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Il ritorno di “Coliandro” un po' troppo volgare

Andrea Fagioli giovedì 23 settembre 2021
Dopo il rinvio di una settimana per le mosse e contromosse di Rai e Mediaset, ieri sera sono andati in onda L'ispettore Coliandro su Rai 2 e Luce dei tuoi occhi su Canale 5. Di quest'ultima fiction, che è una novità in dodici episodi per sei puntate, avremo modo di parlare. Partiamo invece con Coliandro, che non è una novità essendo giunta all'ottava stagione. Quando l'attore Giampaolo Morelli nel 2006 vestì per la prima volta i panni dello svagato poliziotto sui generis non aveva ancora 32 anni, adesso ne ha quasi 47. La giacca in pelle, il culto di Clint Eastwood e i Ray-Ban sul naso sono comunque gli stessi. Non è cambiato nemmeno l'intercalare a intervalli costanti ricorrendo a una ben nota «esclamazione» siciliana. Ma siccome la serie è ambientata a Bologna (che anzi gioca un ruolo notevole come ormai molte città nelle fiction televisive) la stessa espressione viene ripetuta in italiano volgare (che non c'entra nulla con quello di Dante). La volgarità è infatti il limite di questa serie ideata da Carlo Lucarelli, scritta con Giampiero Rigosi, diretta dai Manetti Bros (Marco e Antonio Manetti) insieme a Milena Cocozza e già interamente disponibile su RaiPlay. Siamo convinti che l'evitare un certo tipo di linguaggio e di situazioni (ad esempio il nuovo episodio inizia subito con una lap dance) non toglierebbe nulla a questo personaggio apatico, pasticcione, capace di complicare ogni cosa, ma che ha la fortuna di trovarsi ogni volta per puro caso nel mezzo dell'indagine più importante, finendo non si sa come per risolverla e assicurando i colpevoli alla giustizia. Coliandro rappresenta così una sorta di capostipite dei poliziotti antieroi per eccellenza in voga in questo momento in tv come Rocco Schiavone e I bastardi di Pizzofalcone. Personaggi cinici, scorbutici, sarcastici, a tratti rozzi, ma con un grande intuito o una grande fortuna, appunto, nel risolvere i casi.