Opinioni

Il punto più basso della legislatura. A conti fatti (e da fare)

Marco Iasevoli sabato 29 gennaio 2022

Il colpo di reni dell’ultimo momento, che comunque dovrà superare il vaglio della notte romana e poi la cinta muraria dei grandi elettori, ha provato a capovolgere il senso di una giornata che segna il punto più basso della XVIII legislatura. I principali partiti di maggioranza – M5s, Lega e Pd – pensano a una donna per il Quirinale, dopo che una donna, seconda carica dello Stato, è stata (e si è) esposta a una pesante sconfitta per iniziativa della sua parte politica. Ma c’è da restare cauti, anzi, diffidenti: veniamo da giorni di sfrontate spericolatezze, bluff e controbluff, intese siglate e smentite, carte svelate e carte coperte, uomini e donne di statura usati e messi da parte per fare un po’ di show e incassare la sconfitta di qualcun altro. Il rischio di un’altra giornata indigeribile non è scongiurato. E già la scelta di Giuseppe Conte e Matteo Salvini – il grande sconfitto di tappa – di correre a dire la 'grande novità' alla stampa appare l’eterna ripetizione del medesimo errore: mostrarsi è diventato più importante di realizzare.

Il dato che va filtrato, in ogni caso, è che l’operazione 'salviamo il salvabile' è partita. Ovvero riparare con una parvenza di decoro alle ferite inferte in queste settimane alle massime istituzioni della Repubblica. Garantire, a prescindere da errori e sgarbi commessi da presunti 'kingmaker', che ad abitare il Quirinale sia una personalità che garantisca, tuteli e promuova l’unità nazionale e abbia voce autorevole in Europa e nel mondo. E, infine, assicurare al Paese che ci sia ancora un governo credibile, per non sciupare i sacrifici fatti dai cittadini nella lotta al Covid e per non gettare al vento l’opportunità del Pnrr. Sono ormai i tre obiettivi minimi e indispensabili da raggiungere.

Possibilmente in fretta, se non è chiedere troppo a politici tanto 'smart' sui social quanto bizantini, impacciati e stralunati nel 'metodo'. Perché anche i cittadini più pazienti e innamorati del bene comune hanno spento le infinite dirette tv. Perché non c’è proprio niente da inventare, dopo il fallimento dei finti casting e dopo l’esibizione muscolare del centrodestra, affossata nelle urne, sul nome di Elisabetta Casellati. Le poche soluzioni possibili sono note, già ripeterle è noioso: di 'tecnici', 'politici' e 'istituzionali' di stoffa mattarelliana, in questa congiuntura, ce ne sono quattro o cinque.

Tra questi certamente Mario Draghi. Il suo nome è in campo per definizione e lo sarà fino all’ultimo secondo. Con la necessaria consapevolezza, da parte della politica, che sostituirlo a Palazzo Chigi è altamente impegnativo e rischioso, e che un esecutivo elettoralistico sarebbe un danno letale al Paese, la sconfitta finale di ogni tensione verso la Politica con P maiuscola. Si comprende quindi la necessità di sondare ancora quei profili che possono garantire la continuità dell’esecutivo in carica: i nomi emersi negli ultimi vertici politici – Elisabetta Belloni (precipitosamente lanciata e subito silurata), Marta Cartabia e Paola Severino, con Giuliano Amato e Pier Ferdinando Casini sullo sfondo – garantiscono sensibilità istituzionale, esperienza, competenza e tatto. Si raccolga quindi la disponibilità dei profili realmente trasversali e se ne verifichino con accortezza i numeri.

Altrimenti, il fallimento sarà clamoroso e si tornerà inesorabilmente a bussare alla porta di Sergio Mattarella. E la valanga di voti tributata nella 'chiama' di ieri sera al Presidente che chiede di non essere rieletto la dice lunga. Ora bisogna risolvere, poi si faranno i conti. Nel centrodestra, innanzitutto. La maschera è caduta definitivamente, l’unità non c’è. E Salvini è un leader molto indebolito. Non convince tutta la Lega sulla linea politica, non traghetta la coalizione sul fronte del buon senso.

Anziché concentrarsi sul determinare definitivamente il profilo della propria leadership, l’ex ministro dell’Interno fa a sciabolate con Giorgia Meloni che però, a differenza sua, per adesso (non per sempre) ha poco da perdere. Nel fronte opposto lo stato di salute è migliore, ma solo perché si possono capitalizzare gli errori e le baruffe degli avversari. Sei scrutini con l’indicazione di scheda bianca e astensione non esprimono solo attendismo. Dicono che anche su possibili vie d’uscita trasversali, i capi politici di Pd e M5s non hanno completa sintonia e sono consapevoli di non poter contare sulla piena tenuta dei rispettivi gruppi.

Certo al termine del processo bizzarro e incauto che stiamo osservando, il quadro politico sarà probabilmente più debole, frammentato e incerto. E altre ambiguità potrebbero sommarsi alle già poche certezze. Si poteva evitare. L’elezione del capo dello Stato poteva fungere da leva per una più ampia e convinta stagione di responsabilità nazionale. Non è mancato solo un 'conclave' – metodo di discernimento serio ed efficace, per le prossime volte sarebbe meglio usare immagini meno impegnative –. Sono mancate lungimiranza, senso della realtà e coraggio (quello vero, non quello delle scommesse al buio). Ma prima di dolersene con lacrime da coccodrillo, chi ha sfasciato raccolga i cocci.