Ritardi nei treni causati da un guasto - ANSA
Tutti intenti a discutere di satelliti “muskiani” rischiamo di perdere di vista i cari, vecchi binari. Il parallelo suona scontato (e infatti l’ha cavalcato per primo Giuseppe Conte, leader del M5s), ma in fondo rispecchia lo stato del Paese, sospeso fra la ricerca di un adeguamento tecnologico che lo tenga al passo di una competizione mondiale più accelerata e una certa incapacità di adeguarsi pienamente a questa esigenza.
È diventata quasi un appuntamento a cadenze fisse la giornata di passione della rete ferroviaria, fra improbabili chiodi, appalti esterni, pantografi in tilt, incendi e chi più ne ha ne metta. Una periodicità ingombrante per uno dei sette Grandi Paesi della Terra. E che comincia a farsi imbarazzante per il centrodestra, con l’orizzonte che ormai veleggia verso la metà legislatura. Perché resta sempre facile metterci la faccia quando il parafulmine restano “quelli di prima”, delle gestioni precedenti.
Il che è in parte vero perché a contribuire a questi guasti troppo ricorrenti è certamente anche l’esplosione dell’alta velocità, stimolata dalla concorrenza Frecciarossa-Italo, su una rete in fondo limitata come chilometri in rapporto all’estensione globale e non sempre adeguata nel corso degli anni.
Così come va ricordato che spesso all’estero la cosiddetta “alta capacità” viaggia su una rete a parte, totalmente dedicata. Eppure, ancora oggi, in un’epoca dominata (purtroppo) dalle dirette social dei leader, ha colpito l’esitazione della maggioranza nel metterci la faccia. Non solo da parte del ministro Matteo Salvini (che ha scelto la strada di una nota autoassolutoria del ministero, rivolta a esaltare «gli sforzi» dell’attuale titolare leghista dei Trasporti per risolvere i problemi), ma anche dell’intera coalizione.
Non si tratta di fare sciacallaggi politici, come pure qualcuno grida da quella parte politica, ma semplicemente di tutelare la mobilità degli italiani, che senza esagerare si può paragonare anch’essa a un diritto costituzionale un po’ troppo spesso negato. Come lo è quello ai rimborsi, per ieri garantiti (così pare) ma pur sempre troppo limitati in genere rispetto agli altri Paesi esteri. Per la classe dirigente che si vanta di aver portato discorsi e temi nuovi nella politica del Paese, sempre più si avvicina pure il momento di assumersi in prima persona le responsabilità di cosa continua a non funzionare.