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LE PASSIONI

Gianfranco Ravasi domenica 4 maggio 2003
Innumerevoli come i granelli di sabbia sono le passioni umane, e tutte diverse una dall'altra; e tutte quante, meschine e nobili, da principio stanno soggette all'uomo, ma diventano poi le sue terribili tiranne. A distanza di tanti anni sto rileggendo Le anime morte del grande scrittore russo Nikolaj V. Gogol' (1809-1852). Il filo conduttore del romanzo è l'ossessione e l'orrore che è capace di generare la passione per il denaro. È proprio in una delle pagine di questo straordinario affresco della Russia provinciale e rurale, delle sue miserie e sofferenze, che trovo la breve riflessione sopra citata. Riflessione semplice e icastica, capace di colpirci un po'
tutti perché ognuno di noi ha dentro sé, occulta e palese, in sonno o fremente, una passione. All'inizio siamo convinti di essere noi i cavalieri e quindi di poterla tenere col morso, allentandolo ogni tanto per correre in libertà e a nostro piacere. Ma progressivamente, il freno s'allenta in modo definitivo, anzi, ci sfugge di mano e allora è il cavallo, cioè la passione, a strattonarci, accecandoci, impedendoci il controllo e l'arresto. Ma io vorrei sottolineare soprattutto un aggettivo: "passioni meschine e nobili". Sì, anche l'ardore, l'impeto sincero, lo slancio generoso, il trasporto amoroso, il sentimento genuino possono trasformarsi in frenesia, furore, febbre, eccitazione, esaltazione, fuoco indomabile e alla fine farci persino precipitare nell'eccesso o nel fanatismo. Ha ragione, allora, il Salmista quando fa questo proponimento: «Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua, porrò un freno alla mia bocca» (39, 2). E questo proposito non vale solo per le parole ma per il cuore, le mani e l'intero essere quando è scosso dalla passione.