Agorà

LE STORIE. Da guru buddista ad asceta cristiano

Paolo Viana domenica 14 marzo 2010
«Kyrie Jesu Christe Eleison». Le labbra s’incurvano ma lo sguardo resta fisso sull’incenso che ci vela l’uno all’altro. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: chissà quale ricordo calamita i suoi occhi verdi, se i roghi di Benares o le conferenze di Jasper, le sterminate pellicole di Ejzenštein, il zazen o il Paramatma, la scintilla di Shiva… Forse li cattura un riverbero antico: la neve delle Orobie non è diversa da quella dell’Appenzell, quando il "maestro" era ancora Hanspeter. Sessant’anni dopo, Masterbee non è più un guru buddista. Dal cristianesimo alle filosofie orientali e ritorno: oggi esplora la spiritualità asiatica alla luce del Vangelo. Semplificando molto, si potrebbe definire l’anti-Terzani: stessa barba candida e un periplo attraverso il pensiero orientale e la tradizione filosofica dell’Occidente, ma con un approdo ben diverso. Quello del mistico svizzero è Gesù Cristo. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: chissà se ancora è di fronte a me, in questa baita, o se stia vivendo una delle sue esperienze extracorporee. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: seduto nella posizione del loto, recita all’infinito la Preghiera del cuore, il suo mantra  cristiano«È la preghiera di Gesù – dice –. Lo chiamo Jesus Mantra per parlarne ai giovani, ma non va frainteso. L’Occidente crede che il mantra sia solo la ripetizione monologica degli orientali; invece questa parola significa anche "preghiera". Rispetto ai mantra asiatici, che hanno una funzione psicologica, il Jesus Mantra offre, tramite la Grazia, una via di redenzione spirituale». La perpetuazione della preghiera di Gesù degli ortodossi – «Kyrie Jesu Christe Eleison», appunto – in questa interpretazione riprende e capovolge la dinamica del mantra buddista. «Nella mistica cristica – argomenta ancora – l’energia non sale dal basso, dal "sé", ma scende dall’alto, dalla luce di Cristo, e produce una trasformazione spirituale, che include il corpo». Qualcosa di simile alle estasi di Santa Teresa di Avila. «L’Occidente conosce il sé – aggiunge – ma l’Asia ha scoperto come sperimentarlo attraverso la meditazione profonda». Il discorso, naturalmente, riguarda le vere filosofie orientali e non il "supermercato spirituale" che attira masse di giovani in cerca di risposte facili. «Lo yoga tantrico non è il Bengodi del sesso, ma ha una forte caratura morale ed è una condizione in cui può operare la Grazia, portandoci alla fede cristiana». O riportarvici. Sulle rive del Gange, fu proprio uno swami a incoraggiare Masterbee a tornare «là da dove sei venuto». Il santone errante aveva visto giusto: «La conversione mi ha mostrato l’impossibilità delle altre religioni di essere salvifiche, anche quando contengono i semi di Dio, come riconosce il Concilio con la Nostra Aetate. Se è pur vero che nel mondo tutto è in relazione, l’intervento di Cristo modifica la realtà e ciò pone un limite alla meditazione del profondo. Essa conduce all’autotrascendenza, fenomeno umano e non divino, e il cristiano può servirsene, ma deve trascendere il metodo con la fede e nessuna tecnica può aiutarlo, perché la salvezza giunge a lui dall’intervento salvifico della Grazia che Gesù Cristo porta nella storia umana e personale». La riflessione si fa sempre più intima: «Quando si riceve la fede è come se si modificasse in luce e amore la realtà intorno a noi e in noi. Il Vangelo usa il verbo eghéneto per esprimere l’accadere della salvezza e la sua gratuità». Sta raccontando la propria rinascita: «Sono tornato al cristianesimo dopo aver sperimentato il male che lotta contro Cristo, liberandomi dalle tradizioni che si opponevano con grande potenza al mio ritorno». Il background scientifico lo porta a parlare di Dio in termini di luce, di energia, di