Rigivan: «Che emozione Ferragosto con i detenuti a Rebibbia»

Il discobolo tetraplegico romano, plurimedagliato a Parigi 2024, si gode la fama in vista di Los Angeles 2028
August 31, 2025
Rigivan: «Che emozione Ferragosto con i detenuti a Rebibbia»
Ansa | L’azzurro Rigivan Ganeshamoorthy medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Parigi nel lancio del disco
Tra i volti emergenti catapultati in copertina nell’estate paralimpica parigina quello più schietto e sincero è stato il faccione sorridente, col tubicino dell’ossigeno nelle narici, di Rigivan Ganeshamoorthy. Il campione a tre agitos del lancio del disco da seduti è diventato un personaggio da copertina per il modo diretto, immediato e semplice di esprimersi. Lo sport lo ha aiutato a uscire dal suo guscio, gli ha fatto scoprire la socialità e lo ha trasformato in campione, capace di migliorare più volte il record del mondo. Abbiamo quindi scelto di concludere col discobolo romano la serie estiva di Avvenire alla ricerca dei medagliati d’oro di Parigi 2024. Sei campioni – tre olimpici e altrettanti paralimpici – che si sono raccontati a viso aperto. A Rigivan l’onore dell’ultima parola. Lo avevamo lasciato con la medaglia d’oro intorno al collo, lo ritroviamo con la stessa voglia di scherzare e sdrammatizzare intorno ai fatti della vita, parlando senza freni e con un lessico particolare, ormai un suo marchio di fabbrica. «Ma che ne so cosa è accaduto quel giorno. Era il primo settembre quando mi hanno messo la medaglia addosso e forse ancora oggi non ne ho capito il vero valore. Forse l’unica cosa che ho realizzato è il suo peso, visto che il collo mi faceva male. Il resto della faccenda non è che mi interessi più di tanto. Comunque arrivare in vetta al mondo con tutte le problematiche che ho passato è stato una rivincita». Infatti la sua esistenza non è stata facile. Nato a Roma nel 1999, cresciuto nel quartiere Dragona, a 18 anni gli viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré. Prima della malattia era un sedentario, poi ha scoperto lo sport durante la riabilitazione dentro il Santa Lucia, l’ospedale di Roma dove era ricoverato. Prima il basket in carrozzina, poi il nuoto, quindi l’atletica, scoperta per puro caso: «Stavo nell’officina di un amico, dove facevo il meccanico per hobby, e lì quando mi hanno visto smontare il motore pur essendo disabile, oppure muovermi dentro il cofano, mi hanno invitato ad andare al campo per provare». Si allenava sotto casa, in un campo di grano, in mezzo alle pannocchie, e ha dovuto fronteggiare un nuovo imprevisto: è caduto rompendosi la cervicale, passando da paraplegico a tetraplegico. Un trauma su un altro trauma, che lo ha reso ancora più forte, fino al trionfo paralimpico di un anno fa. Da quel momento la sua vita è cambiata, ma lui è rimasto lo stesso. «Sono andato avanti, ho nuovi obiettivi e sto appresso alla mia salute, che è la cosa più importante, visto che la devo tutelare e salvaguardare». Eppure non è stato facile gestire il continuo andirivieni di richieste. «Il mio telefono scoppiava di messaggi e a un certo punto si è “buggato” tutto». Da un lato lo sforzo di vivere la medesima quotidianità di una volta, dall’altro la voglia di non trascurare le nuove esperienze che possono capitare: «Ogni evento lascia dei segni dentro di te e propone dei cambiamenti alla tua vita che devi saper cogliere». Nello stesso tempo, però. anche a mente fredda il suo commento sull’esperienza nella Ville Lumière è il medesimo rilasciato a caldo pochi minuti dopo l’impresa: «Ribadisco quanto già detto, a Parigi ho capito veramente che ci sono troppi disabili. E per questo ancora oggi penso che l’essenziale sia mettermi in forma con la salute». Inutile pertanto forzare la mano con domande complesse, meglio lasciare a Rigivan carta bianca e chiedergli pensieri spontanei accumulati durante gli ultimi 365 giorni. «Se dovessi riassume brevemente quello che ho combinato potrei dire che “so’ stato er mejo de tutti”. Non si può descrivere in una sola parola perché dietro c’è stata molta sofferenza e tanto altro». Ripensando invece al momento più intenso vissuto dopo Parigi, la risposta è spiazzante: «Sono stato a Rebibbia e ho passato il Ferragosto con i carcerati. Un’esperienza unica». Per chi ama godersi tutti gli attimi dell’esistenza è decisamente complicato proiettare lo sguardo sui Giochi Paralimpici di Los Angeles: «Il 2028 è troppo lontano, per ora mi basta prepararmi per le prossime gare che si faranno qui in Italia, non tanto perché voglio andare sul campo e vincere, quanto perché così posso rincontrare gli amici». Lasciamo da parte quindi regolamenti e classificazioni, l’importante è stare in compagnia: «Non mi interessano le regole del nuovo quadriennio né le categorie che saranno in gara. Sono discorsi che affronteremo quando l’evento si avvicinerà. Il percorso di qualificazione comincerà in teoria due anni prima, quindi ancora ho tutto il tempo». In questo progetto di vita diventa un semplice inciso il fatto che, dopo Parigi, Ganeshamoorthy abbia comunque già dimostrato di essere un campione: «Qualche garetta in Italia l’ho fatta e ho anche superato il record fatto a Parigi. Le prossime uscite? I Campionati di società».

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