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LA LODE DELLO SCIOCCO

Gianfranco Ravasi martedì 28 novembre 2006
La lode di uno sciocco o di un ignorante, invece di incoraggiarci, ci dovrebbe mettere in sospetto di aver commesso un errore. Si narra che un giorno Socrate passeggiasse coi suoi discepoli lungo i portici di Atene. All'improvviso, si fece avanti uno dei più aspri avversari del filosofo per dirgli: «Socrate, mi sono convinto che tu hai veramente ragione rispetto a quanto io pensavo. Per questo ora ti ammiro». Socrate si fermò e, rivolgendosi ai discepoli, commentò lapidariamente: «In che cosa ho sbagliato perché un tipo come questo mi dia ragione e mi ammiri?». In verità dobbiamo riconoscere invece che, di fronte a una lode, da chiunque provenga e comunque sia motivata, noi sentiamo nel nostro io profondo un dolce calore di soddisfazione. A non incappare in questa tentazione ci ammonisce una figura particolare, il pittore francese Jean-Auguste Dominique Ingres (1780-1867), il maestro dei "classicisti", nelle sue Note e pensieri, una raccolta di sue considerazioni che nei giorni scorsi ho ricevuto in dono proprio da un pittore italiano che conosco. Certo, gli artisti sono sensibilissimi alle lodi; se appena esprimi una riserva alla loro opera o ti permetti una comparazione, sono pronti a reazioni veementi e a sdegni omerici. Ma un po' tutti siamo così e in tal modo non ci accorgiamo che molti, per evitare diatribe, ci gratificano di lodi improbabili. C'è però qualcosa di più. Quando certe lodi vengono da persone dubbie, dovremmo in realtà metterci in allarme. Purtroppo, vale invece in qualche maniera sempre una variante del famoso detto di Voltaire sul calunniare: «Lodate, lodate sempre; qualcosa resterà». E non sarà certo né la verità del lodatore interessato né quella del lodato ingenuo e vanitoso.