Opinioni

La Quaresima non passi inosservata. Un tempo per generare anticorpi comunitari

Pierangelo Sequeri mercoledì 6 marzo 2019

Il metabolismo mediatico degli eventi si accende ancora – a suo modo – per il Natale dei bambini e per la Via Crucis del Papa, ma la Quaresima increspa appena le acque. Come dice una pubblicità di successo, «piacere sì, pensieri anche no». Non mi pare priva di interesse una domanda, però. Esistono, da qualche parte, nella città secolare, simboli collettivi della sobrietà che richiamino alla comunità la lieta necessità di mettere alla prova, di tanto in tanto, la nostra capacità di essere signori del distacco e del dono? Non parlo dell’ascesi e del volontariato, che sono spazi di spiritualità e di testimonianza nient’affatto privi di figure esemplari. Parlo di qualcosa di più semplice e insieme di più forte.

Qualcosa che mette in allerta l’intera comunità, che mette in pausa il fervore dell’accumulo di beni e l’ansia della saturazione dei desideri. Qualcosa che rende tutti avvertiti del pericolo di ridurre il soggetto alle ossessioni del delirio di onnipotenza e la società agli eccessi per l’accumulo del godimento. Qualcosa che ci rammenti la bellezza della sobrietà che fa posto alle gioie dell’interiorità. Qualcosa che ci tenga in contatto con l’esperienza deliberata della privazione, per mantenerci sensibili all’appello della privazione dolorosamente imposta e senza scelta. Qualcosa che inchiodi la nostra spensieratezza alla coscienza delle devastazioni e degli avvilimenti che l’avidità va perpetrando, senza sosta, in ogni tempo e in ogni luogo dove ci siano umani da depredare e da sfruttare.

Le 'domeniche senz’auto' sono lontane. Furono di modesta utilità per la ripulitura dell’aria, ma niente male per il cambiamento di atmosfera. Un 'minuto di silenzio', dove tutto si ferma per un attimo? Un accordo suggestivo, che non basta ancora alla composizione di una sinfonia corale. 'Nutrire il pianeta' era una buona idea, ma per il momento ha nutrito soprattutto noi. Non ci lamentiamo, per l’amor di Dio: ma il secondo tempo del film non s’è ancora visto. Vi viene in mente altro? La Quaresima, per caso? La comunità deve aiutarci, però, nella custodia di questa benedizione dello spirito del distacco e del dono che purificano lo spirito e liberano l’anima. Essa restituisce un filo di speranza – giusto un filo – per i poveri e gli abbandonati, per gli avviliti e i mortificati senza scelta e senza dieta. Quanto a noi, che abitiamo nella parte più gaudente del pianeta, la Quaresima è quasi un debito d’onore, per grazia ricevuta. Purché ne segua disposizione alla restituzione.

Come grazia donata, e ridistribuita, certo: ma anche giustizia suprema, pure se i codici non la possono imporre; e diritto divino, anche se le leggi non lo possono assicurare. La Quaresima è la nostra firma sotto la Parola del Figlio crocifisso per amore degli uomini. Se la comunità cristiana l’osserva, la Quaresima non passerà inosservata. L’appello alla sobrietà non è una censura del corpo, è un dono per l’anima. Se è veramente condiviso, con amore e con gioia, pacifica le ossessioni della comunità e restituisce lucentezza allo sguardo. E per dirla tutta, non ci mancano i motivi per fare una pausa e portare per un pezzetto di strada la croce di qualcuno che, comunque, se la deve portare per tutta la strada. Espiare non è una brutta parola, se si portano gli uni i pesi degli altri: anche quando i loro pesi non sono colpe nostre.

È una questione di decenza. Per prendere distanza dagli eccessi e dalle debolezze che non abbiamo saputo prevenire e correggere. Per dire – proprio come comunità – che anche se siamo deboli non vogliamo essere complici. Noi crediamo, molto semplicemente ma molto fermamente, che la preghiera e la penitenza generano anticorpi nell’intero organismo comunitario. Vale la pena di dircelo in questo Mercoledì delle ceneri: il sacrificio del Figlio in nostro favore ha percorso questa strada. Nella vita ciascuno è convocato, di volta in volta, a fare la propria parte in qualche stazione della via crucis. Non farci trovare impreparati, quando toccherà a noi di sostenere l’umano avvilimento del perseguitato, è un punto d’onore, per la fede. Un punto fermo, per l’intera comunità umana. In quel momento preciso la benedizione dell’esercizio quaresimale non passerà inosservata. E meriterà interamente la sua osservanza e il suo rispetto.