Opinioni

Non è la montagna che dà lezione, è la vita. La linea bianca (morire in quota)

Ferdinando Camon venerdì 4 maggio 2018

Se diventerà un libro (può accadere) o se diventerà un film (può accadere), la storia degli alpinisti morti a catena sulle Alpi tra il Monte Bianco e il Cervino, ha già pronto il titolo: 'La linea bianca'. Perché è l’esatto corrispondente della 'Linea d’ombra' di Conrad. La 'Linea d’ombra' è una lunga sosta tra vita e morte in mare, tra calme piatte e scrosci tempestosi, col protagonista in delirio tra terrori e fantasmi, e decisioni da prendere. Sono cento paginette sospese tra il di qua e il di là, un andirivieni del futuro comandante che andando e tornando dal terreno della Morte merita di diventare comandante. Il lettore viaggia con lui, con lui si perde e rinsavisce.

Degli escursionisti avventuratisi in più gruppi, che poi si sono incrociati e fusi, tra la base del Bianco e la base del Cervino, ce n’è uno che s’è salvato e adesso racconta, è lui il nostro referente, il nostro Conrad. Ha visto lo spazio tra il di qua e il di là, tra la vita e la morte, e ce lo descrive, millimetro per millimetro. Questi alpinisti, come i marinai di Conrad, erano inchiodati dalla nonvisibilità, dal terrore della fine, dallo spavento.

In Conrad la non-visibilità era data dal muro d’acqua, l’acqua del nubifragio ti si rovescia addosso a tonnellate di colpo, tu esci dall’aria ed entri nel nubifragio liquido senza preavviso, non vedi più nulla, neanche gli strumenti. Così questi alpinisti si trovano di colpo sprofondati nella nebbia nel vento e nel nevischio, e non è che non vedano gli strumenti, è che non li hanno. Messner rilascia interviste in cui sostiene che di fronte allo scatenamento di forze improvvise come queste non c’è colpa. Ma il superstite non è di questo parere. Dice che primo è stato un errore partire, secondo bisognava partire attrezzati, e invece quando si è reso necessario tirar fuori gli strumenti di salvezza, s’è scoperto che la guida e i compagni di cordata non li avevano.

Il più importante strumento in questi casi è il geolocalizzatore, il gps, che manda via radio la tua posizione ai ricevitori e funziona con qualsiasi tempo. La guida e qualcuno dei compagni avevano solo il telefonino, che a quelle condizioni s’ammutolisce, non manda e non riceve. Oggi la solitudine è questa: essere elettronicamente irraggiungibile. C’è più conforto in una navicella spaziale, che scorre nel vuoto cosmico ma è dotata di comunicazione-radio con la Terra, che in una caravella di Colombo, che scorre sull’Oceano ma per settimane non può chiamare aiuto.

Anni addietro la Spagna teneva nel porto di Barcellona una caravella, identica a quella di Colombo. Ci sono entrato. Terrore nero. Non c’è spazio, sei solo nel Nulla, l’umanità è perduta, venti correnti e tempeste ti possono stritolare come i tentacoli di un’idra. In una navicella spaziale non avrei questo terrore, perché posso chiamare: 'Houston, ho un problema', e i fratelli umani mi rispondono. Il terrore estremo nella tragedia degli alpinisti era non poter invocare nessuno. Quello è l’isolamento, muori a un metro dall’amico, ma non lo puoi né vedere né toccare.

Muori solo. Sono morti in tanti qui, ma non sono morti in compagnia, ciascuno è morto solo. Non in compagnia neanche di se stesso, perché se guardava in basso non si vedeva i piedi, lui era una testa galleggiante nel nulla. La lezione per tutti è che la tragedia è sempre incombente, puoi precipitare dal massimo della vitalità (il trionfo sulla montagna) al massimo della mortalità (una folata ti fa volare). Non è una lezione della montagna, è una lezione della vita.

La vita è così. Estote parati, e questi alpinisti, tranne quello che s’è salvato, non erano 'parati'. I mariti chiamano le mogli ad altissima voce, urlando. È bisogno di sentimento, la ragione che vacilla lascia un vuoto, il sentimento lo riempie. Ma è anche conforto: dove il vento ti assorda col suo fischio, se tu riesci a sopraffarlo col tuo urlo ti senti più forte. Sì, spero che diventi un libro questa storia. E che in ogni rifugio gli escursionisti possano trovarlo e leggerlo. Non occorre che ne parlino con gli altri. Basta che ci pensino tra sé e sé.