martedì 6 dicembre 2016
Il lacaito cattolico indica priorità e modi per uscire dalla crisi. Parlano Truffelli (Ac), Martinez (Rns), Rossini (Acli), Costalli (Mcl), Gandolfini (Famiglie per il No), Vittadini (Cl).
Il rilancio del mondo cattolico «Tocca a noi ricucire il Paese»
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«Adesso è il momento di una grande responsabilità, a tutti i livelli». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei invita il Paese a ripartire da questo atteggiamento, dopo il voto di domenica. «Cerchiamo di camminare insieme », ha detto l’arcivescovo a margine di una Messa celebrata a Genova. Un appello che chiama in causa tutti, ma in prima linea il mondo cattolico, che in questa consultazione sulla Costituzione ha avuto opinioni e posizioni diverse. Apertamente per il Sì o per il No. Oppure ha tenuto un profilo più educativo, senza indicare soluzioni agli aderenti. Tutt’altro che disimpegno, in tutti e tre i casi. Ma ora come ripartire? Da cosa? Di cosa ha bisogno il Paese? Lo abbiamo chiesto ai responsabili delle principali sigle del laicato. A voci del mondo cattolico. E a esponenti che si sono impegnati in prima persona nei due schieramenti.

Per Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica - associazione che ha fatto opera di informazione sul voto senza schierarsi - c’è la «necessità di ricucire il Paese, di aiutarlo a a ritrovare unità, di mettere insieme tutte le energie, tutte le idee anche diverse. Per reimparare a progettare insieme, per avere un’idea di Paese». Visto che il referendum chiamava in causa la democrazia stessa, Truffelli indica un campo di azione nella capacità che serve di «di rianimarla e rigenerarla». In questo l’associazionismo cattolico, tessuto che tiene insieme il Paese, deve continuare a «formare alla passione per il bene comune e alla cittadinanza e alla partecipazione critica e consapevole». Un ruolo «poco evidente e poco spendibile sul piano elettorale, ma del quale siamo convinti anche per l’esperienza fatta con questo referendum». Una progettualità che trova i suoi punti di caduta «nella difesa delle debolezze, della fragilità sociali, economiche e culturali. Quelle familiari e quelle di chi arriva in Italia. Da qui si può partire insieme, non da temi elitari», conclude. «Noi ci stiamo facendo promotori di un’istanza che parta dal basso e coinvolga i giovani in un nuovo movimento che li renda costruttori dell’Italia, come ha chiesto Papa Francesco», dice Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo.

Si tratta di «far dialogare tutte le ricchezze del nostro umanesimo cristiano, che sono ancora vive e capaci di trasformare la società, come hanno fatto anche in passato». Ma che «non riescono a esprimersi in tempo di crisi». Un compito che richiede, come diceva Giovanni Paolo II, «tempi lunghi». E, incalza Martinez, «una crisi sistemica, come quella che stiamo vivendo non si risolve delegando la soluzione a qualcuno. Va trovato un respiro più ampio che parta dal territorio e che prepari i giovani a livello prepolitico, rendendoli protagonisti». Non si tratta, chiarisce subito il presidente di Rns, di fare un partito «o di definire l’agenda dei cattolici in politica. Non si può fare l’agenda se non ci sono prima gli agenti», sintetizza con un gioco di parole. Oggi si assiste a «un’evidente incapacità della classe dirigente e a una crisi di rappresentanza. Che attraversa la società e le istituzioni, giungendo anche in Parlamento». Il fatto che la gente non si senta adeguatamente rappresentata «non dipende da riforme del sistema costituzionale o della legge elettorale. «Il problema è che gli attori in molti casi si mostrano inadeguati alle sfide del nostro tempo. Lo vediamo di fronte a ciò che accade a Lampedusa e a tutte le situazioni che toccano la tenuta sui valori delle nostre democrazie e delle tradizioni occidentale di ispirazione cristiana». Sono la grandi sfide, sulle quali «c’è l’incapacità di dialogare e costruire con fiducia». Perciò «bisogna creare le condizioni per una nuova classe dirigente», conclude Martinez. Il voto referendario «oltre ad affermare che gli italiani preferiscono conservare la Costituzione così com’è, porta con sé la consapevolezza di un Paese diviso», è l’analisi affidata a un editoriale da Domenico Delle Foglie, direttore dell’agenzia Sir, che nel voto vede una conferma per l’appunto di come «l’Italia resti un Paese complesso che ha bisogno di classi dirigenti capaci di governare la complessità».

