Opinioni

Questo tempo della cattolicità / 2. Benedetta primavera (fuori dal recinto)

Daniele Mencarelli sabato 5 ottobre 2019

I segni sono evidenti, colorano queste settembre di congedo dall’estate con i colori di una primavera fuori stagione. Una primavera degli uomini, e dei cuori. Ad alcuni potrà sembrare una provocazione, ma è un dato di fatto, è la realtà, per rendersene conto basta osservare con attenzione, e scevri da ideologie.

Un desiderio di rinnovamento dello spirito cristiano sta viaggiando dentro le anime del nostro Paese. Sono in molti a percepire quest’aria nuova, piena di passione e speranza, di dialogo possibile. I motivi che hanno acceso questo desiderio di rinascita sono tanti, il primo sta nelle mani di chi ha principiato la semina di questa primavera, è grazie alla sua opera se altri, molti altri, hanno proseguito imitando il suo esempio concreto.

Le mani non possono che essere quelle di Jorge Mario Bergoglio, il nostro papa Francesco. È lui, venuto dal nuovo mondo, ad aver inaugurato questa tempo di cambiamento, è lui la linfa fresca che ha rigenerato l’intera Pianta. Nella sua azione risuonano, incarnate, tante delle parole che quotidianamente dedica ai poveri, e atra i poveri a più precari di tutti, i migranti, a chi arriva in cerca di riscatto, pieno di preoccupazione ma anche disposto a scommettere realmente su se stesso e il prossimo, determinato a soddisfare la sua fame di benessere e felicità. Papa Francesco, in questo senso, è egli stesso in tutto e per tutto migrante: ha attraversato un oceano intero, le promesse che vuole mantenere sono più forti dell’istinto di conservazione di chi giace senza più vera ragione, né sentimento.

La primavera avviata da papa Bergoglio si fonda su azioni concrete, si potrebbe iniziare l’elenco di esse partendo da alcune scelte interne alla Santa Sede, ma è sul vero fuoco della sua Opera che ci si vuole concentrare. È il racconto di Cristo la chiave di volta, e la volontà di portarlo a chi è fuori dal perimetro secolare della religione. È qui la sua unicità. Francesco ha capito che la Parola deve tornare a essere offerta a chi è lontano dal recinto di Dio, a quelli che si dichiarano distanti dalla fede. In termini di evangelizzazione, il nostro Papa sta portando migranti a Cristo, gente di altre terre, perlopiù provenienti dalla rovine ideologiche del Novecento.

Questo dato, che indispettisce chi nella fede vive da sempre, un po’ come il fratello del Figliol prodigo che non sente su di sé l’amore che vorrebbe, è la sua vera e grande semina, che porta e porterà frutti nuovi dentro la Chiesa. Perché i ponti vanno costruiti verso terre che non ci appartengono e con cui vogliamo entrare in relazione, perché il rischio, altrimenti, è quello dell’elitarismo, del dialogo con chi parla già la nostro lingua, che porta, infine, all’esclusione di chi sentiamo diverso. Anche qui risuonano le analogie con il fenomeno migratorio, basta guardare i tanti che con occhio avverso guardano all’arrivo di chi considerano estraneo e pericoloso, eternamente straniero. Questo, ovviamente, anche per colpa della retorica allarmistica di una parte della nostra politica.

Grazie all’invito del Papa sono molti a essersi avvicinati a Dio, in tal senso arrivano da ogni ambiente del nostro Paese testimonianze preziose. Naturalmente, ciò è avvenuto anche per merito degli altri, molti altri, che sul suo esempio hanno continuato a seminare dentro i luoghi del nostro vivere. Scuole e università, ambienti delle cultura e della scienza, ospedali, uffici, case. La primavera s’inizia a percepire ovunque. E di fronte a questi occhi è apparsa una gemma da togliere il fiato, da far ricacciare la commozione giù per la gola. La gemma che ha piantato dentro di me la certezza di questa Primavera appena iniziata. Alessandro, studente di fisica alla Sapienza di Roma, vent’anni appena, sul viso la gioia di chi conosce la libertà più grande, che mi dice con il sorriso che se Dio è vero per lui deve esserlo anche per i suoi amici, e che farà di tutto per testimoniarglielo. Un tempo di rinascita è possibile, sta a noi viverlo con la stessa passione, lo stesso ardimento di Alessandro.