Opinioni

Le parole-seme e il gran campo. La seconda Lettera al mondo del Papa

Marco Tarquinio martedì 6 ottobre 2020

Non ci sono alibi per nessuno. Ma smemoratezze e tristezze, egoismi e paure così densi e grandi che uomini e donne di ogni condizione e di ogni fede, di ogni colore e di ogni latitudine dimenticano di essere fratelli e sorelle. Accade da millenni, accade oggi, in forme nuove, subdole, letali e non meno terribili delle barbarie d’un tempo. Fratelli tutti, ci ricorda allora papa Francesco, scrivendo – dopo la Laudato si’ – un’altra Lettera indirizzata al mondo intero eppure specialmente bella e scomoda per chi dice e spera di essere sul cammino aperto da Gesù di Nazaret.

Perché tutti sono fratelli e tutti lo dimenticano, ma un po’ di più i cristiani. Se fossimo davvero la comunità d’amore reciproco e per ogni altro essere umano che il Vangelo testimonia e propone – e comunità d’amore non significa comunità di perfetti, ma di uomini e donne veri, di credenti senza presunzioni e prevenzioni e perciò pieni di gioia e di coraggio – il mondo ne sarebbe cambiato. Non sarebbe neppure allora una società perfetta, ma un posto migliore dove vivere e lavorare con gentilezza, prendendosi cura gli uni degli altri, del Creato, della propria anima e dei figli.

Francesco ce lo ricorda e ci chiede di osare la fraternità. Ci sfida a farlo nell’esercizio di una libertà non «ristretta» alla distruttiva (dis)illusione dell’«individualismo radicale». E ci chiama a costruire uguaglianza giusta, cioè non quella dei «soci» che organizzano i loro «mondi chiusi», ma dei fratelli che – nel nome di Dio Padre e dell’umanità – si riconoscono e si accolgono seppur diversi. Qualcuno pensa che fraternità, libertà e uguaglianza non siano parole cristiane, ma laiche e rivoluzionarie. Sono parole cristiane, laiche e rivoluzionarie perché sono parole del comune vocabolario dell’umano, parole 'sovversive' della guerra, della disumanità, della cattiva economia e della politica arrogante e dannosa. Il Papa le rifà parole-seme, da tornare a pronunciare e a usare bene nel tempo che ci è dato. Perché sono state usate male.

Così come le fedi religiose, tradendo il disegno del Creatore, insanguinando la vita e distruggendo – in un mondo in cui tutti siamo minoranza – i diritti delle minoranze. E la diversità dei sessi, rendendo «doppiamente povere le donne». Perché male è stato usato il sentire del popolo, dei popoli e il nome stesso del popolo. E male sono usati i beni delle Terra, i beni comuni, trasformando proprietà personali e frontiere di Stato – che non sono diritti primari, ma neppure furto e abominio – in strumenti di inimicizia sociale e di sopraffazione ladra e persino assassina.

Ecco perché c’è da ridare misura fraterna al mondo degli uomini e delle donne. E non ci sono scuse, ma semi buoni e un campo urgente e immenso.