Invita a distinguere tra contenuti e metodo Roberto Rossini, presidente delle Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli), schieratesi per il Sì. Sui primi «il mondo cattolico deve portare avanti una riflessione comune sulle priorità pubbliche che consentono ai cittadini di vivere una vita dignitosa, sulla scorta dell’articolo 3 della Costituzione ». Tra questi, il lavoro, soprattutto per i giovani, l’inclusione sociale (le Acli si battono da anni per una legge sulla povertà) e l’inclusione scolastica ed educativa. C’è poi il metodo, che riguarda il modo di rapportarsi con la politica. «Esistono già strumenti, con i quali questo potrebbe ripartire in modo condiviso. Come Retinopera, associazione che le varie sigle del mondo cattolico dovrebbero sentire sempre più loro», propone Rossini. Infine, strumenti come questo, potrebbero servire anche a «una lettura condivisa e confrontata del tempo presente, perché mi sembra che ce ne siano poche». Sul fronte del No si è invece posizionato il Movimento cristiano lavoratori. «Ora bisogna ripartire dalla rilegittimazione delle posizioni e delle opinioni di tutti, elemento essenziale e costitutivo di ogni democrazia, se si vuole un Paese che non sia frammentato e diviso e, dunque, incapace di sviluppo», l’analisi del presidente Carlo Costalli. Un compito speciale in questo senso tocca al «mondo cattolico che, pur avendo avuto posizioni diverse, deve indicare una strada in questa direzione. L’unica che può permettere a una classe politica ormai logorata di ricostruire il rapporto di fiducia con i cittadini i quali debbono tornare fortemente e direttamente protagonisti della scelta dei propri rappresentanti ». Per questo Costalli indica la necessità di una nuova legge elettorale. Ma non solo. Servono «riforme concerete e non una tantum».

Come una riforma organica del fisco «a sostegno di famiglie e lavoro». Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato Famiglie per il No è consapevole che i temi della difesa vita e della famiglia resteranno un terreno caldo, dal punto di vista politico, socioeconomico e culturale. «Dal punto di vita strettamente laico ripartiamo dai valori della Costituzione, che abbiamo salvaguardato: sussidiarietà, partecipazione, corpi intermedi, dei quali il primo è la famiglia». Da cattolici, «ripartiamo dai principi che consideriamo incomprimibili», propone. Il neurologo bresciano auspica nella società «un dialogo con tutti, nella ricerca delle giuste mediazioni». Ma «il dialogo si fa in due e se dobbiamo rinunciare ai nostri grandi principi, allora il dialogo diventa impossibile». Serve, insomma, nella società e in politica, «una testimonianza ferma, su cui impostare un’interlocuzione seria ». Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà e dirigente di primo piano di Comunione liberazione, ricorda come di «bipolarismo » mite Cl parlasse già da anni. «Perché per il bene comune e il senso delle istituzioni occorre che i contrasti vengano sanati». Pure in politica, dove, diceva Julian Carron nel 2013, «anche l’altro è un bene». Posizione che, accompagnata alle parole Mattarella al Meeting, è stata la base del documento stilato in vista del 4 dicembre. «In un momento di crisi così grave, economica e istituzionale, l’uomo solo al comando non vince. Quando si arriva al livello istituzionale occorre che le parti si unifichino. Come ai tempi della Costituente, quando c’era una contrapposizione ideologica molto forte, ma che trovò un punto di convergenza».

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