Opinioni

Volti e storie sorprendenti all’Incontro mondiale. Sguardi di famiglia

Luciano Moia giovedì 31 maggio 2012
Famiglia a Milano. Sorpresa di colori e di emozioni. Di sorrisi e di incontri. Di numeri e di gesti. Di bellezza e di coraggio. La bellezza è, per esempio, quella di tre bimbetti africani che giocano sull’erba polverosa e atrofica delle aiuole di viale Scarampo, appena sotto la Fiera. Il coraggio quello dei loro genitori, grandi casacche colorate bianche e azzurre, che fanno la fila con pazienza davanti all’ingresso. Arrivano dal Camerun, dopo un viaggio di quattro giorni prima in pullman, poi in aereo fino a Roma. Infine in treno a Milano. Adesso sono qui, sotto i grandi cartelloni segnati dal logo stilizzato di un Duomo tutto giallo, rosso e violetto, in attesa di entrare con altre migliaia di famiglie in arrivo da tutto il mondo, negli immensi spazi dell’area "Fiera Milanocity". Va in onda la prima giornata del congresso teologico-pastorale, preludio della festa che vivremo da domani con l’arrivo di Benedetto XVI. Si punta l’obiettivo su «Famiglia, lavoro e festa». Benissimo. Il tema, come spiegato più volte su queste pagine, è di quelli ricchi di suggestioni, rimandi e trasversalità. Ma ieri, nella giornata d’esordio, gli esperti avrebbero potuto concentrarsi sul concetto di sorpresa. Una di quelle sorprese belle e tranquillizzanti, che aiutano a respirare meglio, ad alzare lo sguardo, a cancellare la preoccupazione. Perché sotto sotto, un po’ di ansia legata alle adesioni e alla reale consistenza delle delegazioni c’era. Eccome. La crisi, il momento difficile, i molti focolai di tensione che si rincorrono da una parte all’altra del mondo, avrebbero potuto convincere tante famiglie a non spostarsi da casa. Invece ieri, nella mattina di una Milano già un po’ afosa, ecco la sorpresa. Nei viali intorno alla Fiera, mescolati alla gente che sale e scende le scale del metrò in fretta per arrivare al lavoro in orario, sono comparsi via via gruppi di persone segnati da mille colori e mille suoni diversi. E sguardi. Tanti sguardi. Ciascuno con una densità e una profondità diversa. Gli sguardi leggeri dei bambini tenuti per mano dai genitori. Ma anche gli sguardi più densi di tante persone non più giovani. Anziani, anche. Perché non ci sono angolature o prospettive, età o condizione, momenti o situazioni che la famiglia non possa abbracciare e custodire, e a cui non possa offrire stimoli più forti e speranze rinnovate. E da oggi, per le migliaia di famiglie che hanno scommesso su questo VII Incontro mondiale, la speranza ha anche il profilo di Milano. E suscita domande. Per esempio, cosa ha spinto fin qui queste sei coppie di iracheni che non finiscono più di sventolare il loro stendardo verde con una scritta in arabo? Sorridono e cantano. Mezza età, vestiti dignitosamente, le signore con sorprendenti meches rossastre, ci tengono a far sapere che arrivano da Baghdad. Sì, proprio da Baghdad. Perché anche lì, nel cuore di una situazione al limite, si può fare qualcosa che assomiglia alla pastorale familiare. Magari in casa, magari senza troppi clamori. Eppure, da ieri questi simpatici cristiani iracheni sono diventati una sorprendente ricchezza anche per noi, che troppo spesso non riusciamo ad alzare lo sguardo dal nostro orticello e quando parliamo di dinamiche familiari facciamo prevalente riferimento – troppo – ai nostri modelli occidentali un po’ ingessati, un po’ esauriti, un po’ scontati. Sono queste le autentiche sorprese di un Incontro mondiale. Quelle che fanno vibrare l’angolo segreto delle emozioni, e permettono di capire come sia proprio vero che lo straordinario talvolta possa servire a illuminare l’ordinario. Certo, ieri gli interventi dal palco di Antonelli e Scola, le relazioni di Ravasi, Bruni e di tutti gli altri – cardinali ed esperti – hanno parlato all’intelligenza. Ma Josè, cuoco dell’Angola, arrivato a Milano con sessanta connazionali istoriati con le loro bandiere rosso-nere, che ci ha spiegato in poche parole la sua gioiosa militanza in una parrocchia di periferia dove, semplicemente, si prega e si gioca a pallone, ha parlato al cuore. Chi l’avrebbe detto alla vigilia? Ma le sorprese più belle sono così. Le migliaia di famiglie con bambini e anziani che ieri hanno cominciato la loro pacifica e sorridente invasione della città hanno la forza debole della semplicità, e coinvolgono l’essenza di ciò che davvero conta.