Rubriche

Un faro di speranza nel “Cielo rosso” di Taranto

Giuseppe Matarazzo martedì 25 aprile 2023

Dalia e Rosa «stavano salendo i duecento scalini, uno di seguito all’altro, che le avrebbero portate nel punto più alto di Taranto: la terrazza del Faro di San Vito», «da sempre un riferimento sia per le navi che arrivano nel porto, sia per i tarantini, che ogni sera sono abituati a scorgere la sua luce nello skyline della città». «Quando si ritrovano su, l’una di fianco all’altra, davanti a quella distesa d’acqua e quel cielo immenso che tocca il mare, restano con il fiato sospeso. Gli occhi di Rosa brillano di gioia e di entusiasmo, con quella loro luce unica, e Dalia vorrebbe essere sempre con lei, attratta da quel fuoco che la sorella ha dentro». Un faro, una città, due sorelle gemelle, due destini da affrontare. Inseguendo piccoli o grandi sogni. Fra i dilemmi e le scelte di tutti i giovani del Sud. Le domande sono le stesse, a tutte le latitudini del Meridione, non come possibilità, ma quasi come un dovere, un obbligo, una necessità: restare? Partire? Tornare? Per le due gemelle di Taranto c’è un Cielo rosso con cui fare i conti e che dà il titolo al romanzo d’esordio (Leonida edizioni, 128 pagine, euro 15) di Anna Siliberto. Per loro le domande e le risposte avranno percorsi diversi. Una sceglie di partire e si ritrova a insegnare alla Columbia University; l’altra resta attaccata come una cozza allo scoglio di Taranto, incapace di staccarsi dalla terra, dalle radici, dalla famiglia. O forse semplicemente rassegnata. Nella Taranto del Rione Tamburi, uno dei più inquinati d’Europa, attorno alla Piazza Gesù Divin Lavoratore si giocano e si bruciano le speranze di tanti. In una città dal mare cristallino e dalle dune di sabbia bianca, Bandiera Blu, ma tenuta sotto scacco dal “Mostro d’Acciaio”. Quello che ha dato benessere e sviluppo per un po’. Ma a caro prezzo. Quello della crescita selvaggia, dei danni all’ambiente e dell’impatto sulla salute dei tarantini: qui si registra la più alta percentuale di mortalità oncologica in età pediatrica. È il Sud della bellezza accecante e dei sogni spezzati che Anna Siliberto racconta in una storia emozionante, a tratti commovente, esempio e testimonianza, ulteriore e sempre necessaria di un fenomeno che continua inarrestabile: in dieci anni – sono dati Svimez – un milione di ragazzi ha lasciato il Sud per studio o lavoro. E allora il faro diventa un simbolo. Il cielo rosso un orizzonte. Dove si concentrano le speranze di chi resta, i sogni di chi parte, il desiderio di chi vuole tornare. Tutti sotto un unico cielo. Tutti con lo stesso destino. «La rassegnazione di Rosa e la voglia di riscatto di Dalia si possono incontrare negli sguardi e nelle speranze dei giovani nati e cresciuti in questa città – dice Siliberto, che il 5 maggio incontrerà i ragazzi delle scuole nell'evento conclusivo del progetto Taranto Legge – costretti a scegliere se restare o partire, sicuramente la scelta più difficile e sofferta che abbiano mai fatto nella loro vita».

Il Faro di San Vito a Taranto. È la foto di copertina di "Cielo rosso" (Leonida edizioni) romanzo d'esordio di Anna Siliberto - © Daniele Correnti, “Taras Art Drone”

Come spesso accade nei libri è una foto a parlare. Il faro di San Vito è la “copertina” che accende una luce sulle storie di Rosa e Dalia e conduce la nave del lettore nelle pagine di un libro che – come tanti sul problema – segnano e coinvolgono soprattutto chi ha vissuto la diaspora o è lì a rifletterci su. La foto del faro di San Vito con il cielo rosso è una bella suggestione di Daniele Correnti, fotografo amatoriale che pubblica sui canali social come “Taras Art Drone”. Taranto vista dai droni. Un’arte fotografica che offre una prospettiva altra e alta e che sta ormai prendendo piede nel mondo dell’immagine, frutto e figlia del tempo. Ma non è un gioco, no. E per niente banale. Anzi. Per Correnti è un modo per volare o sognare, per trasformare lo scatto in riscatto. Lui vive a San Vito, lavora all’Ilva. La fotografia è la sua passione. «Voglio fare qualcosa per la città», si è detto. E il suo “qualcosa” è in quelle foto aeree di paesaggi mozzafiato a dimostrare quanta bellezza c’è a Taranto. Il Faro è davvero un faro per lui e per la città spartana. «Penso che Taranto possa vivere di turismo, sono arrivate anche le grandi navi da crociera. Qui non c’è solo l’Ilva». Daniele è rimasto a Taranto. Lavora col “Mostro”, ma sogna con un drone. L’autrice, invece, è una tarantina che se ne è andata. Che ha studiato economia a Lecce e poi ha realizzato il sogno fuori, a Milano, dove vive con la sua famiglia e lavora. Si occupa di derivati per una grande banca italiana. Poi un giorno è arrivata la passione per la scrittura. «Durante un silenzioso pomeriggio milanese, ai tempi della pandemia, la storia ha preso forma nella mia mente, in maniera nitida dall’inizio alla fine – racconta – come una magia è arrivata impetuosa, prepotente, ed è entrata nelle viscere della mia anima». La scrittura diventa l’occasione della catarsi. Oltre i numeri di futures e bond, ecco che si fa strada fra le righe una storia che parte dalla sua città ma diventa universale, lungo i “pensieri meridiani”, del sociologo di Bari, Franco Cassano. «A volte nella vita succedono cose che non ti aspetti, che non hai programmato, che pensavi non ti appartenessero». Ma poi succedono.

Così una foto di un faro, quello di San Vito, diventa la finestra per intraprendere un viaggio, geografico e sentimentale, nella storia di queste due gemelle diverse del Sud. A suo modo Siliberto, con queste pagine frutto di immaginazione, ma con riferimenti inevitabilmente personali, riscatta anche la grande statua di Eracle, «quella sottratta arbitrariamente migliaia di anni fa dai Romani dopo la caduta della città di Taras». Questione di tempo. Quello che non sentono i muri a secco delle radici, «quei sassi grigi, uno appiccicato all’altro che dopo anni restano in piedi, in equilibrio senza mai cadere». Sotto quel cielo rosso carico di speranze. «Ma c’è un cielo rosso ovunque», confessa Siliberto. Che guarda Taranto a distanza, con il raggio di luce del faro di san Vito.

Una foto e 1.000 parole.