Agorà

Spiritualità. Dal Mistero nel cuore nasce la relazione

Roberto I. Zanini martedì 26 dicembre 2023

L’eremo delle Stinche a Panzano in Chiant

«Non per nulla Cristo ci ha lasciato il pane come segno della sua presenza. Quando andate a tavola e mettete il pane sulla mensa e avete fame, il pane è in comunione con tutti, si dà a tutti, non fa distinzioni. Il cristiano deve essere il pane sulla mensa dei figli dell’uomo». Così, semplicemente, accogliendo il fatto che «il pane è Dio» ed «essendo semplicissimo, desidera che noi raggiungiamo la perfetta e assoluta semplicità». Leggendo queste righe non si può che condividere il giudizio di chi, soprattutto negli anni precedenti al Concilio, vedeva nel servita Giovanni Vannucci (come nel confratello David Maria Turoldo) un rivoluzionario e un anarchico. Una rivoluzione evangelica la sua, che, nonostante il Vaticano II, appare oggi ancor più necessaria nella Chiesa; così come attuale risulta l’urgenza di coloro che, sentendo un’istanza anarchico-autonomista, ci si passi il politichese, gonfiano le vele al vento dello Spirito e aspirano a vivere il Lieto Annuncio nella libertà dei figli di Dio.

Proprio al Pane eucaristico e allo Spirito Santo è dedicato un piccolo libro denso di cristiana semplicità che raccoglie quattro meditazioni di Giovanni Vannucci ai gruppi e ai pellegrini che giungevano all’Eremo delle Stinche, a Panzano in Chianti, per vivere la spiritualità della fraternità monastica da lui fondata e poter godere delle sue catechesi. Si intitola Dentro il Mistero (Edizioni Appunti di viaggio, pagine 134, euro 15,00). Ha avuto la prima edizione nel 1999 ed è stato ripubblicato in vista dei 110 anni dalla nascita di Vannucci (Pistoia, 26 dicembre 1913). Ma anche a 101 anni dalla nascita di suor Maria Pia Giudici (morta due anni fa) che dall’Eremo di San Biagio, proprio sopra il Sacro Speco di Subiaco, ha spedito l’introduzione datata “Pasqua 1999”. Due religiosi, un uomo e una donna, capaci nel disorientamento del Novecento, di gettare solide basi per il rinnovamento della spiritualità cristiana del nuovo millennio. E che entrambi abbiano sottolineato il ruolo del silenzio, della preghiera introspettiva, della semplicità e dell’ascolto per cogliere i segni della presenza di Dio nel mondo e nel cuore degli esseri umani non è affatto un caso.

Una sintonia così evidente, nella logica profetica della comunione dei santi, che nel proporre alla lettura il testo di padre Giovanni viene voglia di attingere a piene mani dal testo di suor Maria Pia. A cominciare da dove sottolinea che il tentativo di questa nostra cultura segnata dal razionalismo e dal tecnicismo «è di esulare dal mistero oppure di tentare di “cosificarlo”, di vivisezionarlo, magari con strumenti catechistici o addirittura teologici… invece padre Vannucci fa “saltare” tanta arida sovrastruttura che allontana dal mistero e non aiuta a incontrarlo». Perché Eucaristia e Spirito Santo sono un mistero d’amore e di relazione e richiedono a noi una analoga disposizione all’amore e alla relazione. Questo, scrive lui, richiede il coraggio della verità prima di tutto su noi stessi: «Dobbiamo accuratamente scendere nel profondo del nostro cuore e guardare con sincerità e semplicità tutto ciò che ci divide dagli altri». Se non entri nella relazione, se non ti affidi alla «grazia dello Spirito – ricorda suor Maria Pia – che ti viene da una preghiera profonda e vivificante, la fede diventa arido sforzo, poi si spegne. E con la fede si spegne la vita», lo stupore per la vita. «Vivere la vita dello Spirito Santo – aggiunge padre Giovanni – significa dilatare il nostro cuore sconfinatamente. Bisogna che in Lui io acquisti un senso di protezione paterna, un senso di difesa dell’esistenza, un senso profondo e costante del rispetto della vita».

Giovanni Vannucci - archivio

Insomma, la relazione vera si costruisce partendo dal mistero di Dio, che è nascosto nel nostro cuore, sapendo che nel cuore della persona con la quale dialoghiamo vive ed è presente lo stesso mistero. Fare come se tutto ciò non esistesse o addirittura negarlo «non è forse distruttivo del rapporto interpersonale e, a lungo andare, delle persone stesse?», si chiede la madre Giudici. E Vannucci, rivolgendosi alle persone che lo ascoltano, nella prima meditazione sullo Spirito Santo, traduce in pratica questa urgenza relazionale: «In voi non c’è soltanto ragione e anima e volontà… in voi c’è tutto il mistero di Dio uno e trino e io devo sentirlo, devo vivere appassionatamente questo mistero presente in voi e presente in me; ed è attraverso questa comunione, questa scoperta e questa partecipazione alla vostra esistenza, nel profondo, che io divento una sola cosa con voi».

Citando Olivier Clément e indirettamente Carl Gustav Jung, Maria Pia Giudici scrive che Cristo attende ciascuno di noi nelle profondità del nostro cuore per dare un senso alla nostra esistenza. E questo fa di noi delle persone realizzate, la cui vita «è ancorata al mistero, alimentata dal mistero che è Dio-Amore, sorgente di ogni nostro vero amore». E quando leggiamo e facciamo decantare queste pagine di Vannucci, aggiunge Giudici, «entriamo anche noi con serenità nella persuasione che “Dio è pane e noi dobbiamo essere pane, che Dio è vino e noi dobbiamo, nella vita, essere vino, che è principio di gioia e di canto”. Lo capiamo nella profondità del cuore».

«Quando incontriamo Cristo – sottolinea infatti padre Vannucci nella prima, stupenda, meditazione sull’Eucaristia – e gli domandiamo: chi è colui in cui credi? Egli prende il pane e ci dice: questo è Dio, prendi e mangia… Egli entra nel nostro organismo e lo assimiliamo secondo la nostra natura e la nostra essenza… per essere poi vissuto in una maniera differente e personale da ciascuno. L’umanità ha assimilato per millenni la parola religiosa secondo determinati schemi, determinate ideologie. Cristo, invece, dicendoci che Dio è pane ci rivela una dimensione differente. Se assimiliamo il pane e diventiamo pane, come Dio, allora nella vita nascono i grandi doni dello Spirito che sono la speranza, la fiducia, la gioia». E «il senso della vita lo scopriamo nella misura in cui riusciamo a donare noi stessi agli altri». Il pane è vita, Dio è vita, si spezza, si condivide, ci mette in relazione e se «ci facciamo mangiare» genera nuovo pane e nuova vita.