Opinioni

Siena, lo scandalo Mps e le responsabilità da condividere. Tradimento sul Monte

Massimo Calvi giovedì 24 gennaio 2013
​Il Monte dei Paschi di Siena nasce come Monte di Pietà nel febbraio del 1472 con il fine di concedere prestiti «alle povare o miserabili o bisognose persone». Lo si legge sul sito Internet della banca. Oltre 540 anni di storia e del patrimonio di un territorio sono stati messi a repentaglio in soli 5 anni. Come? Operando scommesse finanziarie azzardate per drogare i conti della banca e coprire le perdite. Le operazioni incriminate sono avvenute tra il 2005 e il 2009 e hanno generato buchi per centinaia di milioni di euro. Sotto accusa è finita la gestione del duo composto da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, indagati per l’acquisizione di Antonveneta del 2007 che è costata alla banca ben 9 miliardi. Ora ci si domanda se questo scandalo sia colpa della politica oppure della finanza, se sia da mettere in discussione un modello di banca, quello in cui il principale azionista è una fondazione che detiene il 35% del capitale e dove 13 consiglieri su 16 sono eletti da Comune e Provincia, oppure se incolpare i soli manager o ancora le autorità di vigilanza se non le regole. La risposta è in tutte queste cose insieme e allo stesso tempo in nessuna. Il Monte dei Paschi è la più vecchia banca del mondo, il terzo istituto italiano, un gruppo da 30mila dipendenti e oltre 2.700 sportelli. Quando la gestione di un soggetto di credito oltrepassa un certo punto è il segno che l’intero contesto attorno è a suo modo e in varia misura eticamente inquinato. Che il controllo sulle azioni non riguarda più nessuno, in una prassi di deresponsabilizzazione collettiva. Non è un discorso moralista, è un principio economico. Che conduce lontano. I contratti derivati sono armi potentissime, «armi di distruzione di massa» le chiamava il finanziere Warren Buffett. Una limitazione al loro uso si impone. A che servono però le regole e i controlli se a Siena sono stati bruciati milioni di euro in una scommessa finanziaria perdente, e se per ripianare quel buco è stata fatta un’altra scommessa perdente, e poi un’altra ancora? Per alcune di queste operazioni, oltretutto, sembra che non fossero stati informati né i soci né i revisori dei conti né la Banca d’Italia. L’uso distorto dello strumento finanziario ha contribuito al rosso di 2 miliardi di euro, con un effetto surreale: una banca che vale in Borsa circa 2,7 miliardi ha dovuto chiedere "aiuti di Stato" per quasi 4 miliardi. Si tratta di soldi pubblici, dei cittadini italiani, e che il Monte dei Paschi dovrà restituire a tassi del 9%. Non è un regalo quello su cui si esprimerà l’assemblea di domani, che deve approvare l’aumento di capitale a garanzia dei "Monti bond". Il governo ha trattato a lungo con Bruxelles per il salvataggio di Mps, molto di più di quanto non ha fatto per difendere in Europa gli sconti fiscali del non profit, ma era inevitabile che salvasse la banca.Ora Pierluigi Bersani dice che la crisi di Siena non è un problema del Pd. Già. Tutto considerato è però lecito chiedere alla politica che ha governato Siena e il suo territorio in questi anni, oltre che alla sua ben strutturata e ordinata "società civile", se veramente il problema risieda solo nei derivati. I prestiti a rischio di Mps ammontano al 12% del totale. Concedere credito allegramente può essere più pericoloso che non concederlo affatto, come la storia della crisi insegna. Se poi si pensa di rimediare agli errori giocando di nascosto alle slot-machine, ecco che gli strumenti rischiano persino l’assoluzione. Allo stesso modo non ha più molto senso invocare ideologicamente l’ingresso di nuovi capitali privati o stranieri per "liberare" la banca dalla politica e purificarla, oppure opporsi a una nazionalizzazione di fatto. La crisi finanziaria mondiale nasce in contesti creditizi molto "privati", molto "anglosassoni" e molto poco "territoriali". Non c’è un modello virtuoso in sé: ci sono solo esseri umani di fronte alle loro responsabilità. Mussari si è dimesso l’altro ieri dalla presidenza dell’associazione bancaria, dove era stato riconfermato dai colleghi solo 7 mesi fa, quando i problemi di Mps erano in gran parte già noti. Oggi i nuovi vertici del Monte, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, stanno operando la necessaria pulizia nei conti e assicurano che l’istituto saprà superare la bufera. Il loro compito è di ricostruire non solo una banca, ma anche un patrimonio di fiducia intaccato dal tradimento dei principi fondamentali dell’attività creditizia. In questo senso l’unica vera garanzia è che il Monte dei Paschi torni presto a fare quello che faceva 500 anni fa. Come lo faceva 500 anni fa. È scritto sul sito Internet.