Chi è Francesca Albanese, l'italiana finita nel mirino degli Usa per Gaza
Washington ha annunciato «sanzioni» per la giurista italiana, relatrice speciale dell'Onu per i territori palestinesi. E “colpevole” di aver denunciato la situazione nella Striscia

Lei ha detto che continuerà a fare quello che deve, «anche se sarà una sfida». Ma l’annuncio del segretario di Stato americano Marco Rubio sulle sanzioni di Washington alla relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, l’italiana Francesca Albanese, ha sollevato un’ondata di sdegno tra le autorità internazionali e un nuovo attacco frontale delle opposizioni al governo italiano.
Tutto è cominciato martedì con un post al vetriolo di Rubio su X: «Oggi impongo sanzioni alla relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese per i suoi sforzi illegittimi e vergognosi di sollecitare un’azione della Corte penale internazionale contro funzionari, aziende e dirigenti statunitensi e israeliani». Che cosa Rubio intenda per “sanzioni” e quali conseguenze possano avere, a dire il vero, rimane materia indefinita: il comunicato diffuso dal Dipartimento di Stato non entra nei dettagli, anche se è plausibile che ad Albanese sarà vietato l’ingresso negli Stati Uniti (come le è già vietato, da oltre un anno, in Israele). A prendere immediatamente le difese della funzionaria, in ogni caso, è stato il presidente dei Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu, l'ambasciatore svizzero Jürg Lauber: «Si tratta di una scelta deplorevole. È dovere di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, Usa inclusi – ha tuonato - collaborare pienamente con i relatori speciali e i titolari di mandati affidati dal Consiglio e di astenersi da qualunque atto d'intimidazione o di rappresaglia contro di loro». Parole a cui ha fatto seguito la richiesta formale, da parte dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu Volker Tuerk, della «rapida revoca» del provvedimento.
La giurista italiana, che ricopre l’incarico dal 2022 (ed è la prima donna a farlo), non è nuova a subire campagne d’odio per le sue ripetute denunce sui crimini commessi da Israele a Gaza e sull’occupazione della Cisgiordania. Che ha documentato con forza, già prima dell'inizio del conflitto con Hamas, a cui comunque non ha mai risparmiato una ferma condanna per le violenze e gli orrori perpetrati sugli israeliani il 7 ottobre del 2023. Ma ad aver scatenato l’ira degli Usa, che aveva già chiesto in passato la rimozione della funzionaria, è stato il suo ultimo rapporto scritto per l’Onu e intitolato “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”, presentato la settimana scorsa, in cui sono elencate la bellezza di 45 aziende private che sosterrebbero direttamente o indirettamente l’esercito israeliano e l’occupazione dei territori palestinesi facendo «profitti sulla distruzione di vite innocenti». Tra cui spiccano, manco a dirlo, le americane Lockheed Martin (che produce gli F-35), Caterpillar, sul fronte tecnologico Google, Microsoft, Amazon, Ibm, Palantir e in cui figura, a onor di cronaca, anche l’italiana Leonardo.
E contro il governo Meloni, oltre che contro Washington, si sono scagliate in blocco le opposizioni, a cominciare dalla leader del Pd Elly Schlein: «Questo non è solo l'ennesimo attacco al multilateralismo da parte di Trump, ma anche la conferma del suo sostegno al piano criminale di Netanyahu in Palestina, che Albanese ha sempre denunciato con forza. E trovo vergognoso che il governo italiano non abbia detto una parola in difesa di una sua cittadina che svolge un incarico così delicato presso l'Onu». Un silenzio, quello di Meloni e Tajani, «che imbarazza l'Italia e si aggiunge al loro immobilismo su quel che sta accadendo a Gaza».
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