Opinioni

Pensieri su matrimonio, gratitudine, cronaca. Cosa mi dice il 99enne che marcia da lei

Ferdinando Camon mercoledì 5 settembre 2018

Non è vero che il bene non fa notizia. Chi legge questo giornale lo verifica tutti i giorni. Ma c’è anche un bene che sorprende e perciò interessa davvero tutti, anche quelli che al bene di solito non si appassionano. Sto guardando una foto che viene dall’America, da Rochester, area di New York: si vede un uomo che cammina a passo lungo, un po’ curvo per l’età, ha sulle spalle uno zainetto floscio, dentro ci deve aver messo poche cose, forse soltanto la colazione al sacco. La didascalia dice che quest’uomo ha 99 anni, e sta facendo la marcia quotidiana di dieci chilometri, per andare a trovar la moglie.

La moglie ha un tumore al cervello, ed è ricoverata in ospedale. Il marito va da lei ogni giorno, a piedi. Il marito si chiama Luther Younger, è sposato da 55 anni e dal matrimonio è nata una figlia, Lutheta. I giornali dicono che questo è l’amore che non si ferma davanti agli ostacoli. Mi chiedo se sia la parola giusta, e ne dubito. Dopo 55 anni di vita insieme quello che 55 anni prima poteva chiamarsi amore è diventato un’altra cosa, io credo, e una delle parole che potrebbe esprimere quest’altra cosa è 'gratitudine'. All’amico che spartisce con noi qualcosa si è grati, e qui è stata spartita la vita. La gratitudine è inconscia, non è volontaria. Tutt’i giorni quest’uomo di 99 anni si alza, si prepara, mette la colazione nello zaino, se lo carica sulle spalle e cammina per una decina di chilometri, per spartire la giornata con la moglie.

È il senso della sua giornata. Della sua vita. Guardo la foto, e vedo che lui non usa il bastone, può ancora camminare senza. La prima domanda è perché non prenda un autobus, in America gli autobus passano dappertutto, ti metti a un incrocio e aspetti il tuo. Ma arrivano quando arrivano, a volte si fanno aspettare a lungo, e 'io non voglio perder tempo', si giustifica l’uomo. Così va a piedi, si sente più padrone della strada e del tempo.

Evidentemente andare a piedi non gli pesa tanto, è un ex marine, l’infinito allenamento fisico svolto in gioventù gli serve anche nella vecchiaia. Ignoro se la signora abbia una prognosi benigna, mi pare che prima sia stata ricoverata in altri ospedali, e da profano penso che il tumore al cervello sia una brutta bestia. E allora queste quotidiane visite del marito 99enne mi pare che compongano un addio lungo, una dichiarazione di memoria indistruttibile. Come se, presentandosi al suo letto con lo zainetto in spalla, il marito dicesse alla moglie: «Neanche oggi mi dimentico di te».

In un racconto di Moravia c’è un uomo, sposato da una trentina d’anni, che guarda la moglie e si chiede: «Chi è questa grassona? Mia moglie? Io ho sposato questa? Ma quando mai!». Un’attrice italiana che lavorava per la tv raccontava spesso una battuta: «Il matrimonio? Per un anno è amore, poi è una parentela». Figurarsi dopo 55 anni! È una parentela caduta nel dimenticatoio. Scrivevo questo articolo ieri, e mentre lo scrivevo mi arrivava sul monitor una notizia riassunta così: «Fa benzina e riparte dimenticandosi la moglie, che era andata in bagno. Lei lo chiama sul cellulare insultandolo».

È successo a un autogrill sulla Roma-L’Aquila, e dimenticarsi della moglie è un episodio non frequente ma non eccezionale, e direi un classico. Non è dis-amore, non sto facendo una critica così spietata. È abitudine. È routine. La routine livella la nostra vita, smorza i sentimenti e le emozioni. È una notizia, questa della moglie dimenticata? Sì certo, e si fa leggere da tutti. È una notizia, quella del 99enne che si fa dieci chilometri a piedi ogni giorno per rivedere la moglie malata e forse morente? Sì certo, e non si fa dimenticare da nessuno. Dunque, anche il bene fa notizia. Persino di più.