cosmologia, ma la sua fede è tersa come quella di un bambino: «Non esiste energia più grande dell’amore che promana dalla Resurrezione: è l’unica realtà che trasformi il mondo ed è solo latente nelle religioni orientali, che sono tutte circolari, fanno parte del ciclo del divenire. Solo la Trinità non finisce». A Masterbee e a Kicka – artista, moglie e discepola – sono occorsi anni per abbandonare le tecniche orientali. Oggi, insieme, mettono la meditazione profonda al servizio della fede attraverso la Preghiera del cuore. Che è silenzio interiore – «Ha un incommensurabile potere trasformante della psiche dell’uomo» – ma non solo: «Quando prego deve avvenire in me una modificazione psicologica e spirituale interiore. Persino nell’adorazione eucaristica se non trascendiamo diventiamo idolatri, perché restiamo nel guscio dell’io egocentrico. Se contemplo l’Ostia devo andare in unione profonda con Colui che è in essa». Mi assale il timore di una deriva sincretistica: è il "pregiudizio" di cui parla padre Raniero Cantalamessa nella prefazione alla prima opera del mistico svizzero (Mendicante di luce, San Paolo 2006), dove paragona la conversione di Masterbee e Kicka a quella di Agostino. Nel pensiero dell’ex guru ci sono anche Maestro Eckhart, san Giovanni della Croce, se non l’anonimo della Nube della non conoscenza e le sue convergenze ante litteram con il mondo zen. La Preghiera del cuore è altra cosa dai mantra del buddismo mahayana come da quelli induisti, in quanto «si basa su una Rivelazione storica, mentre Krishna e Shiva discendono da una rivelazione mitica».Nel mantra induista, poi, «la divinità adorata resta un’essenza auto-trascendente» mentre il cristiano non perde mai il contatto con la Rivelazione. «Certo, le religioni asiatiche sfruttano le infinite capacità della mente, che è uno strumento e un limite»: sta confessando quanto sia stato difficile abbandonare le formule della tradizione orientale senza cadere nel sincretismo. Non ci sarebbe riuscito senza la Preghiera di Gesù: «Signore Gesù Cristo misericordia», cioè «Kyrie Jesu Christe Eleison». L’invocazione degli ortodossi, pronunciata incessantemente con devozione e umiltà, permette di acquisire lo Spirito Santo e purifica anima e corpo. «Nella tradizione bizantina il corpo non è un nemico ma un alleato dell’anima. L’ascesi ortodossa è integrata con il cosmo e la natura, diversamente dalla tradizione occidentale»: anche il Jesus Mantra permette di raggiungere l’armonia tra corpo, mente e spirito, tuttavia, avverte, «l’orazione cristiana del profondo tramite il nome divino non può essere confusa con altri metodi di meditazione, poiché il Sé viene redento tramite la fede e non è invece la meta ultima». Lo sguardo si sposta sulla Chiesa: il carisma della spiritualità contemplativa è sempre più raro – annota – e, soprattutto ai giovani, occorre «una rieducazione alla vita spirituale e religiosa, perché c’è la tendenza a confondere i due piani». Mentre parliamo appare Kicka in sari nero e sembra veramente uscita, come dice lui, da un quadro di Böcklin. La conversione ha lasciato il segno nella loro arte: gli psicocosmogrammi buddisti appartengono al passato, come i mahakala e i mandala, mutuati dalle  tibetane. Kicka scolpisce la sofferenza della Croce e nelle neoiconografie di Masterbee tutto parla del Cristo. Del passato resta il bisogno di un confronto, perché «nessuno è fuori dal disegno salvifico di Dio». Né il buddista che «non crede in un dio personale», né l’induista «che crede in un dio, seppur mitico». Il New age, invece, è «un pericolo» e lo yoga «può portare alla soggettività, base psicologica del relativismo». La risposta alle filosofie orientali «protese oltre l’ego» è una sola, la preghiera del profondo e «la resa incondizionata dell’ego a Cristo». Vale a dire questo suo silenzio orante: «Kyrie Jesu Christe Eleison».