese – sanzionata dopo la pubblicazione di un suo rapporto per l’Onu in cui sono elencate 45 aziende private, in gran parte americane, che sosterrebbero direttamente o indirettamente l’esercito israeliano e l’occupazione dei territori palestinesi facendo «profitti sulla distruzione di vite innocenti» - è stata iscritta in quella lista insieme a terroristi e colpevoli di riciclaggio.
È stata Banca Etica, a cui Albanese si era rivolta nelle scorse settimane per l’apertura di un conto corrente, a scoprire che, di fatto, l’operazione era impossibile. Suo malgrado, infatti, l’istituto bancario ha dovuto dire no alla relatrice Onu: anche la banca sarebbe altrimenti finita nella stessa lista Sdn, andando incontro a sanzioni secondarie come multe insostenibili e l’impossibilità di operare sul mercato in dollari e di intrattenere affari con cittadini ed enti americani. Un meccanismo pensato per bloccare dei criminali viene dunque al momento utilizzato per colpire una rappresentante dell’Onu sgradita per motivi politici. La stessa Albanese, in una conferenza stampa nei giorni scorsi a Roma, ha spiegato: “Io non ricevo donazioni, ho uno stipendio per il mio lavoro, ma al momento non ho nemmeno la possibilità di aprire un conto bancario o avere una carta di credito. Di conseguenza non posso fare neppure cose banali come affittare un’auto”. Di più: a rischiare è anche la figlia di Albanese, cittadina americana: anche a lei è impedito avere relazioni economiche con la madre, fosse anche fare un acquisto per lei.
“Le liste dell’Ofac sono uno strumento previsto dalla normativa antiriciclaggio e antiterrorismo. La normativa in sé è corretta, funziona, come finanza etica l’abbiamo immaginata necessario da sempre, ma qui il tema è politico: le istituzioni internazionali devono calibrare correttamente questo tipo di accordi internazionali che, nel caso specifico della dottoressa Albanese, non hanno motivo di esistere”, sottolinea ad Avvenire Nazzareno Gabrielli, direttore generale di Banca Etica. “Siamo convinti che un presidio sulla qualità dei flussi finanziari sia determinante – continua Gabrielli -. Questo tipo di controllo viene fatto incrociando una serie di liste antiriciclaggio nei vari sistemi finanziari, tra cui le liste Ofac, e il provvedimento contro Francesca Albanese si riverbera direttamente su questo tipo di liste. Quando un soggetto viene iscritto in quell’elenco, il suo nominativo viene immediatamente intercettato all’apertura di un conto corrente e l’operazione viene bloccata in maniera automatica. Noi abbiamo dovuto quindi escludere la possibilità di aprire un conto a Francesca Albanese e ne siamo molto rammaricati. Eravamo anzi onorati che ci avesse scelto ma sarebbe stato un conto inutilizzabile, non avremmo potuto tra l’altro dare carte di credito, visto che girano su circuiti americani sia Visa che Mastercard”.
Una lista emanata da un organismo Usa condiziona dunque di fatto l’intero sistema finanziario globale. “In sé il processo è corretto davanti a un pericoloso soggetto come un terrorista, ma non è questo il caso – sottolinea ancora Gabrielli -. Siamo nel campo delle situazioni particolari, abbiamo cercato di capire se c’erano modalità formali per superare questo ostacolo, ma non abbiamo trovato soluzioni percorribili”. Gabrielli sottolinea che, senza un conto corrente, “si preclude a una persona di poter fare quasi tutto, obbligando al solo utilizzo del contante. Questa sanzione non ha ragion di essere in termini di antiriciclaggio e antiterrorismo, Albanese, persona stimabile, è accusata di essere andata contro interessi Usa, con l’effetto “accessorio” di escluderla dall’utilizzo di qualsiasi servizio finanziario. Noi auspichiamo che ci sia una presa in carico di una situazione distorta, che non ci sembra corretta e che rischia di non far comprendere la norma sottostante, che invece è sacrosanta”.
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